Non sempre, nella storia della Formula 1, una vettura è diventata leggenda grazie alla sua competitività ed ai suoi trionfi. Vi sono casi in cui un’idea rivoluzionaria, mai vista né prima né dopo, resta nell’immaginario collettivo, indipendentemente dai risultati ottenuti in pista e dal successo riscontrato. La Tyrrell P34 è, senza il minimo dubbio, la perfetta incarnazione di questo concetto.

Nei pri­mi anni Set­tan­ta, Tyrrell era sicu­ra­mente una delle squadre di rifer­i­men­to per tut­to il mon­do del­la For­mu­la 1. Gra­zie ai due titoli iri­dati con­quis­ta­ti da Jack­ie Stew­art nel ’71 e nel ’73, la scud­e­ria inglese era gius­ta­mente riconosci­u­ta come uno dei top team del Cir­cus. Gli anni suc­ces­sivi, tut­tavia, non furono altret­tan­to sod­dis­facen­ti, con Scheck­ter che fu capace di affer­mar­si soltan­to in tre Gran Pre­mi nell’arco di due anni. Per tornare ai ver­ti­ci ser­vi­va qual­cosa di nuo­vo: una trova­ta rivoluzionaria.

Ken pen­so di avere un’idea per la prossi­ma mono­pos­to: la fare­mo a sei ruote!

Ma sei mat­to Derek? Hai vera­mente inten­zione di prog­ettare una mono­pos­to a sei ruote?

Potrem­mo immag­i­narla così, la con­ver­sazione tra Derek Gard­ner e Ken Tyrrell, avvenu­ta nel­la pri­mav­era del lon­tano 1975. Un anno nel quale, il prog­et­tista inglese, allo­ra in forza alla mit­i­ca scud­e­ria, si mise al lavoro per la prog­et­tazione di una vet­tura che dal momen­to del suo debut­to, avvenu­to nel 1976, sarebbe rimas­ta per sem­pre nel­la sto­ria del­la For­mu­la 1. Par­liamo ovvi­a­mente del­la P34, l’u­ni­ca ed inim­itabile Tyrrell a sei ruote.

Un prog­et­to estrema­mente inno­v­a­ti­vo, che prevede­va appun­to la pre­sen­za di sei pneu­mati­ci mon­tati sul­la vet­tura: quat­tro ante­ri­ori, tut­ti sterzan­ti, e i due pos­te­ri­ori. A spie­gare il con­cet­to nonché il moti­vo di ques­ta scelta fu lo stes­so Gard­ner alla pre­sen­tazione del pri­mo pro­totipo, tenu­tasi il 22 Set­tem­bre 1975:

Il vero prob­le­ma delle vet­ture odierne che mon­tano il motore Cos­worth è che la poten­za che pos­si­amo estrarre dal propul­sore è pres­sochè invari­a­ta negli ulti­mi anni. Dob­bi­amo quin­di lavo­rare sul­l’aero­d­i­nam­i­ca”.

Infat­ti, negli anni Set­tan­ta, le scud­erie ingle­si mon­ta­vano tutte il motore Cos­worth, che, in con­fron­to al propul­sore instal­la­to sulle Fer­rari, pre­sen­ta­va un deficit di poten­za quan­tifi­ca­bile all’in­cir­ca in 20 CV. Un divario impor­tante, che, per essere recu­per­a­to, con­vinse Gard­ner a stu­di­are appro­fon­di­ta­mente l’aero­d­i­nam­i­ca del­la vet­tura ed, in par­ti­co­lare, il con­trib­u­to alla resisten­za derivante dalle ruote scop­erte. Dai suoi stu­di, il prog­et­tista inglese ave­va scop­er­to come queste ultime cos­ti­tuis­sero il 12% di tut­ta la resisten­za del cor­po vettura.

La pri­ma soluzione pro­pos­ta, per­tan­to, prevede­va una scher­matu­ra del­l’a­vantreno tramite un muso a scalpel­lo, con un con­seguente restring­i­men­to del­la car­reg­gia­ta e del­l’im­pronta degli pneu­mati­ci. Tut­to ciò, però, com­por­ta­va un grande prob­le­ma, ovvero una notev­ole perdi­ta di aderen­za. La seguente idea di Gard­ner fu sem­plice ed allo stes­so tem­po geniale: rad­doppi­are il numero di ruote ante­ri­ori in modo da andare a recu­per­are la tenu­ta di stra­da per­du­ta. Quest’idea, stan­do ai cal­coli del­l’in­glese, oltre a risol­vere il prob­le­ma del­l’aderen­za, avrebbe per­me­s­so al flus­so d’aria di scor­rere indis­tur­ba­to fino alle ruote pos­te­ri­ori, generan­do quin­di anche un impo­rante miglio­ra­men­to aero­d­i­nam­i­co, che sarebbe poi sta­to tradot­to in mag­giori veloc­ità di pun­ta rag­giun­gi­bili dal­la monoposto.

