Intervenire al fine di sollevare il fondo vettura ha rappresentato un controsenso privo di alcun fondamento logico che, purtroppo, non costituisce un caso isolato nella scellerata gestione tecnica della Formula 1 odierna. Questo ha depotenziato i benefici dell’effetto suolo, che doveva essere alla base delle vetture odierne con lo scopo di consentire ai piloti di seguire con più facilità i rivali davanti. Sentire alcuni di questi ultimi lamentarsi, ad appena un anno di distanza dal debutto del nuovo regolamento 2022, di una ritrovata difficoltà nello stare vicino alle auto che li precedono, costringe a delle riflessioni amarissime.
Le prime cinque tappe della stagione attualmente in essere hanno certificato l’egemonia di una squadra, la Red Bull, alla quale nessuno è ad oggi in grado di opporsi. Le sue radici, tuttavia, non sono da ricercare in questo 2023, bensì nell’anno passato: la scuderia di Milton Keynes, infatti, ha ottenuto addirittura 22 vittorie su 27 gare disputate da quando è stato introdotto il nuovo regolamento tecnico. La domanda sorge quindi spontanea: l’attuale generazione di vetture ad effetto suolo ha fallito? La risposta, a mio avviso, è no: non del tutto almeno.
Certo, constatare come una singola squadra abbia vinto più dell’80% delle corse andate in scena dall’inizio del 2022 ad oggi per alcuni potrebbe bastare a bollare la recente rivoluzione tecnica come fallimentare, tuttavia gli aspetti da considerare sono molteplici: il potenziale, a livello di emozioni trasmesse e di spettacolo vero e proprio (non quello inesistente tirato in continuazione in ballo dai vertici della massima serie), c’era eccome.
Basti pensare alla prima metà dello scorso campionato, capace di offrire agli appassionati e agli addetti ai lavori una competizione di primissimo ordine, con Gran Premi dall’esito spesso incerto.
Come ben sapete, dal Gran Premio del Belgio tutto questo è andato in fumo. Oggi, però, non siamo qui per tornare a parlare di una delle direttive tecniche più discusse degli ultimi anni, la TD39, bensì per focalizzarci su un altro punto, ovvero la direzione intrapresa dalla Formula 1 da quel momento in poi.
Con la direttiva in questione, e con le conseguenti modifiche applicate al regolamento 2023 che, ricordiamo, hanno di fatto cancellato quanto stabilito in precedenza in quanto ancora più “restringenti”, i tecnici della FIA hanno parzialmente rinnegato la filosofia alla base dell’attuale generazione di monoposto.

A scopo puramente informativo vogliamo ricordare che, come il nome stesso suggerisce, tale configurazione tecnica presuppone una diretta dipendenza dall’altezza del fondo vettura dal manto stradale, con la decisione relativa alle altezze da utilizzare demandata quale compito fondamentale dei tecnici cui spetta l’arduo fine di trovare la miglior configurazione. Intervenire al fine di sollevare il fondo vettura rappresenta, pertanto, un controsenso privo di alcun fondamento logico che, purtroppo, non costituisce affatto un caso isolato nella scellerata gestione tecnica della Formula 1 odierna.
A cozzare violentemente con quella che è la naturale vocazione dei tecnici e della spontanea costituzione stessa delle vetture di questo tipo sono, infatti, alcune disposizioni normative che altro non fanno se non alimentare la cascata di controsensi di cui la categoria è permeata.
Ricordiamo, infatti, che tra le tante limitazioni imposte dal regolamento, di fatto il più restrittivo e prescrittivo nella storia della massima serie, vi è quella di limitare le simulazioni fluidodinamiche ad una velocità massima di 180 km/h, impedendo la valutazione e la conseguente comprensione del comportamento aerodinamico del mezzo ai regimi più elevati.
Unitamente a ciò, ben poco senso hanno gli stratagemmi adottati dalla FIA per contrastare il fenomeno del porpoising, TD39 su tutti e algoritmo AOM — poi rimosso poiché divenuto inutile — a far seguito, sottraendo questi ulteriore possibilità di comprensione del problema ai tecnici che avrebbero potuto intervenire autonomamente, alla stregua di quanto accaduto in altre categorie già anni or sono, come nel WEC e, al tempo, nel WSC, ove la conoscenza di questo fenomeno è ormai consolidata e risolta in totale autonomia.

Le imposizioni applicate al fondo vettura, dunque, hanno notevolmente depotenziato i benefici dell’effetto suolo, che doveva essere alla base delle vetture odierne con lo scopo di consentire ai piloti di seguire con più facilità i rivali davanti. Sentire alcuni di questi ultimi lamentarsi, ad appena un anno di distanza dal regolamento 2022, di una ritrovata difficoltà nello stare vicino alle auto che li precedono, fa quanto meno storcere il naso. La sensazione, dunque, è che la strada imboccata dapprima nel corso dell’estate e poi ulteriormente ripresa all’alba del 2023 non conduca ai risultati auspicati.
Il fallimento vero è proprio non è quindi da ricercare nella rivoluzione tecnica della passata stagione, quanto nei risvolti che chi di dovere ha voluto che essa prendesse, probabilmente influenzato da una politica che, al giorno d’oggi, ricopre un peso eccessivo in uno sport che avrebbe davvero tanto bisogno di mostrarsi più trasparente.
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