Nel delirio di Albert Park, la Ferrari è uscita con le ossa rotte. Il misero bottino di zero punti e l’ennesimo ritiro, però, non rendono giustizia a quello che è stato il week-end della Rossa.
Sarà che Melbourne è sempre una tappa affascinante, sarà che la sveglia presto la domenica mattina ti prende sempre a schiaffi, ma fare una review di quello che è successo in casa Ferrari nell’ultimo week-end questa volta è più complicato del solito. Partiamo da un presupposto: quelle che leggerete di seguito, sono un insieme di sensazioni, emozioni ed opinioni personali, mosse principalmente dalla scazzottata tutta interiore tra cuore e cervello.
Provo a spiegarmi meglio. Allo sventolare della bandiera a scacchi, il cervello mandava alle mie labbra ancora secche dopo la sveglia infame due input ben precisi, razionali e drastici. Il primo, frutto di un semplice calcolo matematico, è forse il più triste, sportivamente parlando. Quando due zeri si incontrano, il risultato finale è sempre zero.
Puoi sottrarli, sommarli, dividerli o moltiplicarli, ma anche le classiche leggi della matematica vengono meno con un numero così vuoto. Uscire da una gara con zero punti in classifica, per la Ferrari, può essere visto soltanto come una sconfitta, senza se e senza ma.

Il secondo, laconico e sentenzioso pensiero partorito dalla mia mente era un malinconico “ma che è sta pagliacciata?”, riferito alla gestione della corsa che ci ha riservato la direzione gara. Avete presente quando Fedez, nella control room di LOL, l’ormai celebre show comico in onda su Amazon, preme tasti a caso per ravvivare la situazione quando è stagnante senza sapere esattamente, in alcuni casi, cosa accadrà? Ecco, io la direzione gara me la sono immaginata esattamente così.
Tra bandiere rosse sventolate a sentimento, Virtual Safety Car e Safety Car alternate e utilizzate l’una al posto dell’altra, ho sinceramente creduto che Fedez e Frank Matano si fossero trovati casualmente a Melbourne per LOL 4.
Poi però, a freddo, dopo aver preso il caffè e rivisto anche la replica della corsa (masochismo, direte voi), il cervello ha lasciato spazio alle cuore, facendo sì che la mia mente si focalizzasse su quelle opinioni meno drastiche e pessimistiche che hanno sopraffatto l’amara analisi matematica precedente. Se il giudizio negativo sull’operato della direzione gara non è certo mutato, anzi si è acuito, diverso è stato per l’analisi della performance della Ferrari.

I lati positivi ci sono e vanno, secondo me, colti e analizzati con una visione più d’insieme. I primi riguardano la monoposto e il suo comportamento durante la corsa. Il passo gara è sicuramente migliorato rispetto alle prime due tappe del calendario, come dimostrato dalla costanza con cui ha girato Sainz nel momento in cui si è ritrovato pista libera davanti a sé. Nonostante la distanza dalla Red Bull di Verstappen sia siderale, abbiamo comunque potuto ammirare una Ferrari più veloce e continua nella rincorsa alle posizioni di vertice.
Inoltre, l’usura gomme è drasticamente ridotta rispetto alle precedenti tappe a Jeddah e Sakhir. Sainz, infatti, è arrivato al termine senza troppi grattacapi pur avendo dovuto spingere per recuperare posizioni dopo che la prima bandiera rossa ha rovinato la strategia studiata dal muretto. Il tutto con le gomme dure che tanto avevano fatto dannare i due piloti Ferrari nei precedenti appuntamenti.
Questi miglioramenti sono imputabili, almeno secondo Vasseur, non tanto ai piccoli aggiornamenti aerodinamici portati dalla Scuderia in Australia, quanto ad una miglior conoscenza della vettura e, di conseguenza, ad una scelta di assetto più congrua. Ciò sottolinea, a mio parere, come la SF-23 non sia una vettura facile e intuitiva e richieda ai piloti come ai tecnici un lavoro di adattamento per cercare di spremere il massimo del potenziale.

Ecco, i piloti. Tra i lati positivi di questo week-end, a mio parere, c’è sicuramente Carlos Sainz. Lo spagnolo, infatti, si è ritrovato a dover lottare a centro gruppo per risalire in un circuito di certo non famoso per agevolare i sorpassi. Sainz Jr. ha invece trovato sempre il modo di sopravanzare senza perdere troppo tempo. Ciliegina sulla torta è il sorpasso a Gasly, complicato per via dell’eccezionale velocità di punta della monoposto del francese, superato con una finta e poi una staccata perentoria e millimetrica in Curva 3.
All’ultima ripartenza, invece, il contatto con Alonso è forse frutto di una voglia di dimostrare che, a mio parere, non può che far piacere ai tifosi. Inoltre, vanno applicate tutte le attenuanti generiche all’errore del madrileno, come le gomme fuori temperatura e il sole contro molto basso, per via dell’ora tarda, che alla curva Jones ha infastidito tanti piloti, con Perez che ha sottolineato addirittura come fosse difficile anche solo tenere gli occhi aperti.

Poi c’è il capitolo Leclerc, per il quale andrebbe fatto un discorso a parte. In questa sede però credo sia giusto analizzare soltanto quelle 2 curve e mezzo in cui lo abbiamo visto partecipe. Alla prima curva dopo il via il monegasco ha un atteggiamento fortemente conservativo, conscio del fatto che la gara è lunga e piena di insidie per i piloti, mentre in curva 3 tira la staccata a Stroll stringendo troppo presto rendendo inevitabile il contatto con il canadese. Posto il fatto che anche qui l’errore di valutazione è sicuramente del pilota ferrarista, va anche sottolineato come lo stesso non poteva aspettarsi di avere Lance in quella traiettoria, obbligata dalla frenata anticipata di Alonso davanti a loro per star fuori dalla lotta tra Verstappen e Perez.
A margine di quanto detto sopra, credo che incolpare, screditare o attaccare Leclerc per un errore del genere sia quantomeno eccessivo, sia da parte dei tifosi che di alcuni addetti ai lavori. Potrei fare disamine approfondite a riguardo ma farò mie le parole di Chinchero che con un delicato francesismo ha affermato che “chi critica Leclerc non capisce un caz*o di Formula 1”.

In tutto questo marasma di pensieri, sensazioni ed emozioni, ciò che rimane, a prescindere da tutto, è il circuito di Albert Park. Un sinuosa e delicata striscia di asfalto che si è fusa con la natura del parco che la ospita, dove il rombo dei motori si alterna al cinguettio degli uccellini. Alla fine, nonostante il poco sonno fatto domenica, devo dire che svegliarsi con gli occhi impastati e il corpo ancora intorpidito dal sonno e vedere, come prima cosa, le immagini del drone che sorvola il parco mentre una Ferrari esce dai box di fronte a oltre 130.000 persone in delirio, è semplicemente spettacolare.
Ph: Scuderia Ferrari Press Office ©