La ritrovata velocità in linea retta delle Frecce Nere fa discutere gli avversari, che ipotizzano diverse soluzioni che spaziano da un aumento di potenza a un sistema autolivellante al posteriore.
Nel corso dei mesi passati, frequenti sono state le volte in cui le Mercedes si sono trovate in difficoltà nel bilanciare perfettamente l’assetto della propria vettura, dovendo spesso scegliere il più vantaggioso trade-off tra miglior percorrenza in curva o maggior velocità in rettilineo. La situazione appena descritta ha toccato il suo punto apicale nel corso del Gran Premio di Francia, dove le Red Bull sono state in grado di correre con una minor incidenza delle proprie ali grazie alla maggior efficienza del sotto-vettura al contrario delle monoposto della Stella, che hanno invece adottato un maggior angolo d’attacco al fine di minimizzare perdite che si sarebbero altrimenti rivelate catastrofiche in ottica di gara, sottolineando l’effettiva e superiore adattabilità delle macchine austriache rispetto alle tedesche.
La situazione cambia sensibilmente nel corso dell’appuntamento in Turchia, dove alcune variazioni non meglio precisate hanno prodotto un vitale vantaggio di alcuni decimi di secondo al giro tale da garantire alla Mercedes una leggera superiorità competitiva, palesando una velocità sul dritto significativamente più alta rispetto a quanto mostrato in passato.
Ma come ha fatto Mercedes a colmare questo divario di velocità? La risposta non è affatto semplice o, tantomeno, scontata.
Quello che parrebbe un semplice step in termini di potenza, è stato in realtà smentito da parte dei vertici della Stella, Toto Wolff in primis, che garantisce l’assenza di alcun upgrade aggiuntivo sulla propria Power Unit. Questo, naturalmente, spalanca le porte ad alcune interessanti, ma non semplici, soluzioni cinematiche e aerodinamiche attraverso cui recuperare quei chilometri orari che sono mancati fino a qualche tempo prima.
Nello specifico, è possibile intervenire sul comportamento del diffusore e sui relativi effetti che questi ha sul fluido a bassa pressione che sotto esso scorre al variare della velocità attraverso l’induzione di uno stallo alle alte velocità. Attraverso una adeguata taratura delle sospensioni, nonché ad una geometria del diffusore appositamente studiata in fase di progettazione e, soprattutto, simulazione, è possibile far abbassare quest’ultimo quel tanto che basta per ridurre il proprio angolo di incidenza ed indurre il sopracitato stallo, portando ad una riduzione tanto del carico quanto, contestualmente, della resistenza all’avanzamento.
Per quanto intuitiva, almeno a parole, possa essere, la tecnica appena descritta richiede software e tecniche di simulazione estremamente dispendiose, tanto in termini di calcolo quanto di tempo speso sui vari workbench fluidodinamici per la preparazione dei modelli e delle relative griglie, prevalentemente per via della correlazione che vi è tra aumento della velocità e riduzione dell’angolo di rake dell’intera monoposto. Il processo iterativo che ne scaturisce richiede, infatti, un’ottimizzazione continua che sia non solo in grado di ridurre il carico e il drag in linea retta, che, ricordiamo, aumenta comunque col quadrato della velocità, ma anche di garantire una buona percorrenza sui curvoni veloci senza pregiudicare il grip e, soprattutto, la sicurezza stessa del pilota nell’approccio alle stesse, portando alla creazione di un punto di stallo che sia configurabile di volta in volta in base al tracciato.
Quella appena descritta è, naturalmente, una pura ipotesi che potrebbe, nei fatti, anche rivelarsi non vera. In un mondo altamente veloce, tecnologico e spesso segretato come quello della Formula 1 non sempre è possibile conoscere appieno quanto avviene dietro le quinte, ma, conoscendo e interpretando le leggi base dell’aerodinamica e dell’ingegneria, è sempre possibile fare delle ipotesi che, spesso, si dimostrano fondate e fattibili.
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