Che Max Verstappen uscisse vittorioso dalla gara spagnola c’erano pochi dubbi. La vera notizia della domenica di Barcellona, infatti, è un’altra. E si scrive in un’unica parola. Anzi, un solo nome: Mercedes.
“La musica è finita” è il titolo di una canzone uscita di recente e che spesso risuona dalle piccole casse del mio cellulare. Ho pensato fosse perfetto, azzeccato, per descrivere il fine settimana della Ferrari in Spagna.
Perché è così: è finita la musica. Per chi? Il tanto atteso “esame Barcellona” non è stato superato. Nemmeno con un 18 politico. Lo dice la pista. Lo dicono i problemi relativi al sabato di qualifica da analizzare, lo dicono i set di gomme scelti in gara, lo dicono il quinto posto di Sainz e il fuori dalla zona punti di Leclerc. Lo dicono le parole del monegasco, la delusione negli occhi dei piloti in rosso.
C’è la sensazione che ci sia, o ci siano, innumerevoli dettagli mancanti, situazioni non analizzate, una continua discesa ad alta velocità verso un pozzo di sconfitte. E non solo di quelle in pista.

Perché in pista, come nella vita, puoi perdere. Ma bisogna valutare il modo. Le dinamiche. I tentativi.
C’è qualcuno che, perdendo, dopo un anno e mezzo di risultati non degni della propria storia scritta in Formula 1 — escluso un lampo di luce nella pazza Interlagos — a Barcellona si è rialzato. La Mercedes.
Una W14 B che rappresenta la seconda occasione della ricerca di un riscatto, della ricerca di una risalita ai vertici, almeno nel ruolo di scombina piani di un’Aston Martin che sta mancando.
La Rossa si è vista superare dall’ombra nera del duro lavoro ripagato. Da un “Mega job”, come lo ha definito Lewis dopo la bandiera a scacchi, via radio.
È forse questo, che manca? Ovvero quella mentalità vincente, anche quando vincente non lo sei più? Perché la musica è finita. E ormai è troppo tardi per premere il tasto “reset” e riascoltare quella stessa melodia per coglierne di volta in volta un elemento che la compone e che la rende così bella secondo il nostro udito. Ormai, si può solo provare a cambiare album. Per scoprire un genere nuovo, a cui non si ha mai badato prima.
Che magari ti rendi conto che, in fondo, non è poi così male.