Non ha vinto, è vero. Ma chi ha ascoltato Gené e si è gustato qualche giro on-board di Leclerc, ha comunque goduto come raramente prima d’ora.

Sin­ga­pore regala, da quan­do è entra­to in cal­en­dario, gare sem­pre ecc­i­tan­ti e ric­che di colpi di sce­na, e anche quest’an­no non è sta­to da meno. Las­ci­amo per un atti­mo da parte il risul­ta­to e con­cen­tri­amo­ci sulle emozioni pure. Non so voi, ma per­sonal­mente era da tem­po che non mi diverti­vo tan­to nel guardare qualche giro on-board.

Al set­ti­mo “uaaah Car­looo!” urla­to da Marc Gené in tele­cronaca, mi sono deciso ad ascoltar­lo e pre­mere quel famoso “bot­tone verde del­l’in­ter­at­tiv­ità” che sen­ti­amo decla­mare spes­so durante le corse dal duo di Sky. Ques­ta vol­ta, Marc ave­va ragione. Emozione pura.

Calati nel­l’abita­co­lo con Charles, si vede­va la sof­feren­za e la maes­tria di chi ha un tal­en­to cristalli­no e una pre­dis­po­sizione nat­u­rale per il mestiere del pilota. Per tut­to il peri­o­do in cui, dopo l’en­nes­i­ma Safe­ty Car, Leclerc è sta­to dietro a Checo Perez, ci siamo potu­ti gustare una gui­da d’al­tri tem­pi, fat­ta di sovrasterzi con­trol­lati e un volante che pun­ta­va sem­pre in direzione oppos­ta a quel­la del­la curva.

Era­no anni che non mi esalta­vo così.
Il pilotare di Leclerc era un eser­cizio di stile, un impas­to di nervi sal­di, rif­lessi e del­i­catez­za sul gas, mes­so a cuo­cere a fuo­co lento tra i muret­ti di Mari­na Bay.

Par­tendo dal pre­sup­pos­to che sicu­ra­mente la gui­da di Perez li davan­ti non era meno spet­ta­co­lare né meno effi­cace, dato che alla fine ha por­ta­to a casa la vit­to­ria, di quel­la del mon­e­gas­co, la lot­ta tra i due piloti di Red Bull e Fer­rari mi ha ripor­ta­to alla mente gare di altri tem­pi, quan­do la gui­da di tra­ver­so era nec­es­saria per far voltare la macchi­na in usci­ta e le gomme era­no tut­to fuorché per­for­man­ti se parag­o­nate agli stan­dard odierni.

Sem­bra­va di essere a cav­al­lo tra gli anni Set­tan­ta e gli anni Ottanta, quan­do la pulizia di gui­da era appe­na toller­a­ta e le vir­gole las­ci­ate a ter­ra dalle gomme non era­no frut­to di un errore ma di una neces­sità ben pre­cisa. Per svari­ate tor­nate, Leclerc ha mostra­to al mon­do una capac­ità di gui­da al lim­ite da far impallidire.

Un bal­lo, quel­lo del­la F1-75, che, tra un pas­so di dan­za mod­er­na e l’al­tro, muove­va negli spec­chi­et­ti di Perez nel­la sper­an­za di indur­lo ad un errore che non è mai arrivato.

Giri da bat­tic­uore, che mi han­no ripor­ta­to alla mente le ges­ta di Vil­leneuve e Sen­na, Mansell e Piquet, quan­do, con il loro piede destro ges­ti­vano non solo gli avver­sari, ma anche delle vet­ture che di stare all’in­ter­no dei lim­i­ti del trac­cia­to non ne ave­vano una gran voglia.

Tan­ti rischi, forse trop­pi, che han­no avu­to il mer­i­to di far­mi diver­tire come non mai. Per­ché per una vol­ta il risul­ta­to non con­ta. Ciò che con­ta è il sag­gio di gui­da che Leclerc ha dato in mon­dovi­sione, delizian­do i palati del­i­cati dei più accan­i­ti appas­sion­ati di For­mu­la 1 come di chi si sta innamoran­do di questo sport in tem­pi recenti.

Allo­ra gra­zie Marc Gené per aver­mi ricorda­to che il tas­to verde sul tele­co­man­do non serve a dare un toc­co di col­ore all’am­bi­ente , gra­zie a Charles e alla sua gui­da al lim­ite, gra­zie a Sin­ga­pore e al cir­cuito di Mari­na Bay, che ci ha per­me­s­so di gustare ques­ta splen­di­da corsa.

Ripren­den­do una frase arcino­ta, vin­cere non è impor­tante, è l’u­ni­ca cosa che conta.

Eppure, ogni tan­to, cre­do sia gius­to sof­fer­mar­si sul lato emo­ti­vo delle corse, sulle ges­ta dei piloti, che sono il vero moti­vo per cui siamo folle­mente innamorati di questo sport.

Ph. Scud­e­ria Fer­rari Press Office ©

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