Nessuna maledizione, nessun richiamo al passato può fermare colui a cui, il successo, scorre nelle vene insieme al talento. Verstappen raccoglie la decima vittoria consecutiva in stagione, mai nessuno come lui. È il prosieguo dell’inarrestabile dominio nel giorno in cui la Ferrari dà tutto: testa, nervi… e cuore.
C’è sempre da emozionarsi. Quando, in un Mondiale, lo stesso pilota lascia le sue impronte sul gradino del podio dei numeri uno per dieci volte, consecutivamente. Ben impresse, inconfondibili. Nel segno di un’intoccabilità sacra, che si difende da eventuali imprevisti, da richiami del passato, dalle maledizioni. Che poi, queste, servono solo a raccontare qualcosa in più in un anno in cui, spesso, di roba da dire ce n’è davvero poca.

C’è sempre da emozionarsi. Quando vedi che dietro quell’irraggiungibile talento olandese c’è chi dà, a Monza, il ruolo della “più importante”, quella per cui non si può sbagliare, non si può deludere. Non al Gran Premio di casa, non al Gran Premio d’Italia.
C’è sempre da emozionarsi. Di fronte all’energia di due ragazzi che si sfidano, che duellano, che si difendono, che danno tutto.
La mente, la concentrazione, gli occhi direzionati verso l’unico obiettivo: ottenere il massimo. Che danno tutto: la frustrazione, i nervi, l’energia, il cuore.

A quello no, non si comanda mai. Si allarga dai battiti di gioia, si stringe dall’amarezza.
Perché qualcuno soffre di non essere lì, a guardare dall’alto la gente prendere il posto dell’asfalto, sentirne le grida, i cori, vedere tutti i suoi volti rivolti verso il cielo.
Perché qualcuno, per la prima volta, sa cosa si prova nel salire sul podio di Monza. Nel guardare dall’alto la gente che prende il posto dell’asfalto. Sentirne le grida, i cori, vedere tutti i suoi volti rivolti verso il cielo. Verso di te. Che guardi la gente diventare un fiume in piena. Di cui non si vede la fine.
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