Il primo successo della nuova era ibrida dei Rally viene centrato da Ford, che conquista lo storico appuntamento monegasco col contributo di Sébastien Loeb e della sua navigatrice Isabelle Galmiche alla guida della nuovissima Puma preparata da M‑Sport, forte di 500 CV complessivi, di una nuova e raffinata aerodinamica e di un sistema di alimentazione completamente inedito a base di biocombustibili. Scopriamola insieme attraverso una attenta analisi tecnica.
Qualsiasi sport che si rispetti ha sempre un evento per definizione che, col solo nome, è in grado di rievocare la storia, il fascino e i protagonisti che con esso si sono cimentati. E se ciò vale per qualsiasi disciplina, allora, apparirà logico nominare il Rally di Monte-Carlo quale appuntamento esemplificativo del WRC, che inaugura l’apertura della stagione competitiva proprio sulle tortuose e impervie strade che circondano il Principato.
Caratterizzate da una continua alternanza di curve, tornanti e situazioni meteorologiche e stradali che spaziano dall’asfalto asciutto alle zone d’ombra caratterizzate dal verglas, ovvero il cosiddetto “ghiaccio nero”, o, ancora, dai passi di montagna innevati e privi di qualsiasi protezione a bordo strada, quelle del Monte-Carlo sono alcune delle più difficili condizioni di guida con cui potersi cimentare. Domarle e, ancor più, dominarle, richiede una particolare attenzione tanto nella scelta delle gomme quanto nel saper anticipare adeguatamente i movimenti di piedi e mani, onde evitare reazioni brusche e inaspettate del mezzo meccanico durante le transizioni più delicate tra una condizione di grip e un’altra. Per questo, “il Monte”, come viene spesso chiamato dai piloti e dagli appassionati, si trasforma in una sfida avvincente, unica ed entusiasmante destinata ad esser vinta solo da coloro che sapranno osare, ma anche o soprattutto dosare, di più.
Di conseguenza, il fresco trionfo di Sébastien Loeb non può che apparire come un logico effetto di questo ragionamento. Velocissimo, costante nel ritmo e dotato di una precisione disarmante quando seduto all’interno di un abitacolo, il quarantasettenne francese riesce a più riprese a sopravanzare il rivale più prossimo, l’omonimo che di cognome, però, fa Ogier, accendendo un duello destinato a protrarsi fino all’ultima tappa. Approfittando di una foratura accorsa durante il penultimo stage, il Cannibale, questo il suo storico soprannome derivante dai nove titoli conquistati in WRC, da la zampata finale che basta per conquistare l’ottavo trionfo monegasco, portando a ottanta le vittorie ottenute in categoria e regalando alla propria, abilissima navigatrice Isabelle Galmiche il primo successo iridato in tale ruolo.
E se è vero che, nelle corse, si parla tanto dei meriti del pilota e delle sue capacità, è altrettanto importante non dimenticare l’importanza di quelle “armonie meccaniche”, così come le definiva Enzo Ferrari, che permettono al conduttore di esprimere al meglio le proprie doti.
In questo caso, l’arma vincente si chiama Ford Puma Rally1 e, come il nome stesso suggerisce, costituisce la risposta di Ford ai nuovi regolamenti FIA destinati alla classe regina delle vetture da rally.
Basata, almeno esteticamente, sulle proporzioni dell’omonimo SUV crossover dell’Ovale Blu, essa nasce per rimpiazzare la Fiesta WRC precedentemente schierata dalla M‑Sport del mitico Malcolm Wilson a partire dal 2017, anno in cui conquista il Titolo Costruttori, per poi esser ritirata al termine del 2021, concluso al terzo posto in classifica alle spalle di Toyota e Hyundai rispettivamente. Per far fronte alle nuove richieste della federazione, serve ripensare completamente al concetto di vettura da rally e, perciò, un adattamento della Fiesta non è ormai più possibile. Serve una strada nuova, o, meglio, una vettura completamente nuova.
Per questo, e per seguire il vecchio mantra secondo cui “vinci la domenica, vendi il lunedì”, i dirigenti della casa di Dearborn scelgono la Puma quale vettura destinata a portare avanti la tradizione di Ford nei rally, abbinando strategicamente la necessità di promuovere un prodotto economicamente importante a quella di concretizzare, al contempo, un testimone tangibile che si faccia portatore dell’interesse della casa nei confronti dell’elettrificazione che sta interessando il settore automobilistico. Come anticipato, le nuove Rally1 sono progettate al fine di disporre unicamente di una propulsione ibrida fornita dalla medesima unità termica già adottata dalle precedenti Fiesta WRC e consistente in un propulsore sovralimentato a quattro cilindri in linea da 1.6 litri capace di 380 CV e 420 Nm, a cui si abbina un inedito motore elettrico da 100 kW e una batteria da 3.9 kWh, portando il picco di potenza complessiva all’incredibile quota di ben 500 CV.
La rivoluzione non passa, però, solo dalla parte elettrica, dai sistemi di ricarica rigenerativa e plug-in o dalle nuovissime strategie di gestione dell’erogazione adottate, sulle quali vige, tra l’altro, il segreto assoluto dei costruttori, ma coinvolge anche il sistema di alimentazione stesso del motore, il quale dovrà attingere da una riserva di carburanti 100% sostenibili piuttosto che dai classici combustibili fossili tradizionalmente utilizzati. Grazie ad un composto realizzato e fornito dalla P1 Racing Fuels e costituito da E‑Fuel e Biocombustibuli, ricavati da appositi procedimenti chimici in laboratorio, è possibile ottenere un drastico abbattimento nelle emissioni, pur conservando la capacità, definita “drop-in” dalla FIA, di garantire la massima compatibilità con le specifiche WRC esistenti. In tal modo, la classe Rally1 diventa la prima al mondo a detenere tale primato, anticipando già di diversi anni quello che sarà il futuro delle corse a quattro ruote e che coinvolgerà, tra le altre, proprio la Formula 1.
