Echi che sanno di un glorioso passato ai quali si mescolano il meglio del presente e del futuro. Così potrebbe esser descritta, per sommi capi, la Ferrari 296 GTB che, forte di un V6 sovralimentato da 2.9 litri e di un sistema ibrido plug-in, sprigiona 830 cavalli complessivi, conferendo a questa splendida berlinetta una doppia anima tanto degna della migliori delle supercar moderne, quanto di una perfetta vettura da uso quotidiano. Tuffiamoci appieno nel meglio che la Casa di Maranello può offrire al giorno d’oggi.

Sen­za trop­pi giri di parole, potrem­mo dire che le Fer­rari sono tut­to fuorché auto ordi­nar­ie. Nul­la, in esse, è con­ven­zionale o banale e restare indif­fer­en­ti, dinanzi a quei col­ori acce­si, il sound graf­fi­ante e una com­mistione di trat­ti sin­u­osi e tagli­en­ti al tem­po stes­so, res­ta un’impresa impos­si­bile persi­no per il più geli­do degli osser­va­tori. E siamo sicuri che, anco­ra una vol­ta, tut­to ciò si ripeterà non appe­na, a com­par­ire dinanzi ai pro­pri occhi, sarà la 296 GTB.

Per Fer­rari, la berlinet­ta in ques­tione rap­p­re­sen­ta un’opportunità del tut­to par­ti­co­lare, se non addirit­tura uni­ca. In essa, infat­ti, sono rac­colti due ele­men­ti che la ren­dono, almeno ad un pri­mo assag­gio tec­ni­co, una vera e pro­pria novità e che sono cos­ti­tu­iti dall’architettura ibri­da e dal nuo­vis­si­mo, intri­ca­to motore V6 sovral­i­men­ta­to da 2.9 litri. In tale modo, la Casa di Maranel­lo non solo pen­e­tra un mer­ca­to des­ti­na­to ad affer­mar­si sem­pre più e in parte già inau­gu­ra­to da una sim­i­le rivale d’Oltremanica, ovvero la McLaren Artu­ra, ma coglie la pal­la al bal­zo per far­lo seguen­do il pro­prio, per­son­alis­si­mo stile.

Sec­on­do una scuo­la pret­ta­mente “Man­zo­ni­ana” tipi­ca di tutte le Fer­rari degli ulti­mi dieci anni, la 296 GTB attinge a piene mani da quelle che sono le sfide, poste dal­la com­p­lessa piattafor­ma ibri­da di cui si dota, al fine di intro­durre una serie di inno­vazioni che riguardano tut­ti gli aspet­ti del vei­co­lo. Visi­va­mente par­lan­do, la nuo­va nata del Cav­alli­no si con­trad­dis­tingue per una lin­ea equi­li­bratis­si­ma ma, al con­tem­po, dota­ta di quel­la carat­ter­is­ti­ca fusione tra pas­sato e pre­sente che tan­to iden­ti­fi­ca le auto­mo­bili fir­mate dal­lo staff di Flavio Man­zoni. In questo caso, par­ti­co­lar­mente evi­dente è la par­entela stilis­ti­ca che la 296 GTB ha con la 250 LM che, col carat­ter­is­ti­co taglio ver­ti­cale del lunot­to, la pre­sa d’aria lat­erale a pro­pria vol­ta evi­den­zi­a­ta da una “char­ac­ter-line” che parte dal­la sezione ante­ri­ore per poi chi­ud­er­si parzial­mente attorno al mon­tante C e, infine, l’imponente mus­co­lo pos­te­ri­ore, por­ta con se echi che san­no di un pas­sato glo­rioso e, nondi­meno, vincente.

Tut­tavia, quel­li in ques­tione costru­is­cono solo alcu­ni dei car­di­ni attorno ai quali è sta­ta prog­et­ta­ta la nuo­va vettura.

