Malizioso, cattivo e astuto. Charles Leclerc, alla ripartenza seguente il regime di Safety Car, ha effettuato una manovra capace di disarmare un tagliafuori di rara efficacia come Max Verstappen. Una mossa sottovalutata e poco analizzata, che andiamo oggi ad esaminare nel dettaglio.
Così border line non lo avevamo mai visto. Quasi al limite del disonesto, diciamolo pure. Nulla di irregolare a livello regolamentare, sia chiaro, ma quella ammirata a Jeddah è stata una mossa che si colloca su quel finissimo filo che si snoda tra l’etica e la morale sportiva, dove corretto e scorretto si mischiano in base a pericolose sensibilità personali.
Perché se a fare quella ripartenza dopo la Safety Car non fosse stato Charles Leclerc, bensì Hamilton o Verstappen, staremmo leggendo articoli e commenti inneggianti alla scorrettezza del ritrovato Mad Max o dello smaliziato inglese, solito a questi giochetti.
Immagino già chi, senza remore o pensiero alcuno, avrebbe tirato fuori dal primo cassetto della memoria l’incidente tra Hamilton e Vettel a Baku nel 2017, cercando parallelismi o similitudini in realtà inesistenti. Invece nulla, complice anche la staccata di Leclerc prima del DRS Detection Point al giro 47 che ha catalizzato l’attenzione. Una mossa passata in sordina, quasi offuscata da tutto il resto. Solo pochi accenni, più per cronaca che per altro.
Eppure, in quella mossa, c’è tanto del nuovo Charles Leclerc, di quel pilota che ha assaggiato il gusto della competitività e non vuole più farne a meno. Partendo dal presupposto che la mossa fatta alla ripartenza dal monegasco è stata geniale, perché gli ha permesso di guadagnare quel vantaggio necessario per tenere a distanza di sicurezza Max Verstappen, almeno fino alla Virtual Safety Car, bisogna a mio avviso sottolineare come Leclerc giunge a quella scelta e cosa ci sia dietro.
Verstappen è il peggior pilota che si possa avere alle spalle quando la Safety Car spegne le luci per rientrare ai box, perché in pochissimi sono in grado di mettere pressione come fa lui. Si muove spesso, non si accoda mai alla vettura che lo precede anzi cerca sempre di rimanere ben visibile negli specchietti. Max è destabilizzante. Leclerc, quest’anno, si è però fatto scaltro. Ha rallentato tanto, tantissimo, aspettando una mossa dell’olandese, un passo falso da cogliere al volo.
Nello zigzagare imperterrito di Verstappen, nel suo voler essere sempre il più vicino possibile all’altro, Leclerc ha lanciato l’amo e Max ha mangiato. Prima dell’ultima curva infatti, la Red Bull numero 1 si affianca all’esterno del 16 rosso per mettergli pressione, ma ottiene il risultato opposto. Charles non aspettava altro.
Charles ha guardato il muso della Red Bull, e appena oltre ha scorto il muro, per una occasione impossibile da non cogliere. Il muro vincola Verstappen a non potersi muovere né incrociare. È all’angolo, come un pugile che alla seconda ripresa sta incassando un montante secco e deciso sulla mandibola.
Ma Leclerc non si accontenta: quando dovrebbe iniziare a chiudere lo sterzo per entrare in Curva 27, lui continua ad andare dritto. Sa benissimo che più andrà lungo più sarà sporco per chi è all’esterno, e più sporco vuol dire ovviamente minor grip in accelerazione.
Charles non esagera, lo spinge fino alla soglia della linea bianca e non oltre, per evitare sanzioni dalla commissione gara, poi si fionda deciso sul gas. Verstappen, invece, si ritrova con un enorme angolo di sterzo per entrare nella curva, ma, purtroppo per lui, anche con le gomme fredde che poggiano delicatamente sulla sabbia desertica trasportata dal Khamseen, vento caldo proveniente dall’Egitto che spira con tutta la sua forza sul Mar Rosso tra Marzo e Aprile.
È fatta.
Astuzia, intelligenza, sangue freddo, cattiveria e malizia. In questa manovra c’è tutto ciò che serve ad un pilota per diventare un campione. Se intelligenza e cattiveria non sono mai mancate al monegasco, le altre tre doti sono emerse prepotentemente solo in queste prime due gare.
Un nuovo Leclerc, insomma, per una nuova Ferrari.
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