Basta un sibilo, un fischio in diretta, e tutto si spegne. Basta poco per trasformare una gara già vinta in un incubo pomeridiano che rianima ricordi ormai chiusi in un cassetto remoto della mente.
Il silenzio inonda la sala, mentre gli avanzi del pranzo giacciono sul tavolo in attesa che la gara finisca. Il cibo, non ancora digerito, langue nello stomaco con il caldo che rallenta la digestione. Divano, condizionatore e Vanzini. Il primo cerca di rapirmi verso un sonno profondo, gli altri provano a tenermi in vita per arrivare a vedere la fine di una gara già scritta. Leclerc domina, come non si vedeva da Melbourne. Il ritmo è sostenuto ma non esasperato, segno evidente di una gestione delle gomme che possa permettere una strategia conservativa e vincente. Oggi non serve rischiare. Con Verstappen intruppato dietro Russell e con problemi al DRS, Charles può permettersi di gestire.

Mentre la vittoria è lì, a portata di mano, i miei occhi attendono solo il pit stop della rossa numero 16, percepito come unico ostacolo verso il trionfo, per chiudersi in una visione tranquilla destinata ad interrompersi bruscamente solo con l’urlo del commentatore alla vittoria di quello che viene da tempo definito “il predestinato”. Ma tra l’aria rinfrescante di quell’aggeggio strettamente necessario nelle estati bolognesi chiamato condizionatore e la beatitudine di chi può dormire sonni tranquilli, si frappone un sibilo acuto e troppo spesso sentito, un cenno di abbandono che mai vorresti sentire.
Il giro ventisette inizia come tutti gli altri, con Leclerc in gestione con l’unico obiettivo di fare due soli pit stop e le telecamere della regia internazionale focalizzate sulla battaglia per il secondo posto tra Red Bull e Mercedes.
Poi di colpo lo stacco, Leclerc che procede lentamente in Curva 10 e urla via radio lo stessa cosa che noi tutti abbiamo urlato alla televisione: “Nooooo”.

Occhi strabuzzati, miracolosamente aperti contro la TV nella speranza che fosse solo e soltanto un brutto sogno. Non era così, purtroppo, e un on-board chiarisce ogni dubbio. Leclerc approccia Curva 9 e un sibilo acuto precede una scalata pregna di speranza. Ma non ci sono dubbi. Il turbo è andato, non c’è più pressione. Poi un on ‑board chiarificatore fa svanire ogni dubbio: un fischio tanto drastico quanto drammatico, che ha riportato alla mente dei più anziani la cosiddetta “turbo-era” degli anni Ottanta, quando questo suono era ormai diventato familiare al grande pubblico.
Un fischio, lo stesso del papà che tornato stanco dal lavoro faceva affacciato al balcone per richiamarmi a casa la sera per cena, domenica mi ha riportato ad una mondo che credevo superato, ad una realtà drastica e reale: le turbine si possono rompere. Anche in Formula 1, anche nel 2022. E mentre quel sibilo urlava nella mia mente, gli occhi si abbandonano ad un sonno profondo e rassegnato, quello di chi non ha le forze di assistere al trionfo di un avversario fino a poco tempo prima dato per spacciato.
Ph. Scuderia Ferrari Press Office ©
Incrociamo le dita I piloti della Ferrari non meritano queste delusioni! E men che meno tutti gli appassionati ferraristi. Fate qualcosa vi prego!!!!