Un podio che regala morale e ossigeno, un passo finalmente costante e due piloti in forma smagliante. Che sia la volta buona?
Chi mai avrebbe pensato che sarebbe stata la Ferrari ad interrompere la striscia di giri in testa di Verstappen in questa stagione? Chi mai avrebbe creduto di vedere Leclerc essere il primo degli altri con tanta apparente facilità?
Io non di sicuro, questo è certo.
La mia natura pessimista tende a guardare sempre il lato negativo delle cose, come la chiamata probabilmente errata per il primo pit-stop di Sainz che lo ha relegato nel traffico, o come le costanti infrazioni perpetrate dallo stesso madrileno in Curva 10 che gli sono costate una penalizzazione pari a 15 secondi. Però, questa volta, l’unica cosa realmente negativa è stata la solita, imbarazzante, gestione della Federazione Internazionale, che ha deciso di controllare i track limits con la stessa accuratezza con cui l’amico di turno controlla la carne sul barbecue dopo essersi scolato qualche birra di troppo. Ma soprassediamo.

Sapevamo che l’Austria sarebbe stata terra amica per la SF-23, vuoi per una questione di layout vuoi per una questione di temperature. Eppure, la costanza nel passo messa in mostra nella gara della domenica è stata qualcosa che, se si esclude la gara di Montreal, non vedevamo da tanto tempo. Altra nota positiva oltre al passo è stata la qualità di guida espressa dai due piloti della Rossa: Charles Leclerc è stato autore di una gara pressoché perfetta, riuscendo a totalizzare il massimo possibile e riscattando una Sprint Race avara di soddisfazioni, come spesso accade al monegasco quando ci sono condizioni miste. Dopo aver ammesso i suoi limiti a livello di “costruzione” del set-up, ha dimostrato poi tutti i suoi pregi, facendo rendere al meglio quello che in Austria era il pacchetto migliore dopo quello dei padroni di casa della Red Bull.
Prova di valore anche per Carlos Sainz, sebbene non sia riuscito ad ottenere il massimo. Dopo una gara ottima al sabato, la domenica lo spagnolo ha dimostrato tutte le sue doti nel corpo a corpo, facendoci saltare sul divano come non succedeva da tanto, troppo tempo. È vero, non è riuscito a rispettare i track limits, ma il giudizio su una performance del genere non può essere alterato da penalità derivanti da regole folli, scritte e applicate da chi in pista gira, forse, con il monopattino elettrico e nulla più.

Dopo due gare finalmente positive, sembra intravedersi uno spiraglio di luce in fondo al tunnel, anche se la ragione consiglia di andarci con i piedi di piombo. Sia il circuito cittadino di Montreal che la pista di Spielberg, infatti, sono due tracciati unici nel loro genere, da non prendere come esempi assoluti per valutare i progressi fatti dal team e dai tecnici di Maranello nello sviluppo della SF-23. Da questo punto di vista, Silverstone potrà dirci molto, trattandosi di un tracciato vero, iconico, che unisce lento e veloce, curve ad ampio e corto raggio, dove si passa dal quasi angolo retto di Copse alla sinuosa serpentina che da Maggots e Becketts porta all’Hangar Straight. Un circuito che, per sua stessa ammissione, piace a Leclerc e in cui Sainz ha vinto la sua unica gara in Formula 1.
Aspettiamo Silverstone dunque, sperando che ci confermi che quella vista questo week-end sia proprio la luce dell’uscita e non un semplice abbaglio, per non rimanere, come diceva Caparezza, fuori dal tunnel del divertimento.