Nonostante una guida impeccabile, Max Verstappen vede sfilar via una probabile vittoria, complice il leggero vantaggio della Mercedes e una strategia forse troppo conservativa. Quinto, ma lontano, Sergio Perez.
“Tra lui e lei, scegliere non saprei.” Un adagio che, se relazionato al quantitativo di noia dispensato in gara, ben descrive i recenti appuntamenti motoristici in penisola iberica. Diciamocelo, tanto il Gran Premio del Portogallo, quanto quello di Spagna, non sono certamente destinati a passare alla storia per spettacolarità, lasciando ben poche tracce, all’infuori delle fredde statistiche, che siano davvero degne di esser ricordate.
Tuttavia, a differenza dell’appuntamento di Portimao, emotivamente più simile alla piattezza di una pianura che al saliscendi che ne caratterizza il layout, quello di Barcellona ha saputo offrire alcuni scambi interessanti addensati nelle fasi finali di gara e, senza alcun distinguo, tanto al comando della corsa, quanto nelle vicinanze della ambita decima piazza. Tra i primi, sarebbe impossibile non menzionare quanto di buono e audace è stato compiuto da Max Verstappen, autore di un cattivissimo sorpasso che lo porta alla testa della corsa già dalla prima curva e che lo identificherà, quindi, quale candidato ad un probabile successo in terra spagnola, salvo veder sfilare la potenziale vittoria dalle proprie mani per via di una serie di fattori che meritano di essere analizzati con la dovuta attenzione.
Il circuito catalano, spesso scelto quale meta ideale per i test pre-stagionali, presenta una conformazione in cui i tratti veloci, caratterizzati da curvoni ad alta percorrenza, si alternano ad altri dalla particolare tortuosità e dalla bassa velocità che ne consegue, col terzo settore che funge quale banco prova per i tracciati più lenti presenti in campionato. All’interno di questo assieme fortemente eterogeneo, la Mercedes è parsa avere quel qualcosa in più che ha permesso di fare la differenza, nonostante le premesse facessero propendere maggiormente verso un potenziale successo della Red Bull o, questo, almeno prima di assistere al risultato finale del GP del Portogallo in cui, tra i due ormai noti contendenti, a svettare è stato Lewis Hamilton.
Il copione è, di fatto, molto simile a quello visto in occasione del Gran Premio appena citato, con Verstappen che marca stretto il proprio rivale in campionato già dalle qualifiche e con Sergio Perez che, con un po’ di fatica, agguanta l’ottava casella al termine del Q3. Una volta in gara, la situazione sembra evolvere in maniera simile, con Verstappen che ha la meglio su Hamilton già in Curva 1 e con Perez che prova a risalire la china, superando Ocon. Ingresso della Safety Car a parte, avvenuto nel corso del nono giro a causa di dello stop improvviso della vettura di Yuki Tsunoda all’esterno di Curva 10, il ritmo di gara si stabilizza senza troppe fatiche e la quasi paritetica competizione ai vertici lascia intendere che solo la strategia potrà efficacemente sovvertire l’ordine di testa.
E sarà proprio questo il fattore che, unitamente ad una miglior performance velocistica complessiva, andrà a giocare in netto favore della Mercedes. Alla seconda sosta dell’inglese, infatti, non farà eco quella dell’olandese che, pur disponendo di un nuovo set di gomme morbide, viene lasciato in pista con la volontà, fin troppo ottimistica, di farlo arrivare alla bandiera a scacchi sulle stesse mescole medie montate nel corso del ventiquattresimo giro. Questo approccio, forse eccessivamente conservativo, spiana la strada ad un recupero del pilota Campione del Mondo in carica che, nonostante il distacco di oltre venti secondi nei confronti del pilota di testa registrato al quarantasettesimo passaggio, sarà capace di riportarsi al comando a sei giri dal termine, anche, se non soprattutto, grazie alla maggior prestanza delle mescole più fresche.
Al netto di tali informazioni e avvenimenti, appare ancor più ovvio quanto serrata sia destinata ad essere la lotta al titolo in questo campionato 2021. Con le due vetture in questione, la RB16B e la F1 W12, aventi prestazioni estremamente simili, salvo i momenti, inevitabili, in cui i vantaggi dell’una avranno la meglio su quelli dell’altra e viceversa, è facile intuire che a far la differenza saranno le strategie, nonché le singole soste e le prestazioni dei piloti di ciascuna scuderia. In tale ottica , in casa Red Bull sembra regnare una certa tranquillità, vista la straordinaria maturità mostrata dal pilota olandese e la grande pulizia di guida che, nelle fasi più critiche e tattiche della gara, ha ormai soppiantato le precedenti tendenze a esibirsi in controsterzi e sbavature non necessarie. Tuttavia, serve che qualcosa si smuova anche in ambito strategico, dove le mosse più cautelative e prudenti non sembrano pagare abbastanza e che, sulla distanza, rischiano di annullare quanto di buono si ha ormai tra le mani.
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