Il Gran Premio di Miami ha visto trionfare Max Verstappen e la sua RB18, che priva la Ferrari e Charles Leclerc di un risultato parzialmente ipotecato con la pole del sabato grazie ad una serie di aggiornamenti particolarmente azzeccati. Tuttavia, la monoposto di Maranello potrebbe avere più di qualche carta da giocare già nell’immediato futuro, con una serie di importanti aggiornamenti mirati a ristabilire le gerarchie in fase di gara. Analizziamo nel dettaglio lo stato dell’arte delle due vetture più competitive del lotto.
Nonostante la partenza al palo ottenuta da Charles Leclerc a bordo della sua F1-75 in occasione del primo Gran Premio di Miami avesse lasciato ben sperare, poche sono state le reali chance di vittoria su cui contare una volta spente le luci del semaforo. Tuttavia, per quanto catastrofista questa premessa e questo risultato possano sembrare agli occhi dei tifosi ferraristi, è sempre bene aver a mente che, per giocarsi un titolo, bisogna anche sapersi “accontentare”, tenendo conto che si parla pur sempre di due eccellenti secondo e terzo posto (quest’ultimo ottenuto da Carlos Sainz, ndr).
Il vero motivo di quella che è stata più volte e alternativamente definita una mancata vittoria e, al contempo, una sconfitta Ferrari, è da ricercarsi in una serie di ragioni tecniche ben precise, tutte risiedenti all’interno del pacchetto costituito dalla vettura marchiata Red Bull. La scuderia anglo-austriaca ha, infatti, apportato un’importante serie di aggiornamenti alla propria RB18, tutti prevalentemente mirati a migliorare il trattamento che la monoposto riservava alle mescole in fase di gara, costituendo il vero handicap di un veicolo complessivamente ben riuscito e con altissimo potenziale realizzativo che, almeno nelle prime tre o quattro gare, è rimasto in parte inespresso.
Secondo una filosofia puramente Neweyana e per la quale è necessario creare una buona base su cui installare una specifica componentistica concepita ad-hoc in base alle caratteristiche della destinazione più prossima in calendario, sono state riviste tutte le tarature del sistema sospensivo che è, ora, in grado di far lavorare meglio la gomma. Pare, infatti, che in Red Bull siano riusciti a sfruttare appieno i vantaggi derivanti dalla soluzione pull-rod montata all’avantreno che, grazie ad un efficace scarico delle forze su tre componenti distinti come barre di torsione, barre anti-rollio e terzo elemento della sospensione, può far lavorare meglio l’intero sistema veicolo. Come?
Per quanto complesso possa sembrare, il discorso appare, in realtà, ben più semplice se si vanno a scomporre gli elementi tra loro, come in parte citato poco fa. Nello specifico, si può notare come le barre di torsione, all’estremità delle quali si trovano quelle anti-rollio, tra loro collegate, si influenzino a vicenda durante la fase di percorrenza in curva dove, in risposta al caricamento della sospensione esterna, si ottiene una reazione in verso contrario che spinge la monoposto in basso, migliorando l’efficienza aerodinamica durante la fase in questione e, di conseguenza, aiutando la generazione del carico. In aggiunta a ciò, vi è l’azione esercitata dal terzo elemento idraulico della sospensione che, grazie alla collocazione situata tra le due barre di torsione, permette di definire la massima escursione verticale in beccheggio e, dunque, in staccata. Il risultato è una stabilizzazione dei movimenti della vettura nelle varie condizioni citate, annullando anche il deleterio pompaggio che andrebbe a bloccare intermittentemente lo scorrimento del flusso lungo il fondo vettura a tutto beneficio tanto dell’aerodinamica, quanto delle gomme stesse.
Ad aiutare questa serie di sviluppi sono stati, però, anche alcuni fattori ambientali e circostanziali. In primis, va segnalato lo scarso potere aderente dell’asfalto che, secondo una triste consuetudine tipica dei circuiti cittadini e semi-cittadini, si è rivelato troppo scivoloso e mal bitumato, con qualche tendenza a sfaldarsi che ha costretto gli organizzatori a correre ai ripari nella notte, programmando dei lavori “tampone” in grado di restituire un miglior feedback ai piloti. Questo fattore ha fatto sì che Ferrari non fosse indotta a disporre della nuova ala scarica altrimenti prevista per questo layout, portando a puntare sul massimo carico e sulla miglior trazione in uscita curva su un percorso che avrebbe, almeno sulla carta, sconsigliato l’utilizzo di un assetto più scarico. Tuttavia, un drastico calo delle temperature nella notte tra il sabato e la domenica, quantificabile in una differenza di circa 18° C tra un giorno e l’altro, ha fatto si che quella scivolosità naturale del tracciato venisse in parte annullata, favorendo un setup a più basso carico che si è dimostrato, per questo, più gentile con le gomme anche in virtù del gradiente appena espresso. Per questo, a causa della eccessiva aderenza, del più alto carico e del minor tempo richiesto dalla Ferrari per portare in finestra d’esercizio le proprie mescole, non è stato possibile battagliare a pieno titolo coi rivali anglo-austriaci per la prima posizione, per i quali il delta di velocità e di consumo degli pneumatici ha davvero fatto la differenza.
Se, a tutto ciò, si aggiungono altre migliorie sparse nei vari punti della monoposto, si può perfettamente intuire quanti passi in avanti siano stati compiuti se ci si relaziona a quanto operato da Ferrari che, al netto di queste considerazioni, è rimasta sostanzialmente la stessa da inizio campionato. Una considerazione che riflette, però, una pianificazione normale per la Scuderia di Maranello, che preferisce apportare aggiornamenti più cospicui in occasioni specifiche come quella, ormai prossima, del Gran Premio di Spagna.
Proprio in questa occasione, gli uomini del Cavallino cercheranno di apportare delle migliorie sul fronte della versatilità della monoposto, partendo da una base che potrebbe essere non solo adattabile ai vari circuiti pur mantenendo intatti gli equilibri di base, soprattutto in materia di trazione meccanica, ma anche in grado di ampliare il proprio “raggio d’azione” su quelle piste che, per vari motivi che vanno dall’impostazione attuale della F1-75 alle circostanze ambientali come quelle sopracitate, non erano state finora troppo favorevoli alla vettura italiana. Nello specifico, gli sforzi dei tecnici italiani potrebbero concretizzarsi, da subito, su un nuovo fondo e su dei gruppi alari, ovvero alettoni anteriore e posteriore, di nuovo e più scarico disegno, a cui si accompagneranno dei profili dalla curvatura studiata appositamente per ridurre la resistenza all’avanzamento altrimenti prodotta dalle attuali superfici. A ciò potrebbe far eco un nuovo fondo vettura che, se corredato da un sistema cinematico dalle tarature rivisitate e, soprattutto, da un ammortizzatore del fondo anch’esso rivisto sotto il profilo elastico, potrebbe portare ad una riduzione dell’altezza da terra, a tutto beneficio di un ridimensionato porpoising e di una minore distanza del fondo dal suolo, favorendo la generazione di quel flusso a bassa pressione che, al netto di un carico in uscita molto elevato, produce ben poca resistenza.
Di conseguenza, Ferrari potrebbe rinnovare e ritrovare quell’efficienza aerodinamica che potrebbe tornare, già dal prossimo appuntamento catalano, estremamente utile in ottica iridata, mantenendo comunque intatto un equilibrio meccanico che, allo stato corrente, potrebbe fare la differenza sulle piste più tortuose presenti in campionato.
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