Dopo la presentazione della RB18 da parte di Red Bull, più simile al lancio di una livrea che di una vettura inedita sulla quale, di fatto, non trapela alcun dettaglio al di fuori dei colori, la monoposto di Gaydon costituisce il primo vero assaggio di 2022. E alcune soluzioni, seppur non del tutto definitive, mostrano spunti interessanti.
Dopo tante discussioni e ipotesi, il 2022 si presenta, finalmente, agli occhi dei tanti appassionati ansiosi di conoscere le forme delle nuove monoposto dell’era Wing Car 2.0 che si mostra, con l’arrivo della verdissima Aston Martin AMR22, in una veste sempre più definitiva.
E per quanto non si possa pronosticare di vedere questa vettura, così come le altre, nella medesima veste anche in occasione dei test catalani, vale comunque la pena soffermarsi su una serie di elementi distintivi che, probabilmente, caratterizzeranno scelte tecniche tanto trasversali quanto in controtendenza.
Partendo dal frontale, la monoposto di Gaydon si presenta subito con un muso alto e piatto a cui si ancora un alettone a quattro profili, col cono crashabile che si arresta in corrispondenza del secondo slot, ovvero quello immediatamente sovrastante il main-plane, distaccandosi da quanto mostrato sull’ormai noto prototipo che la FIA ha presentato in quel di Silverstone nel corso della passata stagione. L’andamento dei profili alari segue una logica, già vista in passato, volta a massimizzare l’effetto outwash in corrispondenza delle ruote retrostanti, solo in parte generando carico e contribuendo alla formazione di un vortice destinato a investire i cassoni di aspirazione. Il quadro viene completato dalle sospensioni che, secondo uno schema convenzionale, mantengono la medesima configurazione push-rod già vista in passato, seppur con un ulteriore occhio di riguardo nei confronti dei profili degli steli che devono essere, in virtù delle nuove normative che prediligono la funzione aerodinamica, quanto più efficienti possibili nel dirigere adeguatamente i flussi verso la zona centrale della monoposto. Al fine di ottimizzare proprio quest’ultimo aspetto spunta anche un profilo deportante aggiuntivo, collocato nella sezione altrimenti nota come “t‑tray”, a cui spetta la generazione di parte di quei vortici precedentemente gestiti e prodotti dai bargeboard attualmente vietati dal regolamento. In tale maniera, si cerca di recuperare una porzione di quel carico che andrebbe altrimenti perduto e che risulta, invece, di vitale importanza per queste nuove vetture ad effetto suolo amplificato, in cui i canali Venturi necessitano di una portata d’aria quanto più ampia possibile al fine di provocare un incremento del carico verticale complessivo.
Ed è proprio quella di mezzo ad essere l’area più singolare di questa vettura che si mostra, per questo, estremamente massiccia anche solo da un punto di vista puramente visivo. Le pance risultano essere, infatti, particolarmente lunghe e alte e prive di quelle sciancrature estreme alle quali siamo stati abituati negli ultimi tempi e al posto delle quali trovano spazio, invece, delle superfici più morbide e quasi rettilinee, interrotte unicamente dalle quindici branchie poste per agevolare l’evacuazione dell’aria calda da parte delle masse radianti. In contrasto, piccole e squadrate sono le bocche delle stesse, evidentemente ridimensionate, se comparate a quelle del prototipo FIA, al fine di evitare l’ingestione accidentale dei flussi turbolenti generati dal rotolamento degli ampi pneumatici e che risulterebbero deleteri ai fini del raffreddamento dell’unità propulsiva.
Il motivo di questa architettura così insolita, soprattutto se confrontata con quanto già mostrato dalla Haas VF22, non è del tutto noto, anche se già differenti e interessanti sono le ipotesi che si affacciano sul panorama. Quella più accreditata riguarda la creazione di un effetto “doppio fondo”, che punterebbe a creare un sigillo aggiuntivo tra la parte inferiore della pancia e il fondo stesso attraverso l’inserimento di un vero e proprio corridoio attraverso il quale far passare l’aria destinata ad esser estratta nella parte superiore del diffusore, ove la beam-wing, ovvero il profilo inferiore dell’alettone posteriore, può beneficiare di questa portata aggiuntiva. Celeberrimi, e fallimentari, sono stati i tentativi passati operati in questa direzione, su tutti quello della Ferrari F92A, che lasciano trapelare qualche dubbio sulla effettiva validità di questa soluzione, sulla quale poniamo, tuttavia, il beneficio del dubbio in attesa di un imparziale riscontro cronometrico dettato dalla pista.
Evidente è, poi, la parentela della presa dorsale con quella già vista nel corso della passata stagione su tutte le vetture motorizzate Mercedes. In virtù dei ridotti cambiamenti effettuati in tale area, è possibile identificare questi quali elementi famigliari tipici delle monoposto spinte dall’unità anglo-tedesca, il cui ampio plenum continua a far capolino sulla stretta carrozzeria che risulta essere, per questo, cucita addosso alla Power Unit. Tale sporgenza si deve al posizionamento verticale dei coni di aspirazione a geometria variabile che, a differenza di quelli che Honda ha posto orizzontalmente all’interno del proprio plenum, richiedono delle camere di espansione più larghe e basse rispetto a quelle utilizzate sulle unità nipponiche.
Inoltre, degno di interesse è anche il retrotreno, su cui spuntano un diffusore di forma particolarmente squadrata e un alettone nettamente più spigoloso di quanto preventivato. Il motivo di quest’ultima soluzione è da ritrovarsi nella ricerca di una maggior efficienza dei profili mediante il ricorso ad una configurazione che simuli, in corrispondenza delle estremità, il perduto effetto benefico degli endplate, eliminati dai nuovi regolamenti in favore di un profilo continuo e curvilineo. Interessante è, poi, un taglio, effettuato proprio sul fondo, che servirebbe ad agevolare il rimescolamento dei flussi in corrispondenza della sezione di ingresso del diffusore dove, al fine di evitare il passaggio dei flussi turbolenti generati dalle vicinissime ruote, si favorisce un passaggio di aria proveniente dai lati. Debutta, infine, anche il nuovo sistema DRS che, nonostante la diversa configurazione dell’ala, segue sempre il medesimo principio adottato in passato.
La nuovissima creatura di casa Aston Martin, dunque, si presenta con delle soluzioni tanto interessanti quanto originali, la cui validità potrà essere avvalorata, però, solo e soltanto dal riscontro in pista. Per questo, così come per tutti gli altri, non resta che attendere i test del Montmeló, ormai sempre più vicini ad ogni giorno che passa.
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