In quel di Zurigo, Sauber ha presentato la nuova Alfa Romeo C43, rifilando metaforicamente uno schiaffo ai team che gonfiano i propri eventi di lancio svelando, alla fine, le sole livree (unicamente per compiacere gli sponsor). Una vettura rivoluzionata al 50% rispetto alla C42 del 2022, dal momento che, pur mantenendo una sezione anteriore simile a quella della sua progenitrice, gode di un retrotreno completamente ridisegnato: si segnala, a tal proposito, una sospensione push-rod al posteriore abbinata ad una nuova scatola del cambio e, dulcis in fundo, una nuova trasmissione, che ha intenzione di massimizzare la portata d’aria del diffusore, il che ha sicuramente richiesto una enorme mole di lavoro da parte dei tecnici di Hinwil. Andiamo ad approfondire il tutto insieme al nostro analista tecnico, Marco Francesco Renna.
Finalmente 2023. Dopo soporiferi lanci di livrea e presentazioni poco esplicite e di dubbio gusto, nonché attinenza col mondo stesso della Formula 1, vengono tolti i veli alla prima, vera vettura della nuova stagione: l’Alfa Romeo C43. Oltre a rinnovarsi completamente nella veste estetica, che altera i suoi colori originali per passare ad un abbinamento rosso e nero che colpisce per aggressività, la nuova nata di casa Alfa presenta tantissime novità sotto pelle, e non, che meritano di essere analizzate e comprese.

Un punto che, su queste nuove vetture, assume una strana e spesso impensata importanza è, tanto per incominciare, la livrea. Col peso minimo aumentato e le annesse difficoltà che si incontrano nel sottostare ad esso, non deve sembrar raro osservare parti di vettura in carbonio esposto con minuscole concessioni a ben poche aree coperte da pellicole colorate, in quanto, proprio attraverso questo espediente, è possibile ottenere un risparmio di peso più o meno significativo. Basti pensare che, in media, una verniciatura completa può arrivare anche a pesare un chilogrammo o poco più, a seconda di quanta se ne usa, e ogni metodo sostitutivo in grado di rimuovere qualche grammo di troppo è sempre il benvenuto.

Partendo dal muso, la parentela con la progenitrice C42 è assolutamente innegabile, in quanto viene mantenuta una simile configurazione della porzione collassabile attorno alla quale viene cucito, però, un sistema d’ali lievemente diverso. Oltre a sfoderare una sezione lievemente rastremata man mano che si sale verso quello che sembra un vanity panel, ovvero un vano d’accesso al gruppo sospensioni, si possono notare profili alari di diverso andamento se confrontati con quelli della monoposto precedente, puntando, in questo caso, a trovare un maggior equilibrio aerodinamico attraverso una generazione del carico più elevata. Questa architettura di tipo mista, costituita da una sezione principale a sviluppo quasi rettilineo e un’altra, all’estremità, rastremata per favorire l’effetto outwash, è in grado di generare sia vortici destinati al fondo, sia un buon carico verticale che può incidere positivamente sulla downforce complessiva, l’usura degli pneumatici e il bilanciamento aerodinamico tra anteriore e posteriore.

Quella anteriore è, però, l’unica parte realmente imparentata con la vecchia vettura. A partire dalla zona centrale, infatti, si assiste a un cambiamento radicale che coinvolge tutta la macchina è che ruota attorno ad un nuovo gruppo motopropulsore, di origine Ferrari, nonché a una nuova trasmissione di produzione Sauber. Procedendo per gradi, però, resta impossibile non soffermarsi su quante differenze si trovino nei pressi della cellula abitativa, rimasta forse l’unico grosso collegamento che unisce la C43 con la C42. L’imbocco delle pance riprende, in maniera molto evidente, il disegno mostrato da Ferrari sulla F1-75, munendosi di una bocca a sezione fortemente ogivale e di un andamento laterale marcatamente curvilineo, pur abbinando il tutto ad una interpretazione che svia molto presto da quella dei “parenti” di Maranello. Al di sotto di questa sezione si evidenzia, infatti, una porzione ampiamente scavata che, anche grazie alle nuove singole floor fences laterali — eredi dei bargeboard, intende massimizzare l’effetto downwash prodotto dal vortice che si crea in quella particolare area. Attraverso l’uso dell’effetto Coanda, parte di questo vortice viaggia verso il diffusore dopo essersi “riunito” con quello proveniente dalla superficie superiore della pancia, che sfrutta anch’essa il medesimo effetto in pieno stile Red Bull, mentre un’altra parte va ad alimentare il fondo attraverso i tagli multipli collocati sul bordo del marciapiede e costituiti da profili deportanti che, grazie ad un potente vortice, porta aria direttamente al di sotto della vettura, a tutto vantaggio del carico aerodinamico.