La 296 GTB si è dovu­ta, infat­ti, con­frontare con una serie di prob­lem­atiche tutt’altro che banali che, come ormai con­sue­to, si sono trasfor­mate in oppor­tu­nità per i prog­et­tisti e gli stilisti. Le neces­sità legate al raf­fred­da­men­to dell’unità ter­mi­ca, nonché di quel­la elet­tri­ca e dei freni ante­ri­ori, ha impos­to vin­coli impor­tan­ti in mate­ria di aper­ture, por­tan­do alla definizione di una impostazione di base molto rac­col­ta e omo­ge­nea, in parte parag­o­nabile a una speed­form, da cui sono state ottenute le super­fi­ci aero­d­i­namiche e di cool­ing medi­ante sot­trazione, ovvero sca­v­an­do dei con­dot­ti rimuoven­do mate­ri­ale sen­za l’aggiunta alcu­na di orpel­li altri­men­ti osti­ci a liv­el­lo visi­vo. Ciò che colpisce di più di ques­ta vet­tura è dato, infat­ti, dal­la natu­ra “bio­mor­fa” delle linee che, gra­zie all’assenza di spigoli evi­den­ti, per­me­tte di sfog­gia­re un frontale lis­cio e appun­ti­to su cui spic­cano una ampia griglia, comunque per­fet­ta­mente amal­ga­ma­ta al resto del­la sezione, e due mus­coli che con­feriscono alla vet­tura un aspet­to grin­toso e acquat­ta­to sull’asfalto. Ad accennare ulte­ri­or­mente il carat­tere del mod­el­lo vi sono, poi, i fanali ante­ri­ori che, sec­on­do una ingeg­nosa intu­izione, sono accop­piati ai con­dot­ti des­ti­nati al raf­fred­da­men­to dei freni, affi­dan­do alle sole porzioni lat­er­ali il com­pi­to di proi­ettare i fas­ci di luce lun­go la stra­da. Così facen­do, è sta­to pos­si­bile donare alla vet­tura un’espressività alquan­to carat­ter­is­ti­ca e mod­er­na, dota­ta di quel­la forte oriz­zon­tal­ità che deno­ta, da qualche tem­po a ques­ta parte, alcu­ni dei più recen­ti mod­el­li di Maranel­lo, Roma su tutti.

La sezione cen­trale del vei­co­lo cos­ti­tu­isce, come antic­i­pa­to, una delle aree più inter­es­san­ti di tut­to l’insieme, non solo per­ché rac­chi­ude, in esso, l’anima e il cuore del­la vet­tura, ma anche per­ché cos­ti­tu­isce l’esempio per­fet­to di con­viven­za tra pas­sato e pre­sente. La green­house risul­ta essere par­ti­co­lar­mente alleg­geri­ta da uno splen­di­do parabrez­za che, pren­den­do in presti­to un ter­mine tipi­ca­mente anglosas­sone, si con­trad­dis­tingue per la duplice architet­tura “pil­lar-less” e “wrap-around”, ovvero in cui, gra­zie alla ver­ni­ciatu­ra nera dei mon­tan­ti, è pos­si­bile con­ferire una con­no­tazione sim­i­le a quel­la, inin­ter­rot­ta, del­la visiera di un cas­co. A ren­dere ancor più inter­es­sante l’esecuzione, oltre al già cita­to taglio del lunot­to che rie­vo­ca in maniera diret­ta quel­lo del­la 250 LM, vi è la par­ti­co­lare cop­er­tu­ra del motore che, gra­zie alla pre­sen­za di un este­sa super­fi­cie traspar­ente, las­cia intravedere la mec­ca­ni­ca qua­si la si guardasse attra­ver­so una lucidis­si­ma las­tra di cristal­lo.

