Abbiamo voluto riadattare una massima di Enzo Ferrari, per immergervi in questa splendida storia. Il protagonista? Edoardo Soldano, commercialista che ha scelto di evadere da una routine poco gratificante per inseguire un sogno divenuto oggi azienda a tutti gli effetti. Fondatore di GRIP Furniture, Edoardo realizza infatti complementi di arredo a forma di circuito, il che lo rende un artista unico nel suo genere.

 “Sono sem­pre i sog­ni a dare for­ma al mon­do”, can­ta­va Luciano Lig­a­bue nel 2013. Non sap­pi­amo se Edoar­do Sol­dano, fonda­tore di GRIP Fur­ni­ture, abbia trat­to ispi­razione dal sin­go­lo del nati­vo di Cor­reg­gio quan­do ha scel­to di intrapren­dere la tor­tu­osa via che sti­amo per rac­con­tarvi, ma di cer­to le parole “sog­ni” e “for­ma” rien­tra­no di dirit­to nel dizionario che sfoglia ogni mat­ti­na dal 2015.

Sono trascor­si infat­ti otto anni dal giorno in cui Edoar­do, in segui­to ad una set­ti­mana bian­ca pas­sa­ta esclu­si­va­mente con se stes­so, riv­e­latasi per­fet­ta per riflet­tere sul pro­prio per­cor­so di cresci­ta, decise che non val­e­va la pena vivere una vita che non gli regalasse il sor­riso, una vita che non fos­se lega­ta a stret­to filo con la pas­sione che lo accom­pa­gna dal­la nasci­ta: i motori.

Com­mer­cial­ista di pro­fes­sione, Edoar­do sceglie per questo di accom­pa­gnare alla por­ta quel­la rou­tine con­trad­dis­tin­ta da numeri, dichiarazioni dei red­di­ti e fat­ture per aprire il suo garage di casa e costru­ire, al suo inter­no, com­ple­men­ti di arredo a for­ma di circuito. 


Ma chi meglio di lui potrebbe rac­con­tare ques­ta incred­i­bile sto­ria? Nes­suno, nat­u­ral­mente. Per questo, abbi­amo scel­to di inter­vistare il fonda­tore di GRIP Fur­ni­ture, al quale las­ci­amo ora la parola.

Edoar­do, come nasce GRIP Furniture?

“GRIP nasce sen­za dub­bio dal­la mia pas­sione per i motori. Cresci­u­to, devo poi ammet­tere che, in par­ti­co­lare le moto, han­no avu­to un ruo­lo cen­trale nel­la mia sto­ria. Ricor­do niti­da­mente come in gioven­tù, insieme ai miei ami­ci bik­ers, pri­ma in stra­da con tour lunghissi­mi e poi in pista, ass­apo­rava­mo quel­la sen­sazione di lib­ertà e veloc­ità che solo la moto rius­ci­va a dar­ci. Pen­san­do in modo par­ti­co­lare alle gior­nate in pista ricor­do anche come la com­pe­tizione, sep­pur ama­to­ri­ale, ci por­ta­va a stu­di­are i lay­out dei vari cir­cuiti in ogni min­i­mo det­taglio. Ma non è tut­to: col tem­po capii anche che non si trat­ta­va solo di veloc­ità e tem­pi sul giro, ma mi accor­si che più era­no le volte che anda­vo a girare su un cir­cuito e più cresce­va un legame tra me e il cir­cuito stes­so, un legame fat­to di ricor­di, espe­rien­ze ed emozioni. Capire che non ero il solo è sta­to abbas­tan­za sem­plice: mi è bas­ta­to guardar­mi intorno e ritornare con la mente alle not­ti del Mugel­lo vis­sute al gri­do di «al Mugel­lo non si dorme», mam­ma mia, quan­ta gente appas­sion­a­ta e quan­ti ricor­di. Così mi venne l’idea di mate­ri­al­iz­zare quelle emozioni dan­do solid­ità alla for­ma dei cir­cuiti. Ecco, cre­do che GRIP sia nata esat­ta­mente in quel momen­to, per­ché è esat­ta­mente in quel momen­to che decisi di dedi­care parte del mio tem­po alla real­iz­zazione di quell’idea”.

Dalle tue parole si evince come il fat­tore emozionale sia pecu­liare in quel­lo che fai. L’attività che svol­gevi come com­mer­cial­ista, sicu­ra­mente, non ave­va nul­la di roman­ti­co: GRIP Fur­ni­ture ha rap­p­re­sen­ta­to per te anche un modo per evadere da una rou­tine poco gratificante?