L’in­tro­duzione delle quat­tro ruote ante­ri­ori, cias­cu­na delle quali pre­sen­ta­va dimen­sioni ridotte rispet­to ad uno pneu­mati­co tradizionale, com­plicò notevol­mente la prog­et­tazione del­l’a­vantreno. Sebbene con­vin­cere Goodyear a fornire alla Tyrrell delle gomme più pic­cole non fu un prob­le­ma, ben presto i tec­ni­ci del­la scud­e­ria dovet­tero fare i con­ti con gli ele­men­ti che pre­sen­ta­vano le mag­giori crit­ic­ità, i quali era­no sen­za dub­bio sospen­sioni e freni. Questo per­chè entram­bi i com­po­nen­ti dovet­tero essere com­ple­ta­mente riprog­et­tati, in par­ti­co­lare minia­tur­iz­za­ti, in modo tale che fos­sero com­pa­ra­bili con le dimen­sioni del­lo pneu­mati­co sen­za però perdere di efficacia.

Dal momen­to in cui viene pre­sen­ta­ta, la P34 atti­ra le curiosità di tut­to il pad­dock, sia per il suo design inno­v­a­ti­vo, sia per­ché in molti si accor­gono subito che la trova­ta di Gard­ner por­ta effet­ti­va­mente dei van­tag­gi con­creti. L’inizio del­la sta­gione 1976 mise in mostra una Tyrrell estrema­mente com­pet­i­ti­va. Nel Gran Pre­mio di Spagna, tap­pa nel­la quale la P34 debut­tò uffi­cial­mente, Depailler con­cluse le qual­i­fiche al terzo pos­to, sal­vo poi riti­rar­si in gara a causa di un’us­ci­ta di pista.

Poco impor­ta: l’enorme poten­ziale del­la nuo­va nata di casa Tyrrell era sta­to mes­so in mostra, con la mono­pos­to che, oltre ad essere estrema­mente veloce sul ret­ti­li­neo, per­me­t­te­va ai piloti di frenare più tar­di man­te­nen­dosi sta­bile e pre­cisa in inser­i­men­to cur­va. L’apice del­la sta­gione arri­va in Svezia, ad Ander­storp, dove la scud­e­ria del­lo “zio Ken”, come veni­va sopran­nom­i­na­to Tyrrell ai tem­pi, coglie una clam­orosa doppi­et­ta, con Scheck­ter vinci­tore davan­ti al com­pag­no Depailler. Il cam­pi­ona­to si con­clude con la scud­e­ria inglese che ter­mi­na al ter­zo pos­to del Cam­pi­ona­to Costrut­tori. Un risul­ta­to impor­tante, che las­ci­a­va pre­sa­gire che la Tyrrell ben presto sarebbe tor­na­ta ai ver­ti­ci del­la mas­si­ma serie automobilistica.

Purtrop­po, però, ques­ta non è una sto­ria a lieto fine. Infat­ti, per il 1977, Gard­ner ed il resto del team stu­di­arono a fon­do le pos­si­bili miglior­ie da appli­care alla mit­i­ca P34. Il nuo­vo telaio, fab­bri­ca­to in bloc­co uni­co, si riv­elò tut­tavia estrema­mente pesante e poco prati­co, ogni qual vol­ta era nec­es­sario com­piere degli inter­ven­ti ai box. Inoltre, ven­nero mod­ifi­cate anche le sospen­sioni, che ven­nero mag­gio­rate. Questo portò gli pneu­mati­ci ante­ri­ori a sporg­ere dai pro­fili del­l’alet­tone, facen­do sì che tut­ti i van­tag­gi che inizial­mente la vet­tura pre­sen­ta­va, andassero perduti.

Un vero e pro­prio dis­as­tro, tan­to che la scud­e­ria, al ter­mine del­la sta­gione ’77, con l’ad­dio di Gard­ner, decise di abban­donare il prog­et­to a sei ruote, tor­nan­do ad una con­fig­u­razione clas­si­ca e chi­u­den­do una par­ente­si che rimar­rà per sem­pre indelebile nel­la mente di tut­ti gli appassionati.

Ph. Canepa ©

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