La schiacciante prestazione di Max Verstappen e della Red Bull in quel di Spa, unitamente alla mancata reazione della F1-75 e all’ennesimo disastro strategico ai danni di Charles Leclerc, lasciano ben pochi dubbi su quale sia la strada intrapresa da entrambi i Titoli in palio quest’anno. Ma si è trattato più di una netta superiorità della RB18 o di una crisi tecnica della Ferrari, forse indotta anche dalla nuova Direttiva Tecnica 39?
Che Max Verstappen sia un pilota dotato di talento cristallino è ormai cosa nota e chiara agli occhi di tutti. Ma, nonostante ciò, non può che impressionare la sorprendente rimonta di cui si è reso protagonista in occasione del Gran Premio del Belgio e che non solo lo ha visto risalire in vetta partendo quasi dal fondo della classica, ma che ha persino prodotto una schiacciante vittoria ai danni di una Ferrari apparsa talmente in difficoltà da sembrare inerme. Tuttavia, nonostante il risultato sia alquanto lampante, le ragioni sono, come intuibile, molteplici e non del tutto comprese e possono essere imputate tanto ad un miglior assetto della monoposto di casa Red Bull, quanto ad un calo complessivo registrato dalla rivale di Maranello.
Ma andiamo per gradi.
Il circuito delle Ardenne è famoso per la straordinaria lunghezza e per la velocità che è capace di esprimere, alternando porzioni di pura rapidità ad altre in cui questa si abbina ad un ottimo grip aerodinamico, necessario per favorire le elevate percorrenze tipiche del settore centrale. In altri termini, si tratta di un tracciato ove, a far da padrona, è l’efficienza aerodinamica complessiva del veicolo, ovvero quel particolare rapporto tra carico verticale e resistenza all’avanzamento che permette di definire quanto bilanciato o meno possa essere il comportamento di una vettura nell’alternanza tra curve e rettilinei. Proprio il parametro in questione è uno dei cardini fondamentali di tutti i progetti firmati da Adrian Newey e, per questo, non deve sorprendere come anche la RB18 si inserisca in questo solco dimostratosi, nel tempo, assolutamente efficace e vincente.

Da un punto di vista strettamente aerodinamico, la RB18 adotta delle ali con una superficie complessiva maggiore rispetto a quelle utilizzate sulla F1-75 che, oltre a disporre di un angolo di attacco minore, producono meno carico a causa dell’area utile più bassa, rimasta differente anche dopo aver adottato il profilo posteriore “a cucchiaio” già visto a Baku. Questa semplice, ma cruciale, ragione sta alla base della miglior prestanza della vettura anglo-austriaca nei curvoni veloci della porzione centrale di Spa, ma questo fattore da solo non basta per spiegare come sia stato possibile preservare il vantaggio anche lungo il primo e il terzo settore, ovvero nei tratti più lunghi, veloci e rettilinei dell’intero circuito.
Per trovare una risposta a questa domanda, bisogna osservare il comportamento delle due vetture, affidate nelle mani di Max Verstappen e Carlos Sainz, già dalle qualifiche. Attraverso un confronto tra i due è emersa una miglior trazione da parte dell’olandese all’uscita de La Source, con quest’ultimo in grado di protrarsi fino all’inizio di Eau Rouge, oltre il quale la miglior velocità di punta della Ferrari si traduce in un breve vantaggio. Ciononostante, la RB18 resta comunque davanti proprio grazie a quel guadagno iniziale registrato a La Source, che annulla del tutto lo sforzo della F1-75 sul rettilineo del Kemmel appianando, così, le differenze in termini di prestazione velocistica pura anche nella sezione del Pouhon, dove la percorrenza in pieno di Carlos Sainz viene vanificata dalla miglior propensione nei cambi di direzione che la monoposto di casa Red Bull dimostra tra le curve restanti. Di conseguenza, la miglior prestazione complessiva della vettura anglo-austriaca sembra esser più figlia di alcuni elementi chiave come la trazione e la miglior efficienza aerodinamica piuttosto che di una schiacciante velocità sul dritto o lungo tutti i punti del tracciato.
