L’eliminazione delle Grid Girls e gli sviluppi della recente vicenda Bobbi — Valsecchi sono segno tangibile del femminismo di maniera adottato dal Circus della Formula 1 nella sua totalità. Tra ideologia progressista imposta e ricerca di show forzata si gioca forse una partita arbitrata dal profitto. Vi è dunque qualcosa di realmente autentico in questa lotta per una sensibilità altra?

“Io sono un uomo nuovo
Per car­ità lo dico in sen­so letterale
Sono pro­gres­sista
Al tem­po stes­so liberista
anti­razz­ista
[…]
E con le donne c’ho un rap­por­to straordinario
Sono fem­min­ista”.

- Gior­gio Gaber, Il Conformista
 
Cor­re­va l’anno 2018 quan­do Lib­er­ty Media, a due pri­ma­vere dall’acquisto del­la For­mu­la 1, inizia­va a plas­mare sec­on­do il pro­prio por­ta­to ide­o­logi­co il mod­el­lo che la mas­si­ma serie dell’automobilismo sporti­vo avrebbe dovu­to assor­bire per entrare con il “gius­to” pas­so nel­la nuo­va scin­til­lante era post-Eccle­stone. Risale infat­ti al Gen­naio di cinque anni fa il comu­ni­ca­to dell’allora Diret­tore Com­mer­ciale del­la For­mu­la 1, Sean Bratch­es, con cui veni­va annun­ci­a­ta l’abo­lizione del­la pre­sen­za delle Grid Girls dal­la griglia di parten­za, rimuoven­do così, con il più clas­si­co dei colpi di spugna all’americana, uno degli ele­men­ti interni alla litur­gia che inizia, ogni vol­ta di nuo­vo, come una ripetu­ta benedi­zione, ani­me di piloti e appas­sion­ati all’evento sacro del­la gara.

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“Nell’ultimo anno abbi­amo esam­i­na­to una serie di set­tori che riteneva­mo nec­es­sari da aggiornare per essere più in sin­to­nia con la nos­tra visione di questo sport. La prat­i­ca di imp­ie­gare le ragazze di griglia è sta­ta un capos­al­do dei Gran Pre­mi di For­mu­la 1 per decen­ni, ma rite­ni­amo che ques­ta usan­za non sia in sin­to­nia con i nos­tri val­ori del mar­chio e sia chiara­mente in con­trasto con le norme del­la soci­età mod­er­na. Non cre­di­amo che tale prat­i­ca sia appro­pri­a­ta o ril­e­vante per la For­mu­la 1 e per i suoi fan, vec­chi e nuovi, nel mondo”.
 
La ben nota indole impe­ri­al­is­ti­ca del­la bandiera Stars and Stripes tro­va limp­i­da espres­sione nelle righe citate del comu­ni­ca­to, le quali sovrap­pon­gono, come fos­se la cosa più ovvia al mon­do, i “val­ori del nos­tro mar­chio” alle “norme del­la soci­età mod­er­na”, riv­e­lando in cam­po sporti­vo-morale la nat­u­rale e sfre­na­ta pul­sione USA all’esportazione (spes­so forza­ta) di forme cul­tur­ali, eco­nomiche e politiche.

In una bat­tuta: il par­ti­co­lare diven­ta l’universale da imporre, quel­lo migliore, il più buono. Dis­tribuire con la fal­sa mag­na­nim­ità tar­do-illu­min­ista uni­ver­sali vuoti, como­di, come fos­sero i val­ori ulti­mi di una soci­età bell’e com­pi­u­ta è forse quan­to di più lon­tano la moder­nità ha invero las­ci­a­to in ered­ità al mon­do occi­den­tale. Di dog­mi e dot­trine indis­cutibili, sem­mai, l’uomo mod­er­no muore, come si muore in celle sen­za finestre. Come si muore in guerra.

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È in quest’ottica, con le dovute pro­porzioni, che la vicen­da che ha coin­volto Mat­teo Bob­bi e Davide Valsec­chi, su cui tan­to (forse trop­po) è sta­to det­to e scrit­to — e che ha vis­to i due sospe­si da Sky Sport F1 Italia per il Gran Pre­mio del Cana­da dopo il «riprovev­ole sipari­et­to» anda­to in sce­na in quel di Bar­cel­lona — sot­to­lin­ea gli ele­men­ti spic­cata­mente con­trad­dit­tori e ambigui in cui gongo­la l’universo del­la For­mu­la 1, sen­za dub­bio traina­to a tut­to ton­do dagli inter­es­si di Lib­er­ty Media.