“Sicu­ra­mente sì. Mi sono impeg­na­to dura­mente per tut­ta la vita tra stu­dio, prat­i­can­ta­to, mas­ter, esame di sta­to, ma, inti­ma­mente, sen­ti­vo di non essere vera­mente sod­dis­fat­to. Pen­sare di pas­sare il resto del­la mia vita facen­do qual­cosa che non mi face­va sen­tire vivo era qual­cosa di non ipo­tiz­z­abile e sop­porta­bile. Tut­to è cam­bi­a­to nel cor­so di una set­ti­mana bian­ca in bai­ta a 2.200 metri. Trascor­si quel tem­po da solo, a riflet­tere. Il tornare alla vita nor­male, ai treni «sar­di­na» che mi por­ta­vano su e giù da Milano, ad un lavoro che solo all’apparenza viene svolto per il bene dei cli­en­ti, mi ha tal­mente fat­to male che ho scel­to di cam­biare stra­da, di provar­ci, con un solo obi­et­ti­vo: essere felice. Ovvi­a­mente tut­to questo ha avu­to anche dei con­tro, tan­ti con­tro, per­ché da com­mer­cial­ista conosce­vo bene le dif­fi­coltà di chi vuole fare busi­ness in Italia, un’Italia che, purtrop­po, tut­to fa tranne che aiutare i gio­vani a real­iz­zare i pro­pri sogni”.
 
La doman­da ora sorge spon­tanea: essendo tu com­mer­cial­ista, dove nasce il tal­en­to che ti por­ta a real­iz­zare queste vere e pro­prie opere d’arte? 

“Ero un com­mer­cial­ista un po’ anom­alo. Scherzi a parte, pos­so dire di aver sem­pre avu­to fan­ta­sia e man­u­al­ità dal­la mia parte, ma a fare la dif­feren­za è sta­ta, oltre alla forte volon­tà di impara­re e di miglio­rare con­tin­u­a­mente, la mia infanzia. Sono lig­ure, di Bor­dighera, e sin da pic­co­lo, gra­zie a mio padre, grande appas­sion­a­to, ho prat­i­ca­to vela, anche con risul­tati di un cer­to rilie­vo, e per chi non lo sapesse fare ago­nis­mo sulle derive vuol dire anche, carteggia­re, carteggia­re e anco­ra carteggia­re lo scafo pri­ma di ogni gara impor­tante per far­lo scor­rere meglio sull’acqua, quin­di, anche se in un altro set­tore, qualche base l’avevo. Per il resto, come ad esem­pio dis­eg­nare su Auto­cad, indus­tri­al­iz­zare prodot­ti, intagliare, assem­blare e ver­ni­cia­re, beh, quel­lo l’ho impara­to ded­i­can­do ani­ma e cor­po a quel­lo che facevo”.

Da com­mer­cial­ista, come trovavi il tem­po di inseguire questo sog­no tra­mu­tatosi, nel tem­po, in una vera e pro­pria start-up? 

“Alle mie creazioni ded­i­ca­vo le not­ti. Iniziai a pro­durre nel mio garage di casa. Non aven­do le com­pe­ten­ze, ho commes­so tan­tis­si­mi errori negli anni, ma non ho mol­la­to, per­ché sape­vo che gli errori face­vano parte del gio­co. Inizial­mente non ave­vo nem­meno gli stru­men­ti adat­ti, mi ser­vi­va tem­po per svilup­pare le idee, tem­po per sbagliare, come det­to, tem­po per trovare le giuste soluzioni e tem­po per ricom­in­cia­re. Tut­to ebbe inizio nel 2015 con le librerie, poi arrivarono le lam­pade. Lo scopo che mi gui­da­va era sola­mente uno: cer­care di dare una fun­zione alle forme dei circuiti”.


Quan­do real­izzi un trac­cia­to, lo riper­cor­ri mentalmente?

“In realtà sono mag­gior­mente con­cen­tra­to sul curare ogni det­taglio, ma tut­tavia può cap­itare che, a volte, soprat­tut­to con cir­cuiti iconi­ci, abbia dei flash su sor­pas­si, vit­to­rie, ecc. La cosa che mi emoziona del mio lavoro è che ogni prodot­to è uni­co. Gra­zie al leg­no e alle sue vena­ture infat­ti, non esistono ogget­ti uguali e iden­ti­ci agli altri. Questo mi grat­i­fi­ca, per­ché i miei cli­en­ti han­no la pos­si­bil­ità di avere qual­cosa che non può essere repli­ca­to, qual­cosa di unico”.

Con­clu­den­do ques­ta splen­di­da chi­ac­chier­a­ta avu­ta con Edoar­do, ci è tor­na­ta in mente una citazione di Suzy Kassem, la quale affermava:
 
“Sii te stes­so. Un orig­i­nale vale più di una copia”.

Se pen­sate che il rifer­i­men­to sia esclu­si­va­mente alle opere real­iz­zate da GRIP Fur­ni­ture, vi sbagli­ate. Il fat­to che si trat­ti di opere uniche, cias­cu­na dif­fer­ente l’una dall’altra, è sicu­ra­mente un fat­tore che le rende spe­ciali, ma la frase in ques­tione sin­te­tiz­za in pochissime parole anche la scelta di vita di Edoar­do, che ha pun­ta­to sul­la sua orig­i­nal­ità e sul suo genio met­ten­do da parte un’esistenza che lo avrebbe rel­e­ga­to a svol­gere il ruo­lo di “copia”.

GRIP Fur­ni­ture, di con­seguen­za, non è sola­mente un sog­no divenu­to realtà, ma la traspo­sizione di un modo di vivere che non pos­si­amo non con­di­videre ed elogiare.

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