Ma come ha fatto la RB18, allora, ad esser così dominante?
La verità è che una pista come Spa mette in grandissima evidenza la miglior trazione in uscita da alcune curve e permette di amplificare di molto il vantaggio accumulato su queste a causa della evidente ripercussione velocistica che si ritrova sulle successive, tanto che si tratti di appoggi veloci come Pouhon e Blanchimont quanto di estremi opposti come la Chicane finale o la ardua La Source. Anche a causa della forte compressione generata dall’Eau Rouge, i team sono forzati a ricorrere ad assetti generalmente più alti al posteriore, con conseguenze varie a seconda della natura stessa del veicolo in esame, ma col raggiungimento di un buon carico complessivo quale obiettivo comune per tutti.

In termini riassuntivi, dunque, è possibile affermare come Spa privilegi un assetto più alto e una downforce elevata al fine di mantenere un buon ritmo. Le due cose, però, non vanno esattamente di pari passo, in quanto una minor altezza del fondo dal manto stradale beneficia maggiormente la produzione di carico attraverso i canali Venturi che, grazie alla vicinanza all’asfalto, generano un più ricco flusso a bassa pressione già a velocità ridotte, pur producendo un inevitabile porpoising nelle curve più veloci con conseguenti e indesiderati rallentamenti dovuti proprio al saltellamento. Ed è proprio qui che sembra trovarsi la problematica di Ferrari che, in maniera assolutamente casuale e diametralmente in opposizione a quanto detto per la Red Bull, si è dimostrata più rapida nelle curve più lente costituite da Rivage, Stavelot e Bus Stop e, questo, almeno in qualifica.
In gara, infatti, la situazione è stata ben diversa. Come più volte intimato via radio proprio allo stesso Sainz, si è reso necessario evitare i cordoli in una serie di curve al fine di mantenere le oscillazioni verticali entro i limiti stabiliti dalla nuova metrica AOM. Il perché di questa decisione è da ricercarsi, a quanto pare, all’interno dell’impatto che la nuova Direttiva Tecnica ha avuto su Ferrari e sulla F1-75 che, come già ampiamente discusso, è stata in grado di sfruttare a proprio vantaggio la flessione programmata dello skid-block, potendo dunque contare su un assetto più basso senza incorrere in infrazioni di alcun genere. Tuttavia, potrebbe non trattarsi solamente di questo problema quanto, piuttosto, di una somma di elementi che potrebbe aver portato al deludente, in termini di distacchi, risultato in terra belga, ove le temperature più basse hanno messo in luce una criticità già mostrata da Miami e che è spesso stata definita come “coperta corta” per via della stretta correlazione tra l’altezza da terra e il conseguente carico, o scarico a seconda che si tratti si innalzamento o abbassamento della monoposto, delle superfici alari esterne, in grado di influenzare fortemente la resa e, dunque, il comportamento degli pneumatici. Per certo, l’introduzione della sopracitata normativa da parte della Federazione non ha facilitato le cose e, questo, costituisce sicuramente un ennesimo passo falso, in materia di correttezza decisionale, da parte di un organo regolatore che appare essere sempre confuso e poco coerente verso se stesso, gli addetti ai lavori e, per riflesso, il pubblico.
La combinazione di tutti questi fattori, sembra aver favorito nettamente entrambe le Red Bull, consentendo a Max Verstappen di siglare un risultato devastante sotto il profilo numerico e psicologico. Una buona dose di carico a bassa velocità e una downforce alle elevate percorrenze semplicemente fantastica hanno permesso di compensare la miglior prestazione della Ferrari lungo le curve più lente e sui rettilinei, ponendo non pochi quesiti circa i possibili esiti in quel di Monza, ove la velocità di punta indotta dalla diversa conformazione del tracciato potrebbe pagare di più rispetto al carico complessivo nel misto, comunque dotato di curve particolarmente lente dove la trazione conta quasi, se non quanto, la pura velocità di punta.
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