Bicampione del Mondo nel ’62 e nel ’68, Graham Hill è uno dei piloti più carismatici della Formula 1, nonché vincitore assoluto della “Tripla Corona”. Capelli lunghi e sempre in ordine, baffetto da gentleman e lunghe basette: una classe e un fascino che lo hanno condotto sino alle porte del cinema.
“La Formula 1 è come tenere un uovo in equilibrio su un cucchiaino, mentre si affrontano delle rapide su una canoa”. Una frase, questa di Graham Hill, non pronunciata a caso.
Su un casco può leggersi una storia. Nel suo, Hill rende onore a un passato sportivo lontano dalle auto da corsa: le otto piccole bande bianche che campeggiano sul suo casco blu notte, non sono altro che pale di remo stilizzate, un tributo alla sua passione per canottaggio e al suo ruolo di capo voga dell’otto del London Rowing Club.
Norman Graham Hill nasce il 15 febbraio 1929, ad Hampstead, tra la nebbia e il verde delle zone londinesi.
Figlio di un agente di scambio, conduce un percorso di vita “normale” e ordinario: scuola secondaria prima e college poi, nel 1942, dove per tre anni si dedicaagli studi tecnici, per poi iniziare un corso quinquennale di apprendistato alla Smiths and Son.
Durante questo periodo, Graham vola fuori pista con la sua moto, e per tutta la vita porterà con sé i segni di questo incidente. La sua gamba sinistra, infatti, rimane legata nelle articolazioni ed è leggermente più corta dell’altra.
Da buon inglese, presta servizio in Marina, dove impara quella che sarebbe stata la sua dote fondamentale: la pazienza. Il suo approccio con le corse si può definire quasi casuale.
Non possiede un’automobile per mancanza di denaro, lavora in una libreria e il tempo libero lo dedica al canottaggio.
Un giorno, un suo amico lo convince a recarsi a Brands Hatch per provare una macchina della scuola di pilotaggio. Compie solo quattro giri, sufficienti ad illuminarlo di nuovi orizzonti: è quello l’instante in cui decide che le corse sarebbero state tutta la sua vita. Allora, cerca lavoro come istruttore in una nuova scuola di pilotaggio, dove il titolare lo mette alla prova affidandogli una Cooper di Formula 3 per una sola gara, che Hill, venticinquenne, conclude quarto. Al termine, e senza soldi in tasca, fa l’autostop per rientrare a casa. Si ferma un’auto, un uomo gli offre un passaggio. È un giovane tecnico che sta aprendo una piccola fabbrica di auto sportive. Il suo nome è Colin Chapman. E Graham diventerà uno dei suoi meccanici.
La sua grande forza interiore, unita alla pazienza di cui è dotato, lo porteranno a scalare le vette più alte dell’automobilismo. Nel 1962, otto anni dopo quella sua prima corsa di Formula 3, conquista il primo Mondiale di Formula 1. Il traguardo iridato lo replicherà anche qualche stagione più tardi, nel 1968.
È corretto, incisivo, veloce, sa gestire la meccanica, non è mai sopra le righe: nessuno, come lui, porta in pista il classico aplomb inglese, anche quando le cose non vanno per il verso giusto.
Con tre vittorie consecutive a Monte Carlo, la prima nel 1963 e sempre con la BRM, è il primo Re del Gran Premio di Monaco, dove si affermerà ancora due volte, con la Lotus, nel ‘68 e nel ‘69. Avendo conquistato nel 1966 la 500 Miglia di Indianapolis e nel 1972 Le Mans, con la Matra, in coppia con Henry Pescarolo, si incorona della “Triple Crown”, l’unico ad esserci riuscito.
Nel 1973, a 44 anni, grazie anche all’apporto di un produttore di sigarette, diventa proprietario di un team pur continuando a gareggiare. Nel 1975, ritiene che sia giunto il momento di occuparsi maggiormente della scuderia e, alla quarta prova stagionale, in Spagna, decide che la promettente GH1 esordisca con Rolf Stommelen e Francoise Migault.
La GH1 si qualifica nona con Stommelen. Sul contestatissimo e pericoloso circuito del Parc Montjuic di Barcellona, la gara parte e prosegue con una serie di incidenti. A un terzo di gara, Stommelen procede al comando, ma la sua monoposto perde l’alettone posteriore in un tratto veloce e, fuori controllo, scavalca le protezioni e vola tra il pubblico, uccidendo quattro persone. Stommelen, vivo per miracolo, si rompe le gambe.
Due settimane dopo, al Gran Premio di Monaco, Hill si presenta alla guida dell’unica vettura rimasta. Per il grande rispetto nei suoi riguardi, la McLaren gli presta un motore Ford Cosworth più competitivo di quello normalmente a disposizione. Sarebbe stata la sua ultima gara, ma essendo stato ridotto per sicurezza il numero dei partenti a diciotto, manca la qualificazione per poco. Deluso, Graham si sfila dall’abitacolo e si rintana nel box. È assorto nei suoi pensieri, sembra avulso dal contesto.
Decide di non correre più per dedicarsi completamente alla direzione della squadra. Investe tutto sui nuovi progetti, individua nel giovane e grintoso Tony Brise l’astro nascente. Una sera di novembre, rientrando in aereo dal Paul Ricard, una fittissima nebbia su Londra azzererà per sempre i loro sogni.