910 giorni dopo la doppietta conquistata a Singapore nel 2019, la Ferrari torna a dominare la scena da protagonista. E adesso fa paura per davvero.

In fon­do in fon­do, ave­va­mo tut­ti pau­ra. Incon­sci­a­mente, ten­de­va­mo tut­ti a stig­ma­tiz­zare quel­l’ot­timis­mo e quelle parole tron­fie di fidu­cia, qua­si ad assec­on­dare di rif­lesso una delu­sione che si è sed­i­men­ta­ta nel cuore dei tifosi fer­raristi per tan­to, trop­po tem­po. La pole posi­tion di saba­to è sta­ta un delizioso antipas­to, di quel­li che prepara­no la boc­ca alla por­ta­ta prin­ci­pale delizian­do le papille gus­ta­tive ed innalzan­do le aspet­ta­tive su quel­lo che verrà.

Eppure, saba­to sera, non c’era spazio per l’ot­timis­mo. Almeno per me, la pau­ra era anco­ra tan­ta. Vuoi per­ché i pun­ti si fan­no la domeni­ca e Ver­stap­pen in sec­on­da posizione fa sem­pre un po’ pau­ra, vuoi per­ché in fon­do il Bahrain è una pista atipi­ca che non offre certezze. Per­sonal­mente, non rius­ci­vo ad esaltar­mi. Quel­la pole era trop­po poco.

Poi, domeni­ca, si sono spente le luci del semaforo e Charles Leclerc è rimas­to davan­ti alla Red Bull in Cur­va 1, inizian­do sin da subito ad imporre il suo rit­mo e man­te­nen­do Ver­stap­pen a dis­tan­za di sicurezza.

“Vuoi vedere che forse…”

Fac­cio gius­to in tem­po a pen­sar­lo che Lam­bi­ase, l’i­tal­ianis­si­mo ingeg­nere di pista di Ver­stap­pen, richia­ma l’olan­dese ai box per tentare l’un­der­cut. Niente da fare. Ho già capi­to che l’an­sia sarà la com­pagna di viag­gio di questo pomerig­gio. Men­tre con­trol­lo i tem­pi del pit stop del­la Red Bull, mi cade l’oc­chio sul pac­chet­to di Heats appog­gia­to sul tavo­lo. È prati­ca­mente pieno. La cosa mi ras­si­cu­ra. La gara è anco­ra lun­ga e, con il bat­ti­to car­dia­co che non accen­na a calare, torner­an­no cer­ta­mente utili.

Toc­ca a Charles rien­trare ai box. Per un atti­mo pen­so a tut­ti i pit stop sbagliati, agli errori umani e ai mal­fun­zion­a­men­ti mec­ca­ni­ci che han­no con­trad­dis­tin­to le soste delle ultime sta­gioni. Il cuore pom­pa forte e deci­do che è il momen­to di pren­dere in mano l’IQOS. Gli uomi­ni in rosso non sbagliano niente, Charles rien­tra davan­ti, ma tut­to il van­tag­gio si è dis­solto.

Ver­stap­pen è lì, vici­no ma non trop­po, anche se la dis­tan­za in ter­mi­ni di tem­po è tale per cui l’olan­dese può spalan­care il DRS. Men­tre Leclerc esce dal­l’ul­ti­ma Cur­va, incon­sci­a­mente dal­la mia boc­ca escono le seguen­ti parole:

“Super­fast pen­saci tu”.

Le ho dette piano, qua­si tra me e me, ma forte abbas­tan­za da far sì che chi fos­se sedu­to affi­an­co a me sul divano potesse sen­tir­le. Così lui, non appe­na la Red Bull muove per affi­an­car­si alla rossa, incu­rante del dram­ma inte­ri­ore che sta­vo provan­do, risponde in tipi­co dialet­to bolzanino:

Eh, Super­fast sta mi****a…”

Ero trop­po con­cen­tra­to per rispon­der­gli. Però, in fon­do, ave­va ragione. In usci­ta da Cur­va 3, tut­tavia, toc­ca a Charles aprire la sua ala. Ver­stap­pen chi­ude subito l’in­ter­no e la Fer­rari si prende l’ester­no. Leclerc sa che non può sbagliare, che quel sor­pas­so subito deve ren­der­lo imme­di­ata­mente. Si affi­an­ca, pun­ta il muso ver­so la cor­da e si aggrap­pa ai freni.

Scop­pia il boa­to in casa, Leclerc è di nuo­vo davan­ti. Il giro suc­ces­si­vo sem­bra il remake di quan­to avvenu­to gius­to un min­u­to pri­ma. Ver­stap­pen pas­sa in Cur­va 1 e Leclerc inizia a preparare il sor­pas­so per la stac­ca­ta di Cur­va 4, ma sta­vol­ta si prende l’in­ter­no. È davan­ti di nuo­vo. Come al giro prece­dente, in casa i deci­bel si impen­nano vertiginosamente.

Ma non è finita.

Altro pas­sag­gio sul ret­ti­li­neo, altro DRS spalan­ca­to per la Red Bull. Penso:

“Sta­vol­ta è distante”.