Un’altra area decisamente singolare è, poi, quella costituita dal cofano motore. Nonostante Alfa Romeo ci abbia abituati, negli anni, ad assistere a sviluppi completamente diversi in quanto a pance e roll-bar, prevalentemente per via della differente collocazione delle masse radianti che è, ricordiamo, a totale discrezione del costruttore di Hinwil, si tratta della prima volta in cui lo sviluppo della presa dinamica è articolato non secondo un singolo elemento snorkel, ma uno doppio con le due prese aventi i bordi d’attacco che giacciono su piani trasversali tra loro sfalsati. Il motivo che si cela dietro a questo particolarissimo layout non riguarda solo la collocazione della struttura deformabile verticale, che, ricordiamo, viene concepita come tale anche per ragioni di peso ridotto se comparata ad una tradizionale, ma riflette, soprattutto, i cambiamenti che sono avvenuti sotto pelle.

Le differenti imboccature sembrerebbero alimentare, infatti, elementi altrettanto distinti del propulsore come il compressore e il radiatore immediatamente retrostante la Power Unit, con due percorsi distinti che si fermano direttamente nella porzione anteriore del motore a combustione e l’altro in quella che lo scavalca, rispettivamente. L’architettura della nuova Power Unit di Maranello sembra poggiare su un nuovo scambiatore, ovvero l’intercooler, di stretta derivazione aeronautica e che trova spazio all’interno della V del motore, al di sotto del quale si trova, ancora, l’MGU‑H, anch’esso nuovo e dotato di layout sdoppiato ove stadio di turbina e di compressione sono separati tra loro attraverso il motogeneratore. Il nuovo sistema motopropulsore si abbina, come anticipato, ad una trasmissione e relativo alloggiamento completamente nuovi che, grazie ad un contestuale accorciamento e alleggerimento dello stesso, punta non solo a ridurre le inerzie ai poli del veicolo, ma anche a massimizzare la portata d’aria al di sotto e al di sopra del diffusore anche grazie alla rinnovata sospensione push-rod, che è stata disegnata proprio per evitare interferenze col flusso d’aria così come testimoniato dal particolare andamento del triangolo superiore fortemente inclinato per garantire un miglior effetto anti-dive, offrendo tra l’altro, la visione su un assieme particolarmente pulito, compatto e tecnicamente interessante.

Come più volte spiegato, il funzionamento del diffusore assume un’importanza cruciale laddove si intende usare l’effetto suolo in maniera più estesa, come nel caso delle Wing Car 2.0. Per quanto non si sia mostrato il fondo nella sua vera e definitiva versione, presumibilmente più articolata di quella che vediamo, è possibile comprendere la logica che ha portato a disporre di alcuni elementi che sono già apprezzabili dalle immagini di presentazione. Il particolare ed esteso sistema di megafoni è il primo dettaglio a balzare all’occhio, in quanto si lascia notare non solo per le dimensioni e la concezione spiccatamente Red Bull, ma anche perché rivela una sezione d’uscita inclinata verso il basso e che lascia intendere un diretto soffiaggio sulla beam wing immediatamente retrostante. Quest’ultimo elemento si contraddistingue per un profilo ad ala seghettata, ovvero avente un bordo d’uscita del profilo superiore simile a quello di un coltello dentellato al fine di ritardare il distacco dello strato limite e controllare il flusso in uscita attraverso la produzione di vortici, con migliorata estrazione d’aria dal diffusore e produzione di un più ampio campo di depressione posteriore quali più ovvie conseguenze. Tale soluzione non è nuova in Formula 1, in quanto già adottata in precedenza su un gran numero di vetture, come McLaren o Mercedes, nonché in tantissime applicazione di natura aeronautica e non sempre di recente sviluppo, come nel caso del celeberrimo Fokker Dr.1 di Manfred von Richthofen, noto ai più attraverso lo storico soprannome di “Barone Rosso”, che presentava una primitiva, ma senz’altro riconoscibilissima, ala con bordo d’uscita seghettato.

A detta dei tecnici Alfa Romeo, nonché della voce principale affidata al Direttore Tecnico Jan Monchaux, la nuova vettura è stata progettata puntando a correggere i difetti che la C42 aveva presentato al posteriore, lasciando intendere un maggior sviluppo sul fronte del gruppo anteriore e auspicando una eliminazione dei problemi di porpoising, anch’essi manifestati sulla progenitrice. La nuova nata di casa Alfa Romeo, l’ultima realizzata da Sauber sotto questo nome, presenta tantissimi spunti interessanti e decisamente originali, destinati a fare il loro debutto in pista, almeno nella forma su uno shakedown, al termine di questa settimana e non senza che via sia tantissima curiosità a circondare le prime tornate tanto da parte dei fan, quanto degli addetti ai lavori che possono intravedere, in essa, più di qualche rivelazione degna di nota.
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