Il Gran Premio del Belgio vede l’introduzione della famigerata normativa tecnica 39, varata dalla FIA con forte supporto di Mercedes e pensata per controllare le flessioni del fondo. Basterà per rallentare Red Bull e Ferrari o si tratterà soltanto di uno specchietto per allodole?
Dopo tante anticipazioni, discussioni e ipotesi di varia natura, il momento della verità è finalmente arrivato. La pausa estiva si conclude con un grande classico della Formula 1 e il ritorno sul circuito di Spa-Francorchamps segna anche il debutto della TD039-22, ovvero della direttiva tecnica approvata dalla FIA al fine di porre un freno alla creatività finora “sfogata” sulle flessioni programmate del fondo vettura e, in particolare, dei movimenti relativi alla sezione anteriore più vicina al tea-tray.
In base ad alcuni dati raccolti da parte della Federazione, diverse sono state le emersioni relative ad alcune soluzioni, implementate proprio da Ferrari e Red Bull, al fine di trarre vantaggio da specifiche e, spesso, fantasiose interpretazioni al limite del regolamento. Ricordiamo che le monoposto a effetto suolo funzionano meglio quando sono più vicine all’asfalto per via della miglior interazione del fondo col manto stradale che, grazie all’altezza particolarmente ridotta, produce un flusso a bassa pressione in grado di generare un carico elevato pagando una spesa minima in termini di resistenza all’avanzamento, rendendo, dunque, la ricerca in tale ambito particolarmente produttiva ai fini prestazionali.

I modi attraverso cui raggiungere questo obiettivo sono molteplici e, spesso, alquanto ingegnosi e constano perlopiù di apposite e programmate flessioni degli skid block collocati nelle porzioni anteriori delle tavole regolamentari in Jabroc richieste dalla FIA al fine di evidenziare eventuali irregolarità nell’altezza minima da terra e per impedire, almeno sulla carta, l’abbassamento della vettura oltre una certa soglia. Questi accorgimenti hanno prodotto, quale più ovvia conseguenza, un ridotto saltellamento e un insieme di scintille minimizzato dal mancato strisciamento della placca in titanio sulla superficie stradale, sollevando alcuni dubbi da parte della concorrenza e, nello specifico, della Mercedes-AMG. Nonostante questi effetti siano stati palesati da molte vetture, almeno a questo punto del campionato, non sempre si è trattato di stratagemmi come quello descritto quanto, piuttosto, di un semplice innalzamento della monoposto stessa da terra, come fatto proprio dalla squadra anglo-austriaca per porre fine ad un porpoising sempre più ingombrante e, a suo dire, estremamente pericoloso.
Per quanto poco piacevole e certamente poco favorevole in termini di stabilità complessiva del veicolo, il porpoising non costituisce certamente il reale cardine della protesta mossa da Mercedes nei confronti di Red Bull e Ferrari, rivelatasi, in realtà, quale espediente sapientemente congegnato da Toto Wolff & Co. per porre un freno ai guadagni prestazionali delle suddette rivali, che dovrebbero aver giovato di una riduzione di qualche decimo grazie agli accorgimenti sopracitati.
La direttiva tecnica in questione, già discussa all’interno di un precedente approfondimento, ha puntato prima a facilitare un adeguamento delle squadre ai nuovi e ridimensionati limiti, per poi riservare l’introduzione delle stringenti verifiche e delle usure massime proprio al Gran Premio del Belgio. Oltre ai limiti più severi relativi alla flessione dello skid block attorno all’area del foro centrale, che, ricordiamo, dovrà ammontare a circa 2 mm su una distanza radiale di 15 mm disposti sul 75% della superficie complessiva, la TD039-22 si serve di un nuovo algoritmo attraverso cui monitorare l’oscillazione del telaio, altresì noto come Metrica di Oscillazione Aerodinamica o, se preferite la nomenclatura anglosassone, AOM.

In termini più semplici, la FIA intende controllare il numero di oscillazioni compiute dalla monoposto attraverso un apposito accelerometro collocato nei pressi del centro di gravità del veicolo al fine di rapportare il dato ottenuto con un limite massimo stabilito a priori e, eventualmente, richiamare il veicolo interessato ai box in caso di superamento nel corso di una sessione qualunque del week-end.
Da un punto di vista dei risultati, non ci si aspetta sorprese particolarmente eclatanti. Nel corso degli ultimi appuntamenti disputati prima della pausa estiva, i team hanno avuto tempo e modo per adeguarsi non solo alle nuove richieste regolamentari, ma anche all’algoritmo AOM, col quale ognuno sembra già aver preso confidenza e ciò vuol dire che i valori in campo, a meno di sconvolgimenti che esulano da queste ragioni, dovrebbero rimanere i medesimi già visti finora. Il dubbio si pone, pertanto, solo in corrispondenza di condizioni meteorologiche variabili, ovvero in quelle particolari circostanze ove, o per via del vento, o per precipitazioni, si potrebbe richiedere un cambiamento d’assetto dettato da fattori sicurezza direttamente imputabili alle misure fatte attraverso l’AOM, che potrebbero rivelare valori fuori scala anche nel caso di raffiche di vento eccessive che potrebbero innescare fenomeni di saltellamento anomali. Tuttavia, per ottenere una risposta certa, non resta che attendere l’ingresso delle vetture in pista già a partire dal venerdì di prove libere.
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