Il terribile incidente  di Guanyu Zhou ha scatenato enorme preoccupazione a causa della dinamica rocambolesca che lo ha innescato, pur senza produrre conseguenze per il pilota cinese. In particolare, a destare sospetti è stato il cedimento del roll-bar della sua Alfa Romeo C42, del tutto anomalo e fortemente pericoloso, che ha lasciato al solo Halo il ruolo di elemento salvavita. Analizziamo tutte le motivazioni dietro questo emblematico episodio.

San Halo. È questo uno dei nomigno­li di cui abbi­amo sen­ti­to par­lare con mag­gior insis­ten­za negli ulti­mi giorni e, in sen­so lato, negli ulti­mi anni e nelle più svari­ate cat­e­gorie com­pet­i­tive. Il dis­pos­i­ti­vo in ques­tione, inizial­mente tan­to osteggia­to per via di una estet­i­ca poco aggrazi­a­ta, è diven­ta­to un pal­adi­no qua­si indis­cus­so del­la sicurez­za in For­mu­la 1, tante sono state le volte in cui questo si è reso pro­tag­o­nista all’interno di inci­den­ti più o meno clam­orosi. Tut­tavia, quan­to accadu­to a Guanyu Zhou nel cor­so del Gran Pre­mio di Gran Bre­tagna ha ben pochi eguali di recente memoria.

Ph. Alfa Romeo F1 Team ORLEN ©

Il pilota cinese è sta­to, infat­ti, coin­volto in una rocam­bo­lesca parten­za in cui, a causa di un con­tat­to avvenu­to tra la sua Alfa Romeo e la ruo­ta del­la Mer­cedes di George Rus­sell, si è innesca­to un cap­pot­ta­men­to che lo ha por­ta­to dap­pri­ma a striscia­re a tes­ta in giù a oltre 200 km/h per poi avvi­tar­si in aria a causa del­la resisten­za prodot­ta dal­la ghi­a­ia, arre­stando la pro­pria cor­sa nell’intercapedine tra il muro di gomme e le bar­riere di pro­tezione. Nonos­tante la dinam­i­ca rac­capric­ciante, il pilota del­la scud­e­ria elveti­ca è usci­to sulle sue gambe e pres­soché incol­ume, fat­to sal­vo per il grande e inevitabile spavento.

Durante lo strisci­a­men­to a ter­ra, però, si è ver­i­fi­ca­to un episo­dio tan­to par­ti­co­lare quan­to ter­ri­bile, con­sis­tente nel­la rot­tura del roll-bar del­la vet­tura. La strut­tura di pro­tezione, pur aven­do resis­ti­to al forte impat­to ver­ti­cale imme­di­ata­mente suc­ces­si­vo al rib­al­ta­men­to, non è rius­ci­ta ad opporre una adegua­ta forza di con­trasto alla forza abra­si­va dell’asfalto e del­la ghi­a­ia, finen­do per essere tran­ci­a­ta qua­si di net­to e las­cian­do uni­ca­mente all’Halo il com­pi­to di preser­vare lo sfor­tu­na­to pilota da un fatale con­tat­to del­la pro­pria tes­ta con l’asfalto. La strut­tura in ques­tione, costru­i­ta in titanio e capace di sop­portare un cari­co ver­ti­cale di 12 ton­nel­late per 5 sec­on­di e di ulte­ri­ori 5 ton­nel­late appli­cate frontal­mente, ha dimostra­to tut­ta la pro­pria bon­tà, sop­peren­do alla gravis­si­ma caren­za alla quale il roll-bar non ha saputo far fronte.

Ma qual’è il moti­vo di un così ecla­tante e peri­coloso cedimento?

Ph. Alfa Romeo F1 Team ORLEN ©

Ad ess­er impu­ta­to quale mag­gior indizia­to è, nat­u­ral­mente il roll-bar del­la C42, cos­ti­tu­ito da un uni­co ele­men­to ver­ti­cale e per questo noto come lay­out “a lama.” Alla base di questo con­cet­to, più volte vis­to in For­mu­la 1 sin dai tem­pi del­la Fer­rari 640 F1, sep­pur coi dovu­ti dis­tin­guo, vi è il van­tag­gio aero­d­i­nam­i­co for­ni­to da una pre­sa di ali­men­tazione del motore che, gra­zie allo sdoppi­a­men­to del­la sezione d’ingresso, per­me­tte di ridurre la resisten­za all’avanzamento pur garan­ten­do un adegua­to appor­to d’aria al propul­sore. Per tale ragione, il team di Hin­wil ha deciso di far pro­pria ques­ta soluzione, traen­do anche un indub­bio van­tag­gio in ter­mi­ni di peso per via del­la assen­za del­la strut­tura tri­an­go­la­ta altri­men­ti uti­liz­za­ta su un roll-bar con­ven­zionale, risul­tan­do nel­la minor mas­sa finale del­la C42 che, ricor­diamo, è l’unica ad essere al di sot­to del peso min­i­mo rego­la­mentare.

Il telaio del­la mono­pos­to del Bis­cione, al con­trario di quan­to ipo­tiz­za­to da qual­cuno, è sta­to omologa­to seguen­do tutte le pro­ce­dure sta­bilite dal­la FIA, che preve­dono l’applicazione, per una dura­ta di 10 sec­on­di cias­cu­na, di una forza di 105 kN, 60 kN e 70 kN nelle direzioni ver­ti­cali, lat­er­ali e frontali rispet­ti­va­mente. Tut­tavia, una soluzione come quel­la di Alfa, per quan­to per­fet­ta­mente in rego­la da un pun­to di vista nor­ma­ti­vo, pre­sen­ta una resisten­za al taglio net­ta­mente dif­fer­ente rispet­to ad una tri­an­go­la­ta sec­on­do con­ven­zione clas­si­ca e, per questo, meno adat­ta a resistere alle forze come quelle, del tut­to par­ti­co­lari, dell’incidente accor­so a Zhou.

A valle di tali con­sid­er­azioni, è lecito aspet­tar­si un prossi­mo inter­ven­to del­la FIA in mate­ria, come è gius­to che sia. Per quan­to sia bel­lo assis­tere allo svilup­po di soluzioni sem­pre più orig­i­nali, la sicurez­za rimane un ele­men­to fon­da­men­tale e l’introduzione di para­metri più sev­eri e di nuove forme e for­mule di ver­i­fi­ca sim­il-dinam­i­ca potreb­bero facil­itare il rag­giung­i­men­to di tali scopi da qui a qualche mese o, al più, anno. Per cer­to, con­dizioni come quelle dell’incidente di domeni­ca sono dif­fi­cili anche solo da sim­u­la­re, per via del­la pluridi­rezion­al­ità delle forze di appli­cazione, ma, in nome del­la sicurez­za, è sem­pre impor­tante fare uno sfor­zo in più, grande o pic­co­lo che esso sia.

Ph. Vladimir Rys ©

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