Profondo scetticismo e preconcetti che faticano ad essere lasciati alle spalle: sono stati questi i due avversari più resilienti che Guanyu Zhou ha dovuto fronteggiare in questi primi mesi trascorsi all’interno dell’ambiente della Formula 1. Una nazione intera a coprirgli le spalle e a confidare nelle sue capacità di apprendimento che, passo dopo passo, hanno fatto sì che il giovane pilota possa ora affermare di essere il primo cinese nella lunga storia del Circus a conquistare dei punti nella classifica iridata. Ma le radici del suo talento vanno ricercate altrove.
Era il penultimo giorno di Maggio del 1999, quando Guanyu Zhou veniva alla luce: da pochi mesi a quella parte in Cina era cominciato ufficialmente l’anno del coniglio, animale dal forte significato simbolico nella cultura orientale. Secondo l’astrologia cinese, questa piccola creatura sarebbe in realtà contraddistinta da un’arguzia e un’agilità fuori dal comune, a cui bisogna aggiungere la credenza popolare legata ai cinque elementi, Terra, Acqua, Aria, Fuoco e Metallo: ed essendo il pupillo di Alfa Romeo nato nel corso dell’annata dedicata alla Terra, a caratterizzarlo sono l’ambizione e la laboriosità volte a raggiungere risultati invidiabili.
Dettagli, questi, che non hanno potuto fare altro se non aiutare l’ascesa dell’infante nativo di Shanghai, che sognava la Formula 1 fin dalla prima infanzia: aveva solamente sei anni, infatti, quando, mano nella mano con il padre esasperato dalla quantità di macchinine giocattolo che lo circondavano in casa, mise piede per la prima volta su un kart in un piccolo circuito indoor dedicato. Fu amore a prima vista, ma la scarsa tradizione motoristica del suo Paese lo costringe, agli albori della sua adolescenza, a trasferirsi in Inghilterra, la patria dell’automobilismo, dove si destreggia tra il lavoro svolto con il suo team, Strawberry Racing, e le difficoltà che porta l’essere un ragazzino in una nazione completamente sconosciuta.

Sono, tuttavia, le lunghe ore passate a migliorarsi che lo promuovono di categoria in categoria, facendo sì che, con pochi anni di militanza nelle formule minori (dove troviamo anche l’impronta della Ferrari Driver Academy), la voglia di dimostrare di Zhou venga premiata dall’allora team principal di Renault, Cyril Abiteboul, che gli lascia il volante della Renault R.S.20 per la durata dei test post stagionali in quel di Abu Dhabi al fianco di un due volte Campione del Mondo come Fernando Alonso. Dopo varie occasioni di prova che vengono lui concesse, il grande salto che lo vede legarsi alla compagine italiana con sede a Hinwil non viene visto di buon occhio dalla stampa (noi compresi, inutile negarlo) e dai sostenitori di Antonio Giovinazzi, che accusano il nuovo arrivato di avere, in un certo senso, comprato il suo posto a bordo della C42 a suon di sponsorizzazioni.
Dopo più di sette mesi dalla sua ufficializzazione, tuttavia, ad arrivare in maniera copiosa sono le opinioni positive condivise, soprattutto, dai membri della sua scuderia che vedono in lui un diamante grezzo, pronto a brillare nel momento in cui avrà interamente compreso come sfruttare al massimo le sue potenzialità e le sue capacità di rapido apprendimento: ultimo fra tutti Xevi Pujolar, responsabile di pista di Alfa Romeo, che ha lodato ai microfoni di RaceFans il suo numero 24 con queste parole di grande stima:
“Sta costruendo i suoi week-end in modo sempre migliore. Tanto in gara quanto in qualifica assorbe tutte le informazioni che gli forniamo e le usa per fare ciò che serve con gli pneumatici. Fa tutto questo senza errori ed è un processo virtuoso: se eviti incidenti, gara dopo gara aumenti la fiducia in te stesso e ne farai ancora meno. Questo è stato il suo punto di forza e, se riesce a continuare così, penso che abbia un grande futuro in Formula 1”.

Un avvenire, quello che aspetta il novello Guanyu, che, considerate le sue origini, non ha precedenti nello sport che tanto amiamo e, per tale ragione, si presta come una tela bianca alle ruote della sua monoposto per venire costellata da successi e soddisfazioni: appagamento che tutto deve a quel piccolo dal nome tanto simile a quello di uno tra i più memorabili eroi cinesi, il maestoso ed ermetico Guan Yu, e alla sua irrefrenabile fame di adrenalina.
La brama di emozioni forti, infatti, non è rimasta insaziata: un debutto in pista nel Gran Premio del Bahrain che gli regala la decima posizione e il primo punto in carriera basterebbero come biglietto da visita. Eppure non si è fermato qui. Navigando controcorrente, in balia di sfortuna e guasti tecnici che poco hanno a che fare con le sue capacità di guida, l’alfiere di Alfa Romeo ha sfiorato nelle due occasioni successive la zona punti, per poi marcare prepotentemente il suo territorio nell’ultimo Gran Premio del Canada che lo ha visto nono al passaggio sotto la bandiera a scacchi, ma che gli ha offerto su un piatto d’argento l’ottava piazza finale ai danni di quello stesso campione che, solo qualche anno prima, ammirava da lontano, in silenzio, dall’altro lato del box che, per qualche sessione, lo aveva accolto insieme alle sue aspirazioni.
Perché quando un bambino preferisce la solitudine dell’abitacolo circondato dal rombo dei motori alla fragorosa compagnia dei coetanei, l’unica sprone che è possibile leggere tra le righe è una passione smisurata contornata dalla determinazione, che porta la possibilità di diventare l’unico nella storia di una nazione che di tradizioni ne vanta a bizzeffe a raggiungere la gloria eterna anche nella classe regina dell’automobilismo.
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