Tale capolavoro doveva essere svelato al pubblico al Salone Internazionale di Francoforte del 2007, ma i fratelli Wiesmann, in polemica con gli organizzatori della manifestazione per la sistemazione riservata al piccolo ma elitario brand, decisero di sfruttare un loro showroom, situato sempre nella città tedesca, per mostrare al mondo la loro creatura. Un vero e proprio mostro di potenza, che impressiona ancora oggi.

Il rifer­i­men­to al mon­do ani­male non è inusuale nel set­tore auto­mo­tive. Tan­ti sono i marchi, infat­ti, che han­no adot­ta­to come sim­bo­lo degli esseri prove­ni­en­ti da tale mon­do, dal Cav­alli­no Ram­pante del­la Fer­rari, al Toro del­la Lam­borgh­i­ni, pas­san­do per il Leone di Peu­geot, il Giaguaro del­l’omon­i­mo brand bri­tan­ni­co e tan­ti altri anco­ra. Tutte belve carat­ter­iz­zate da forza bru­ta o prestanza atlet­i­ca e per questo capaci di inti­morire gli avver­sari. Eppure esiste, in natu­ra, un ani­male comune, che cir­co­la in cit­tà e si muove attorno, se non all’in­ter­no, delle nos­tre case, ed è tenace, caparbio, irru­en­to e atipi­co, per­ché capace di arrampi­car­si ovunque e muover­si rap­i­da­mente aderen­do alle super­fi­ci anche a tes­ta in giù.

Già, per­ché il geco, questo l’an­i­male in ques­tione, gra­zie ai mil­ioni di peli pre­sen­ti sulle cinque dita delle sue zampine che molti­pli­cano le deboli forze elet­tro­mag­netiche di inter­azione con la super­fi­cie, riesce a gener­are un grip fenom­e­nale sfrut­tan­do la cosid­det­ta forza di van der Waals. Pro­prio ques­ta dote uni­ca ha spin­to i fratel­li Fried­helm e Mar­tin Wies­mann ad uti­liz­zar­lo come sim­bo­lo per le pro­prie crea­ture, con l’o­bi­et­ti­vo di proi­ettare nelle auto quel­lo che è il geco in natu­ra: unic­ità ed aderen­za. Un mar­chio, Wies­mann, capace di las­cia­re ester­refat­to il pub­bli­co con le sue creazioni, tan­to mod­erne e tec­no­logi­ca­mente avan­zate nel­la mec­ca­ni­ca quan­to retrò nel­lo stile. Un esem­pio? La Wies­mann MF5 GT V10.

L’au­to fece scal­pore pri­ma anco­ra del­la sua pre­sen­tazione. La MF5 GT dove­va essere sve­la­ta al pub­bli­co al Salone Inter­nazionale di Fran­co­forte del 2007, ma i fratel­li Wies­mann, in polem­i­ca con gli orga­niz­za­tori del­la man­i­fes­tazione per la sis­temazione ris­er­va­ta al pic­co­lo ma eli­tario brand, decis­ero di sfruttare un loro show­room, sit­u­a­to sem­pre nel­la cit­tà tedesca, per mostrare al mon­do la loro crea­tu­ra. Solo guardan­dola si capisce di essere di fronte a qual­cosa che va al di fuori del­l’or­di­nario. La MF5 GT è bas­sa e larga, come ogni super­car che si rispet­ti, con i suoi clas­si­ci quat­tro fari sin­goli sia all’an­te­ri­ore che al pos­te­ri­ore, che riescono nel­l’im­pre­sa di far­la apparire più docile e man­sue­ta di quan­to non sia in realtà. Già, per­ché l’estet­i­ca è sta­ta model­la­ta anche e soprat­tut­to in fun­zione del­la meccanica.

Il telaio mono­scoc­ca in allu­minio ospi­ta infat­ti al suo inter­no quel­lo che negli anni Duemi­la è sta­to il Sacro Graal dei motori aspi­rati, entu­si­as­man­do tut­ti per per­for­mance e sound. Già, per­ché sot­to il cofano del­la MF5 GT riposa sornione un V10 da 4999 cm³, con ale­sag­gio e cor­sa di 92x75.22 mm ed un rap­por­to di com­pres­sione pari a 12:1. Se questo non vi aiu­ta, sap­pi­ate anche che questo propul­sore ave­va una pecu­liar­ità che gli per­me­t­te­va di dis­tinguer­si da tut­ti gli altri alle orec­chie degli ascolta­tori. Sti­amo par­lan­do del mostru­oso S85B50, ovvero il V10 aspi­ra­to prog­et­ta­to da BMW che spinge­va le M5 (E60 e E61) e le M6 del­l’e­poca.

Un motore eccezionale, svilup­pa­to ex-novo dal colos­so bavarese, la cui par­ti­co­lar­ità con­siste nel fat­to che l’al­bero a gomi­ti è sta­to costru­ito come se fos­se des­ti­na­to ad un cinque cilin­dri. Esso pog­gia su sei sup­por­ti di ban­co, come di nor­ma su un V10, ma con soli cinque perni di manovel­la anziché dieci e su ognuno dei quali viene ada­gia­ta una cop­pia di bielle. Le fasi di scop­pio dei cilin­dri sono, inoltre, sfasate di 144° tra loro, ovvero sec­on­do la stes­sa sequen­za nor­mal­mente adot­ta­ta da un motore a cinque cilin­dri men­tre, se osser­vati in fila, i perni di manovel­la pre­sen­tano una dif­feren­za di 72º cias­cuno. Di con­seguen­za, il fat­to che l’an­go­lo delle ban­cate non assec­on­di la dis­po­sizione dei perni a manovel­la, fa sì che le fasi di scop­pio dei cilin­dri non avvengano uni­forme­mente, ma alter­nata­mente a 90° e 54°. Ques­ta speci­fi­ca tec­ni­ca dona al fan­tas­ti­co S85B50 un sound tut­to suo, che nel­la Wies­mann MF5 GT V10 viene esalta­to da uno scari­co speci­fi­co.

Gra­zie a questo motore, il gioielli­no del­la fac­to­ry di Dül­men può vantare una sin­fo­nia uni­ca al mon­do, spes­so annover­a­ta tra le più belle di sem­pre. Ma la MF5 GT non è solo sound. L’es­pe­rien­za di gui­da non può pre­scindere dalle per­for­mance che, con 507 cav­al­li ed una cop­pia di 520 Nm, per­me­t­tono alla Wies­mann di bru­cia­re lo scat­to 0–100 km/h in 3,9 sec­on­di e di toc­care i 280 km/h. Wies­mann ha prodot­to soltan­to 56 MF5 GT V10 totali, di cui ben 43 in ver­sione Road­ster (in foto). Un numero vera­mente esiguo, dovu­to al fat­to che ognuno di questi gioielli­ni veni­va prodot­to a mano, imp­ie­gan­do oltre 350 ore di man­od­opera. Una vera e pro­pria super­sporti­va, uni­ca nel suo genere e capace di sti­mo­lare con­tem­po­ranea­mente tut­ti i cinque sen­si. In Inghilter­ra, un gior­nale spe­cial­iz­za­to la definì una “super­car con l’agilità di una bal­le­ri­na”, azzec­ca­n­do sicu­ra­mente il par­al­lelis­mo, ma non ren­den­do del tut­to gius­tizia a quel­lo che la Wies­mann MF5 GT V10 è nel suo com­p­lesso: un vor­tice di emozioni, capace di gener­ar­si solo dal­la fusione di unic­ità e fol­lia poste al servizio del­la tecnica.

Ph. Wies­mann ©

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