A Montreal a far parlare sono i numeri: 100, le vittorie messe a segno da Red Bull, 41 i successi di Max Verstappen. 4°, la posizione finale di Charles Leclerc. 5°, quella di Carlos Sainz. E ancora 41, perché questo non è un traguardo qualsiasi. In Formula 1, il 41 si collega ad Ayrton. Ma non preoccupatevi, nessuno è qui a fare paragoni.

“Quante Mon­tre­al ci vor­reb­bero in un Mon­di­ale”, avrà pen­sato qual­cuno. Per­ché è sta­ta così, la domeni­ca nel­l’iso­la San Loren­zo. Una domeni­ca di azione, fino all’ul­ti­mo metro. Una domeni­ca in cui si può par­lare di qual­cosa di diver­so, al di là di un olan­dese indis­tur­ba­to. Si può par­lare di sor­pas­si, di piacevoli sor­p­rese, di posizioni ottenute al fotofinish.

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Si può par­lare di Leclerc e di Sainz, di un quar­to e un quin­to pos­to che fan­no un po’ res­pi­rare. Si può par­lare di una SF-23 non solo pre­sente nel giro sec­co, ma che in Cana­da è sta­ta al pas­so. Si può par­lare di scelte rosse giuste, di una strate­gia che ha paga­to. Si può par­lare del­la bellez­za del­l’en­er­gia dei leoni, del­la cat­tive­ria di Fer­nan­do e del­la temer­a­ri­età di Lewis. Si può par­lare del­la dif­fi­coltà di Perez, costante, incess­abile, problematica.

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Si può par­lare dei duel­li, entu­si­as­man­ti, esaltan­ti, non solo dei “vec­chi”, ma anche di chi sogna di far­si man mano spazio, in quel magi­co, folle, stori­co, impreved­i­bile e artis­ti­co mon­do del­la For­mu­la 1. Si può par­lare di quan­to sia sta­to bel­lo vedere un cas­co degli stes­si col­ori di quel­lo indos­sato da chi, al trac­cia­to del­la foglia d’acero, ha dato il pro­prio nome sen­za saperlo.

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In memo­ria di un 1978 che non tut­ti conoscono. Di quel­la pri­ma vol­ta a Mon­tre­al in cui, per la pri­ma vol­ta, Gilles Vil­leneuve vince in For­mu­la 1. Di quel­la pri­ma vol­ta del­la bir­ra al pos­to del­lo champagne.

Si può par­lare del numero 41 che Ver­stap­pen ha final­mente agguan­ta­to. Rag­giun­gere la stes­sa quo­ta di suc­ces­si di Ayr­ton Sen­na, del resto, non è da tut­ti. E quan­ti altri suc­ces­si avrebbe aggiun­to, a quel 41, se la sua sto­ria fos­se sta­ta diversa.

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Ma atten­zione, nes­suno, quan­do par­la di un pilota che eguaglia un cam­pi­one del pas­sato, fa un paragone. È il sem­plice rac­con­to di nuove sto­rie che con­tin­u­ano ad essere scritte da nuovi autori. E Max, è l’au­tore in voga di questi pri­mi anni Ven­ti. Sta scriven­do la sua opera con un lin­guag­gio flu­i­do, pre­ciso. Aset­ti­co per­ché pri­vo di sen­ti­men­tal­is­mi. Ma impec­ca­bile. Mag­a­ri, come in tem­pi non sospet­ti è cap­i­ta­to con Lewis Hamil­ton e Michael Schu­mach­er, vedere cer­ti numeri può fare male. Ma fac­ciamo­ci pace, con i numeri.

Pro­prio per­ché sono solo numeri.

D’al­tronde, in questo mon­do così affasci­nante e ric­co di uomi­ni, oltre che piloti, c’è chi è rius­ci­to a scri­vere il miglior roman­zo sen­za essere sal­i­to sul tet­to del mondo.

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