Un’ulteriore pro­va di come si pos­sa richia­mare il pas­sato lan­cian­dosi nel futuro è data anche dal­lo spec­chio di coda. Su quest’ultimo si stagliano, così come in parte antic­i­pa­to dal­la già men­zion­a­ta Roma, degli inedi­ti grup­pi otti­ci che, gra­zie alla par­ti­co­lare sago­ma mist­i­lin­ea dei LED, rie­vo­cano la clas­si­ca architet­tura a doppio faro tipi­ca di Fer­rari, donan­do, però, un nuo­vo e forte sen­so di oriz­zon­tal­ità che viene mar­ca­to da una lin­ea nera che, cor­ren­do da un lato all’altro, con­giunge la fana­le­ria sma­gren­do il pos­te­ri­ore. Il tut­to è sta­to rac­chiu­so all’interno di un taglio tipo fast­back all’interno del quale tro­va spazio un ampio sfo­go, in parte inter­rot­to dall’ampio scari­co, alto e cen­trale, e che dona alla 296 GTB una forte con­no­tazione sporti­va, mod­er­na e, al tem­po stes­so, ele­gante e sofisticata.

Sot­to lo splen­di­do abito prepara­to dal sar­to Man­zoni e dai suoi abilis­si­mi col­lab­o­ra­tori si pre­sen­ta, qua­si a far da con­traltare alla eccezionale purez­za for­male, un con­cen­tra­to di tec­nolo­gia che com­bi­na un’iniezione di novità tan­to sot­to il pro­fi­lo ter­mi­co, quan­to su quel­lo elet­tri­co. La berlinet­ta, come ampia­mente dis­cus­so, affi­da la motric­ità ad un ined­i­to moto­propul­sore da 2.9 litri, siglato F163 e con­trad­dis­tin­to dal­la par­ti­co­lare architet­tura a 6 cilin­dri a V di 120º che, con riman­di che por­tano alla mente la stor­i­ca 126 CK del 1981, ovvero la pri­ma vet­tura di For­mu­la 1 del Cav­alli­no ad essere muni­ta di sovral­i­men­tazione medi­ante tur­bo­com­pres­sori, pre­sen­ta i col­let­tori di scari­co e gli annes­si tur­bo­grup­pi IHI all’interno dal­la V cal­da, altresì nota come “hot-vee”. Il risul­ta­to è un abbas­sa­men­to del bari­cen­tro com­p­lessi­vo, nonché una ottimiz­zazione degli spazi cir­costan­ti che, gra­zie a questi accorg­i­men­ti con­sente un miglior svilup­po dei Ven­turi e una più effi­cace dis­per­sione del calore gen­er­a­to. Ad esso si abbina una unità elet­tri­ca da 167 CV che, se com­bi­na­ta a quel­la ter­mi­ca, por­ta a ben 830 cav­al­li la quo­ta com­p­lessi­va prodot­ta, pur poten­do con­tare alter­na­ti­va­mente su un fun­zion­a­men­to com­bi­na­to delle stesse oppure, attra­ver­so la scelta di appo­site modal­ità pre­dis­poste dal Manet­ti­no, sul­la sola fun­zion­al­ità elet­tri­ca a sec­on­da delle necessità.

Il risul­ta­to finale è un con­cen­tra­to di inno­vazione che guar­da alle neces­sità future del mer­ca­to, pur sen­za dimen­ti­care quelle che sono le radi­ci alla base di un mar­chio glo­rioso e bla­sonato come Fer­rari. Con la 296 GTB, la casa di Maranel­lo por­ta alla luce un prodot­to che sa rispon­dere alle esi­gen­ze di un mon­do sem­pre più in evoluzione, dove l’elettrificazione è diven­ta­ta qua­si un must, e per far­lo si avvale di una ricetta, quel­la del­la berlinet­ta a sei cilin­dri, in prece­den­za vista solo sul­la ormai lon­tana, ma pur sem­pre icon­i­ca, Dino 206 GT. Un insieme che affon­da cer­to le sue radi­ci nel pas­sato, ma che si proi­et­ta nel futuro con uno slan­cio mod­er­no e dal sapore squisi­ta­mente italiano.

Ph. Fer­rari ©

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