La tanto attesa #albamondiale è sorta nel cielo del Sakhir, che ha regalato agli appassionati di Formula 1 uno spettacolo al cardiopalma. Dalle nuove politiche di Liberty Media e FIA, agli show mancati al muretto, fino alla varietà delle monoposto ad effetto suolo: svisceriamo tutto quello che abbiamo scoperto in questo primo appuntamento di una stagione che si preannuncia pirotecnica, e molto differente da quella dello scorso anno.
New Era. Il nuovo corso della Formula 1 è cominciato domenica scorsa, con il Gran Premio del Bahrain, ma le sue radici affondano tra le decisioni, forti e risolute, prese nella stanza dei bottoni della FIA e di Liberty Media, mesi e mesi fa. La New Era, sbandierata ovunque dalla Federazione nelle grafiche, negli spot promozionali, agli eventi di presentazione del Mondiale 2022 e nelle interviste agli addetti ai lavori e sui social, si è imposta un ulteriore, chiaro obiettivo, che in principio non era stato previsto: lasciarsi alle spalle quel dannato Gran Premio di Abu Dhabi del 2021, del quale si è parlato per mesi, fino ai primi test della nuova stagione e anche dopo, ma non con i toni che la FIA avrebbe desiderato.
Ed ecco che, dunque, alle polemiche relative alla Safety Car, a Michael Masi, al titolo iridato “manovrato” o “boicottato”, di cui nessuno voleva davvero più parlare anche se tutti lo facevano ugualmente, sono seguite le nuove normative regolamentari, l’insediamento dei nuovi direttori di gara, il VAR e l’addio alle comunicazioni radio tra box e commissari trasmesse nei broadcast televisivi. Un colpo di spugna, netto e preciso, che non può e non vuole cancellare quanto accaduto nell’ultima corsa della passata stagione, ma che traccia un taglio netto tra quel Dicembre 2021 e questo Marzo 2022.
Nella foga agonistica della prima corsa del Mondiale, tra le ritrovate prestazioni straordinarie delle due Ferrari, la lotta furibonda tra Max Verstappen e Charles Leclerc, le Mercedes non più dominanti e i colpi di scena conclusivi con le fiamme dell’AlphaTauri di Gasly e i DNF delle due monoposto di Milton Keynes, è passata più in sordina, tra i tifosi, la nuova politica della Formula 1. Se una corsa corretta e senza dubbi regolamentari di sorta non ha, infatti, fatto sentire la mancanza delle discussioni tra i team principal e la direzione di gara, ad essere “assenti” in questo show sono stati proprio i boss delle varie scuderie. La regia internazionale non ha indugiato sui vari Toto Wolff e Christian Horner, ormai diventati attori non protagonisti candidati all’Oscar del Motorsport nel 2021, e neanche su Mattia Binotto, che quest’anno avrebbe tutte le carte in regola per candidarsi come underdog in questa categoria, non tanto per gli atteggiamenti (la sua indole pacata poco si addice al concetto di spettacolarizzazione della domenica di gara), quanto più per il ruolo che le sue Ferrari potrebbero assumere nel prosieguo del campionato. E, sinceramente, di tutto questo possiamo essere solamente felici.
C’è, chiaramente, ancora da lavorare parecchio sulle grafiche (come possono esserci due parziali record contemporaneamente per due piloti diversi, per di più in qualifica?), a volte persino assenti nel corso della gara, e sulla regia che, ogni tanto, si svegliava fuori tempo massimo per riprendere l’azione in pista, tanto da costringere Carlo Vanzini in telecronaca a chiamare l’aiuto della regia di Sky Italia per aprire la “two boxes”, così da non ritrovarsi costretto a fare la radiocronaca del pit stop, determinante, di Verstappen.
I cambiamenti, tuttavia, si notano già, ed abbiamo assistito ad una prima evoluzione che potrà solamente giovare a chi, principalmente, vorrebbe godersi una gara fatta di sano racing e non una versione di Domenica Live colma di dramma ed edulcorata con il rombo dei motori ibridi della Formula 1.
E le monoposto ad effetto suolo? Loro, effettivamente, sono la vera rivoluzione di questa stagione e, per il momento, hanno rispettato pienamente le aspettative. Nicholas Tombazis, responsabile tecnico della Federazione Internazionale, nonché artefice delle direttive relative alla progettazione delle nuove auto, era stato additato come il Grande Inquisitore della categoria motoristica per eccellenza.
Così come il personaggio di Fedor Dostoevskij ne “I Fratelli Karamazov” accusa Cristo, con l’idea che l’uomo dovrebbe essere liberato del fardello del libero arbitrio, che non è capace di sostenere perché istigato dalle tentazioni, Tombazis ha imposto delle limitazioni ai team, le quali, stando alle previsioni, avrebbero tolto agli ingegneri la possibilità di lavorare esprimendo al massimo i propri concetti tecnici in libertà. Si temeva, di fatto, una griglia di partenza composta da vetture pressoché identiche. Mai previsione fu meno azzeccata: le tre scuderie di vertice, Mercedes, Red Bull e Ferrari, hanno infatti messo in luce concept completamente differenti tra loro, e così hanno fatto, chi più chi meno, tutte le altre squadre. Il risultato lo abbiamo ammirato a Sakhir: la battaglia senza esclusioni di colpi tra Leclerc e Verstappen, lo scorso anno, sarebbe durata forse un giro; le nuove monoposto, invece, hanno permesso al monegasco e all’olandese di suonarsele senza pietà, con la RB18 del Campione del Mondo che ha potuto seguire la scia della F1-75 senza risentirne eccessivamente anche nella sezione mista del circuito.
Chi ben comincia è già a metà dell’opera. Se queste sono le premesse, ci aspetta una stagione di puro divertimento. E, allora, non ci resta che accomodarci sul divano e goderci, subito, un’altra “race week” a Jeddah.
Bentornata, Formula 1.
Ph. Red Bull Content Pool ©