21 Gennaio 1982. I piloti di Formula 1 occupano il Sunnyside Hotel di Johannesburg, prendendo materassi dalle camere per stenderli nella hall principale, il tutto mentre Gilles Villeneuve ed Elio De Angelis suonano al pianoforte. Sta per prendere vita una vera e propria rivoluzione, avviata per un solo scopo: tutelare le proprie vite, cambiando le regole di un gioco che li aveva visti, fino a quel giorno, considerati dei gladiatori pronti a morire in un clima di indifferenza collettiva.
“Così non ci stiamo. Non siamo degli schiavi”.
Mentre Niki Lauda pronuncia queste parole alla stampa, le note di un’aria di Bach invadono la hall del Sunnyside Hotel di Johannesburg.
Il pianoforte è stato spostato davanti alla porta, onde evitare ogni accesso indesiderato, sotto gli occhi della stampa, che ai piedi della scalinata d’ingresso assiste attonita alla scena.
Seduto alle spalle del piano c’è un giovane ragazzo romano, a cui tutti, in tenera età, avevano pronosticato un futuro da star della musica classica. Le note salgono d’intensità, spinte dalle dita fini e sapienti di Elio de Angelis, mentre all’ingresso dell’albergo si ride e si scherza, in una surreale atmosfera che tanto ricorda le occupazioni studentesche che hanno dominato le cronache europee tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta.
Un canadese dagli occhi vispi e il piede pesante si avvicina al piano, prende una sedia, e, dopo uno scambio di sguardi, l’eleganza di Bach viene taciuta dalla ritmica tipicamente rossiniana del Barbiere di Siviglia. Elio de Angelis e Gilles Villeneuve suonano uno affianco all’altro, mentre un gruppo di piloti inizia a prendere i materassi dalle camere per stenderli nella hall. Non ci crede nessuno, eppure sta succedendo davvero.
È il 21 Gennaio 1982 e i piloti, uniti, hanno deciso: non si corre.
Il pomo della discordia era l’articolo 58 del regolamento sportivo, a cui era obbligatorio sottostare per ottenere la superlicenza. Il testo recitava: “La mia partecipazione avverrà a mio rischio e pericolo e non citerò, né io né i miei eredi o aventi diritto, alcuna persona o ente coinvolto direttamente o meno con l’avvenimento per quanto riguarda qualsiasi perdita o danno alla mia persona o proprietà in caso di incidente avvenuto mentre partecipo alla gara”.
L’allora inviato del noto quotidiano La Stampa, Cristiano Chiavegato, tracciava con l’inchiostro un incubo che aleggiava nella mente di tutti, ma che nessuno aveva il coraggio di esplicitare chiaramente:
“Si chiede ai piloti licenza di farsi uccidere”.
La penna si fa arma trafiggendo chiunque la legga e un brivido freddo pervade il corpo di chi, sereno e in fin dei conti distaccato, si ritrova a metabolizzare il concetto. È l’effetto della verità, nuda e cruda.
A ciò si aggiungeva un altro capitolo del regolamento, che vietava ai piloti di liberarsi da un contratto in essere con una scuderia fino al termine dello stesso, anche pagando una penale. Di fatto, si dava ai team potere totale di decisione sulla vita sportiva di un pilota. Nella più totale buonafede, alcuni piloti avevano già firmato, prima che Lauda e Pironi, allora rappresentanti della GDPA (l’associazione dei piloti), evidenziassero tali punti. Per la prima volta nella storia i piloti si ribellano, uniti. Mentre i due alfieri di Ferrari e McLaren erano nelle stanze dei bottoni a cercare una mediazione con Ecclestone, Mosley e Balestre, non certo tre personaggi facili con cui trattare, l’occupazione del Sunnyside Hotel prende pieghe goliardiche e simboliche.
I piloti dopo aver trascinato i materassi nella hall dell’albergo, ridono, scherzano e dormono assieme in una sorta di comune dorata che non aveva e non avrà eguali, decisi a difendere le loro ragioni fino all’ultimo. La soluzione si sbloccò solo il venerdì alle ore 10:15, decisamente tardi considerando che in Sudafrica si correva il sabato. Decisiva fu la mediazione del Direttore Sportivo dell’Alfa Romeo Pierluigi Corbari. Si scelse un armistizio più che una pace, con i piloti che accettarono di correre un Gran Premio che fino al giorno prima era seriamente a rischio annullamento, rimandando il tutto al lunedì successivo.
Vincerà Prost, con una gara capolavoro conclusa davanti a tutti dopo essere incappato in due forature ed essersi ritrovato addirittura doppiato a poco più di trenta giri dal termine.
Ma tutto passa in secondo piano.
Tra una composizione barocca del maestro Bach e un crescendo rossiniano, al Sunnyside Hotel si era appena scritta una pagina fondamentale della storia della Formula 1. Il vaso di Pandora era stato scoperchiato, il punto di non ritorno raggiunto. Nei frenetici giorni che hanno preceduto il Gran Premio del Sudafrica del 23 Gennaio di quarant’anni fa, si ebbe la prima, storica, ribellione dei piloti. Fu lì che ci si rese veramente conto che quei giovani scalmanati, che sedevano dietro al volante con gli occhi luccicanti e un coraggio leonino, erano uomini e non macchine, e che come tutti gli esseri umani erano fatti di sogni e paure, certezze e dubbi, forza di volontà e spirito critico.
Fu così che in quel week-end di fine Gennaio i piloti diedero vita a ciò che si concretizzerà in una rivoluzione culturale all’interno del mondo della massima categoria automobilistica, traghettando i piloti dal Medioevo all’Età Moderna.
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