Unitamente ai tanti cambiamenti apportati in ambito motoristico, molti e importanti sono stati gli accorgimenti utilizzati al fine di render queste vetture ancor più sicure, tanto per i piloti quanto per addetti ai lavori e non. L’adozione di un powertrain ibrido impone, infatti, cautele particolari nell’approccio al veicolo e un conseguente isolamento elettrico e termico si rende necessario per evitare dispersioni di alcun tipo anche nel caso, non raro, di un’uscita indesiderata fuori percorso. In casi come questi sarà una apposita luce, collocata alle spalle del montante B, a comunicare l’eventuale condizione di sicurezza del veicolo che, nel caso di luce verde laterale attiva, sarà avvicinabile senza preoccupazione alcuna. A completare il quadro troviamo, poi, una rinnovata cellula di sicurezza, realizzata mediante una gabbia tubolare, che è in grado di sopportare fino a 70G di decelerazione, come dimostrato proprio nell’impatto che ha coinvolto il pilota Ford Adrien Formaux e il suo copilota Alexandre Coria, entrambi usciti perfettamente illesi da un capitombolo che li ha visti rotolare pericolosamente giù da un vero e proprio dirupo.
Tuttavia, i cambiamenti più drastici ed evidenti sono all’esterno. È qui, infatti, che la complessità delle moderne vetture da rally trova la sua massima esaltazione nella forma di un pacchetto aerodinamico avanzatissimo e e dalle sembianze decisamente aggressive.
Pur dovendo rinunciare ad alcuni degli elementi che hanno caratterizzato la precedente generazione di vetture, ovvero le WRC Plus, come i vari louvres dei passaruota, gli stessi sfoghi dell’aria degli archi ruota e, su tutti, al diffusore, la nuova Puma Rally1 si dota di alcune soluzioni particolarmente interessanti che cercano di risolvere queste mancanze attraverso appositi stratagemmi. Visivamente, la vettura risulta dominata da un imponente alettone posteriore dotato di elemento centrale principale multi-profilo e di due elementi laterali monoplani ad elevato angolo d’attacco, forniti di endplate squadrati muniti di ulteriori elementi latistanti simil-Gurney flap, il cui compito è quello di aumentare il carico perso al posteriore con la messa al bando del diffusore approfittando della turbolenza generata dai montanti C, che viene così raddrizzata a tutto vantaggio della downforce. Poco più in basso, ma sempre nella medesima area, trova collocazione il nuovo sistema di raffreddamento supplementare richiesto dall’adozione dell’ibrido, che si serve di due prese d’aria laterali di medie dimensioni, una per ogni fiancata, che convogliano aria fresca verso dei radiatori appositamente predisposti e che sono, a loro volta, responsabili dell’estrazione dei flussi dall’interno del vano destinato alla parte elettrica. Questi ultimi, poi, scaricano l’aria calda proprio al di sopra del diffusore e, per quanto non si tratti di un sistema intricato come quello adottato da Toyota che facilita l’estrazione e l’evacuazione della turbolenza generata dal rotolamento degli pneumatici mediante l’utilizzo combinato delle ventole di raffreddamento dell’ibrido e di appositi canali che attingono dalla zona degli archi ruota, potrebbe costituire oggetto di interessanti e ingegnosi sviluppi futuri.
A completamento del quadro troviamo, infine, gli ampi elementi aerodinamici laterali e frontali. Nel caso dei primi, si denota chiaramente il concetto aerodinamico di fondo che ha caratterizzato il lavoro dei progettisti, consistente nel generare un maggior carico verticale all’anteriore mediante l’utilizzo di superfici che ricalcano il dorso caratteristico dei profili ad alta pressione normalmente utilizzati sulle vetture da corsa e che hanno il compito di spingere i flussi verso l’alto piuttosto che verso i lati della vettura, producendo una minor resistenza a causa della ridotta interazione con le porzioni laterali del veicolo. Estremamente significativo è anche il lavoro svolto sulla fiancata della vettura, dove trovano spazio delle minigonne dal disegno particolarmente evoluto, forse il più interessante di tutta la griglia, a cui spetta il duplice ruolo di barriera e generatore di carico, ruoli a cui assolve contemporaneamente grazie ad una azione che blocca i flussi in ingresso laterale, evitando crescite anomale nella pressione del fluido del fondo vettura, e ad una di incremento della downforce o, nel peggiore dei casi, di riduzione del drag, mediante un disegno ad andamento curvilineo molto simile a quello adottato per lo splitter frontale.
Singolare è, a completamento dell’opera, l’assetto della vettura, che non sembra far ricorso ad alcun angolo di rake: al contrario di Toyota, che sembra sfruttare al massimo l’elevazione di 8º del fondo consentita dal regolamento, Ford assume un angolo pari a zero, col fondo parallelo al suolo in condizioni stazionarie. Probabilmente, i tecnici della M‑Sport hanno ritenuto sufficiente il carico generato dai profili in condizioni di angolo di rake neutrale, dimostrando quanto scuole di pensiero diverse possano spesso portare ad un risultato positivo che si concretizza nella conquista di uno dei più importanti eventi in calendario.
Ph. Ford ©