Primo podio stagionale, secondo posto nella Sprint Race e pole position. È sufficiente per tornare a sperare?

Final­mente un bagliore di luce in fon­do ad un tun­nel che sem­bra­va essere lun­go quan­to tut­ta la sta­gione. La Fer­rari riparte dal­l’Azer­bai­jan con il sor­riso e una fidu­cia ritrova­ta. Leclerc è sta­to, nelle due gare di un for­mat che definire imbaraz­zante e cervel­loti­co è dire poco, il pri­mo degli altri, con le Red Bull che era­no e restano imprendibili in gara. Se la pole del saba­to è frut­to di un giro cap­ola­voro del mon­e­gas­co, di quel­li da far vedere e rivedere agli aspi­ran­ti piloti delle cat­e­gorie minori, il risul­ta­to del­la domeni­ca è sicu­ra­mente frut­to del miglio­ra­men­to nel­l’u­ti­liz­zo del­la vet­tura da parte del team. Il lavoro sug­li asset­ti sta lenta­mente por­tan­do i suoi frut­ti, la SF-23 che inizia ad essere effi­cace con tutte le mescole por­tate da Pirelli e sen­za dis­trug­gere gli pneu­mati­ci in tem­pi brevi.

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Ad esclu­sione del soli­to Fer­nan­do Alon­so, per il quale abbi­amo fini­to le parole di elo­gio per capac­ità di gui­da e qual­ità di ges­tione del­la gara, nes­suno era in gra­do di seguire la Fer­rari numero 16 di Charles. Purtrop­po, neanche il suo com­pag­no di squadra. Se Leclerc è la nota pos­i­ti­va del week-end rosso a Baku, Car­los Sainz è sicu­ra­mente quel­la neg­a­ti­va. Sem­pre lon­tano dal com­pag­no di squadra e in dif­fi­coltà costante sul pas­so gara, il madrileno è sta­to autore di per­for­mance scialbe in tutte le ses­sioni del fine settimana.

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In par­ti­co­lare domeni­ca, dopo aver per­so la posizione sul­l’i­do­lo Alon­so, Sainz è crol­la­to sem­pre più indi­etro, fino a ritrovar­si brac­ca­to da Lewis Hamil­ton, dal quale, uni­ca cosa pos­i­ti­va, è rius­ci­to a difend­er­si bene sen­za com­met­tere errori. In un week-end tut­to som­ma­to pos­i­ti­vo per la scud­e­ria di Maranel­lo, urge però il modo di ritrovare la com­pet­i­tiv­ità di quel­la sec­on­da gui­da che pos­sa dare la pos­si­bil­ità di sper­i­menta­re e vari­are le strategia.

Forse, quin­di, non è anco­ra arriva­to il momen­to di sorridere.

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