Volen­do­ci subito smar­care dalle forche banal­iz­zan­ti dell’immediato «pro» o «con­tro» inten­di­amo qui pro­porre una rif­les­sione, per quan­to pos­si­bile, autono­ma. Nos­tro mal­gra­do, vivere in quest’epoca sig­nifi­ca trovar­si stret­ti tra l’accusa di fomentare il “reazionario gret­to” ed una crit­i­ca che non coglie alcun cen­tro, per­ché lon­tana abis­si dal­la pro­fon­dità di ques­tioni car­di­nali, come sen­za dub­bio è quel­la che riguar­da il pieno riconosci­men­to sociale del­la don­na in tut­ta la sua ric­ca com­p­lessità, come “schiz­zo d’assoluto”. In vista di questo fine, dunque, è da punizioni ado­lescen­ziali, gogne medi­atiche e lot­tan­do esclu­si­va­mente a liv­el­lo sim­bol­i­co (in un tem­po povero di sim­boli) con­tro gli orpel­li di una soci­età ingius­ta alle fon­da­men­ta che muovi­amo qualche pas­so ver­so un avvenire dalle tinte differenti?

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La denun­cia al “polit­i­cal­ly cor­rect” nel­la sua vari­ante nos­trana del “non si può dire più niente” tro­verà legit­ti­ma­mente spazio fino a che il logos di una sen­si­bil­ità altra ver­rà spie­ga­to con il fumo di hash­tag e dot­trine autori­tarie di super­fi­cie. Al di là del­la percezione che le stesse dirette inter­es­sate pos­sano avere del pro­prio ruo­lo, la quale può essere influen­za­ta dai più vari “sta­ti di neces­sità”, la mer­ci­fi­cazione eti­co-estet­i­ca del­la don­na res­ta però una cosa seria e altret­tan­to seria e rad­i­cale dev’essere, dunque, l’opposizione irriducibile al fem­min­is­mo di maniera cui andi­amo abituandoci.

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Ma una lot­ta aut­en­ti­ca, in gra­do cioè di colpire le radi­ci del­la soci­età e far­si davvero cari­co dei dolori indi­vid­u­ali e comu­ni in vista di un roves­ci­a­men­to di sis­tema, non può sorg­ere dall’assunzione di un moral­is­mo inquisi­to­rio o, peg­gio, da una «ped­a­gogia buona per i burat­ti­ni» come scrit­to qualche tem­po fa da Alessan­dro Bar­bano in mer­i­to alla prat­i­ca del­lo kneel­ing in voga durante Euro 2020.

L’impressione sem­pre più com­pro­va­ta da fat­ti è che la ques­tione dei dirit­ti ven­ga ricer­ca­ta ed abbrac­cia­ta dal mer­ca­to, in questo caso sporti­vo, delle aziende, come una bandiera utile esclu­si­va­mente all’accrescimento di val­ore, con­sen­so e segui­to, dis­tante anni luce da ogni puro inter­esse ver­so la lot­ta alle varie forme di ingius­tizia. Il val­ore dei dirit­ti, che potrem­mo qui chia­mare val­ore ide­o­logi­co, ritor­na evi­den­te­mente come val­ore economico.

Par­lare, dunque, di “val­ori del mar­chio” ed elo­gia­rne la bon­tà diven­ta la mossa obbli­ga­to­ria per ben piaz­zarsi, in otti­ca di prof­it­to, sul mer­ca­to del­la sce­na pub­bli­ca e dei suoi umori ege­moni. Il fat­to che poi la piaz­za selezion­a­ta, la nuo­va miniera d’oro, sia il mer­ca­to amer­i­cano su cui più la For­mu­la 1 sta pun­tan­do (insieme a quel­lo asi­ati­co), fa dis­cen­dere in modo lin­eare la ratio di tutte le scelte, da quelle “val­o­ri­ali” a quelle sul­lo spettacolo.

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Ed è pro­prio in questo intrec­cio squader­na­to tra morale, show e ritorno eco­nom­i­co che alcune con­trad­dizioni balzano all’occhio, riv­e­lando la men­zogna del­la pro­pria maschera. Se l’interesse è quel­lo di pro­muo­vere una lot­ta alla mer­ci­fi­cazione del cor­po fem­minile cosa ci fan­no, ad esem­pio, le Cheer­lead­ers a Mia­mi ed Austin? A ren­dere poco nobile l’immagine delle Grid Girls è l’ombrellino spon­soriz­za­to rispet­to ai pom pom colorati?

Avver­tendo il bisog­no di mon­di più ariosi andi­amo costru­en­do recin­ti sem­pre più stret­ti, dal­la neces­sità di cam­bi­a­men­to giun­giamo in cor­to­cir­cuito ai nuovi insen­sati dog­mi del pro­gres­so. Ci affidi­amo a chi pare essere sem­pre dal­la parte gius­ta, venden­do così le nos­tre lotte al peg­gior offer­ente, con­for­mati a quel “potere dei più buoni” di cui Gior­gio Gaber can­ta­va l’insopportabile opportunismo.

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