Esistono professori universitari con un patrimonio netto di quasi un miliardo di dollari e con una storia sportiva ed imprenditoriale costellata di successi e trionfi? Affermativo. Il suo nome? Wolff. Toto Wolff. Un leader, ma soprattutto un uomo che non ha ceduto sotto il peso delle sabbie mobili di un’infanzia drammatica, e che ha saputo costruire, in appena 50 anni di vita, un impero senza precedenti.
Alcuni studenti di Harvard, come recentemente ricordato da Mercedes-AMG, hanno avuto la straordinaria occasione di assistere ad una lezione imprenditoriale di Toto Wolff, personaggio tanto noto quanto straordinario, sia nel mondo della Formula 1 che in quello degli investimenti. Per far comprendere quanto questa sia stata importante per loro, basta riassumere brevemente il palmares e la storia di un uomo che, si ami o si odi, ha saputo costruire, in appena 50 anni di vita, un autentico impero, superando ostacoli e problematiche non di poco conto.
A suo padre, quando il piccolo Toto ha appena otto anni, viene diagnosticato un tumore al cervello. La sua famiglia, invece che unirsi nel dolore e nella battaglia che li aspetta, si scioglie come neve al sole.
I genitori di Toto, infatti, si separano.
Appena sei anni dopo, Toto resta orfano di padre: questo lo costringe a diventare uomo anzitempo.
E che uomo.
Precursore nel settore della tecnologia e del web, Toto ha fondato le società di investimento Marchfifteen nel 1998 e la Marchsixteen nel 2004, per poi spostarsi nel settore automotive, un campo che conosce bene, essendo lui stato pilota di spessore in Formula Ford e FIA NGT negli anni precedenti.
Nel 2006 acquisisce il 49% di HWA AG, la società che gestisce il programma di gara Deutsche Tourenwagen Masters per Mercedes-Benz e che sviluppa motori F3. È poi comproprietario del BRR Rallye Corsa e di una società di gestione sportiva, che porta avanti con Mika Hakkinen, insieme al quale è stato coinvolto nella gestione e nella crescita di piloti quali Bruno Spengler, Alexandre Premat e Valtteri Bottas. Nel 2010 entra in Williams F1, facendo il suo ingresso nel consiglio di amministrazione del gruppo, mentre nel 2012, anno in cui Pastor Maldonado ottiene l’ultimo successo per la scuderia di Grove, viene poi nominato team principal da Frank Williams in persona, che intravede in lui doti gestionali uniche.
Nel 2013 lascia la Williams per approdare in Mercedes GP. Anche a Brackley, naturalmente, viene nominato team principal. E non è tutto: oltre a far parte della squadra, acquisisce il 30% (ora 33,33%) del team Mercedes F1.
Da tale momento, assume il coordinamento di tutte le attività Motorsport di Mercedes-Benz, responsabilità precedentemente detenuta da Norbert Haug. Sotto il suo controllo, viene costruito uno dei cicli più vincenti e duraturi di tutta la storia della Formula 1, caratterizzato da sette titoli piloti ed otto titoli costruttori consecutivi (e la striscia di successi, come sapete, potrebbe non essere terminata).
Non solo: Toto, nel 2020, ha infatti investito la bellezza di 42 milioni di dollari in Aston Martin, acquisendo lo 0,95% del pacchetto complessivo.
Non un movimento strategico sbagliato.
Non un errore di comunicazione.
Il suo patrimonio attuale, pensate, sfiora il miliardo di dollari.
Un uomo di polso, dotato di un cervello sopraffino che lo posiziona certamente tra i migliori manager che questo sport, in oltre settanta straordinari anni di storia, abbia mai conosciuto.
In pochi sanno, infine, che Toto Wolff, pur essendo austriaco, ha (metaforicamente) nelle vene anche del sangue bergamasco. Nel biennio 2002–2003 Toto è stato infatti pilota di Orlando Redolfi, patron del team Autorlando Sport e titolare del Centro Porsche di Pedrengo, che lo ricorda così:
“Era un gentleman-driver con la mentalità di un professionista. Aveva valori solidi che gli permettevano di unire all’abilità tecnica ottime qualità umane: era un signore, una persona appassionata e affidabile, in poche parole un uomo vero, serio e chiaro. Era un perfezionista contraddistinto da una grande capacità di analizzare e gestire le problematiche con un approccio collaborativo con il team. Ritengo che questo sia il mix alla base del suo successo: tutti questi aspetti oggi come in passato gli permettono di essere un leader con cui non si fatica a confrontarsi. Se siamo rimasti in contatto? Assolutamente, ci lega un rapporto di profonda e reciproca stima. Ne ho avuto la conferma quando nel 2008, sei anni dopo aver concluso la sua esperienza nel team, ci ha proposto di partecipare a un suo innovativo progetto per una gara di durata: ci ha fatto molto piacere che avesse pensato a noi. Recentemente gli ho inviato una raccolta di articoli relativi all’esperienza che ha vissuto qui e ci ha ringraziato. Un aneddoto? Ce ne sono tanti, anche se più che un singolo episodio conservo il ricordo del lavoro svolto quotidianamente che ha portato a tante soddisfazioni. Indimenticabile il suo accento, poi. Parla benissimo italiano, ma sa dire qualcosa anche in bergamasco. Ogni volta che lo sentiamo dire «alùra» o «pòta» ci viene da sorridere”.
Nel 2021, Wolff è stato nominato socio affiliato dalla Said Business School dell’Università di Oxford, che gli ha affidato un corso per crescere e forgiare nuovi leader aziendali.
Toto ha commentato il tutto in questo modo:
“Essere nominato come Associate Fellow dell’Università di Oxford è stato per me un grandissimo onore. Sono davvero entusiasta di poter condividere tutta la mia esperienza, il mio sapere e la mia motivazione con dei giovani studenti che un giorno diventeranno dei manager molto importanti. È una delle opportunità più gratificanti che potesse capitarmi e sono particolarmente contento di poter unire la mia passione per l’imprenditorialità e la leadership all’insegnamento verso i giovani studenti”.
Un personaggio straordinario, dal quale ogni studente vorrebbe apprendere davvero il più possibile, per crescere sia umanamente (anche se qualcuno potrebbe non essere d’accordo) che professionalmente.
Semplicemente Toto Wolff.
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