Men­tre Ver­stap­pen si avvic­i­na, la grafi­ca seg­na 327 km/h. Appe­na pri­ma del cartel­lo dei 150 metri Leclerc fre­na, come al soli­to, ma l’olan­dese no. Ten­ta una stac­ca­ta impos­si­bile arrivan­do al bloccag­gio delle ruote ma finisce lun­go e la rossa incro­cia la trai­et­to­ria tor­nan­do davan­ti già in Cur­va 2. Charles capisce che è il momen­to di spin­gere e scrol­lar­si di dos­so la Red Bull numero 1 una vol­ta per tutte. Ci riesce. Tiro un sospiro di sol­lie­vo e il bat­ti­to car­dia­co tor­na a liv­el­li tali da scon­giu­rare un infar­to. La Fer­rari allun­ga, sem­bra fatta.

Al quar­an­tasettes­i­mo giro però, men­tre tut­ti noi erava­mo con­cen­trati sul team radio tra Horner e Ver­stap­pen dove quest’ul­ti­mo lamen­ta­va prob­le­mi allo ster­zo, la tele­cam­era stac­ca brus­ca­mente sul­l’Al­phaTau­ri di Gasly con il motore in fiamme all’us­ci­ta di Cur­va 4.

Pan­i­co, resto immobilizzato.

Nel frat­tem­po qual­cuno in casa urla quel­la paro­la che tut­ti ave­va­mo pen­sato ma nes­suno ave­va avu­to il cor­ag­gio di pronunciare:

“Safe­ty Car, Safe­ty Car!”

Tut­to il van­tag­gio accu­mu­la­to si era magi­ca­mente volatiliz­za­to, a soli dieci giri dal­la fine. Men­tre il cuore ricom­in­cia a pom­pare e dal­la boc­ca di tut­ti i pre­sen­ti escono improperi più o meno col­ori­ti, deci­do che è giun­to il momen­to di accen­dere un’al­tra sigaretta.

I piloti rien­tra­no tut­ti, men­tre May­lan­der fa uscire per la pri­ma vol­ta la nuo­va Mer­cedes-AMG GT Black Series dal garage. Per un atti­mo mi dis­trag­go dalle anal­isi sui pos­si­bili sce­nari cat­a­strofi­ci sul­la riparten­za che che si sta­vano facen­do in casa, per sof­fer­mar­mi a guardare la nuo­va Safe­ty Car. Sarà il col­ore, sarà che non c’è più la bar­ra lumi­nosa sul tet­to, ma ques­ta Black Series mi piace vera­mente tanto.

Men­tre sono inten­to ad anal­iz­zare il pos­te­ri­ore del­la nuo­va auto di sicurez­za cer­can­do di carpire le dif­feren­ze con la sua sorel­la stradale, qual­cuno in casa esclama:

“Per la pri­ma vol­ta in tut­ta la gara c’è una Mer­cedes davanti”.

La risa­ta col­let­ti­va stem­pera la ten­sione e rende l’aria un po’ più dis­te­sa, almeno fino alla riparten­za. Sta­vol­ta, però, l’an­sia non fa neanche in tem­po a montare, per­ché Leclerc è sem­plice­mente per­fet­to al restart. Tal­mente per­fet­to da far sì che l’at­ten­zione si sposti tut­ta su Sainz, che pro­va ad attac­care Verstappen.

Niente da fare, almeno fino al giro 54, quan­do il motore del­la Red Bull del Cam­pi­one del Mon­do in car­i­ca alza bandiera bianca.

Uno-due. Qua­si non ci credo.

L’ul­ti­mo giro me lo guar­do tut­to in pie­di, speran­do che le sor­p­rese siano finite e cer­can­do di con­trol­lare i pen­sieri che si fan­no stra­da nel­la mio cervello.

Così la mente vola ad Inter­la­gos 2008 e a Hock­en­heim 2018, ripesca la F14‑T e i mira­coli fat­ti da Alon­so per ten­er­la in pista. Pen­so a tutte le volte che in questi anni si face­va l’anal­isi del­la scon­fit­ta, ai “dob­bi­amo capire” e “pen­si­amo all’an­no prossi­mo” pro­nun­ciati come un mantra e assim­i­lati da noi tifosi in maniera ormai pas­si­va, qua­si fos­se nor­male vedere la Fer­rari essere, quan­do anda­va bene, la terza forza in cam­po.

Quan­do Charles Leclerc e Car­los Sainz, pri­mo e sec­on­do, pas­sano sot­to la bandiera a scac­chi esplo­do in urlo lib­er­a­to­rio che scac­cia via tut­ti quei brut­ti pen­sieri e quelle paure.

E con l’ul­ti­ma sigaret­ta che sfu­ma, sedu­to e final­mente rilas­sato, non riesco a fare altro che guardare gli altri e dire:

“Siamo tor­nati. Quest’an­no ci sarà da divertirsi”.

Per­ché #essere­Fer­rari, oggi, più che mai, sig­nifi­ca #essereVin­cen­ti.

Ph. Scud­e­ria Fer­rari Press Office / Red Bull Con­tent Pool / Daim­ler AG ©

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