ISTANBUL, TURKEY - NOVEMBER 13: Adrian Newey, the Chief Technical Officer of Red Bull Racing looks on from the pitlane during practice ahead of the F1 Grand Prix of Turkey at Intercity Istanbul Park on November 13, 2020 in Istanbul, Turkey. (Photo by Bryn Lennon/Getty Images) // Getty Images / Red Bull Content Pool // SI202011130249 // Usage for editorial use only //

A quasi trent’anni di distanza dai suoi primi allori Mondiali, Adrian Newey si dimostra ancora capace di fare la differenza e, con la conquista del titolo piloti da parte di Max Verstappen, aggiunge un ulteriore, ventunesimo sigillo ad un palmares tanto unico quanto straordinario. Analizziamo insieme metodi, ragionamenti e peculiarità di una mente unica nel panorama delle competizioni.

Di gran­di cervel­li, nel mon­do del motor­sport, ce ne sono molti. Anzi, moltissi­mi, se si con­tano tut­ti i tec­ni­ci “som­mer­si” che, o per nome, o per via del­la minor noto­ri­età del­la serie in cui cor­rono, non godono del­la fama o del­la riconoscen­za di cui meriterebbero.

Tut­tavia, tra essi, res­ta comunque raro trovare colui che dimostra di essere in gra­do di relazionar­si in maniera dis­in­vol­ta con la mag­gior parte, se non addirit­tura con cias­cuno, degli aspet­ti riguardan­ti un vei­co­lo da cor­sa. Ma l’eccezione, tra tutte, che con­fer­ma l’esistenza di una figu­ra per molti defini­bile “aliena”, ha un nome e un cog­nome ben pre­cisi: Adri­an Newey.

Ma per­ché pro­prio lui e non altri?

In prim­is, per­ché nes­suno tra i prog­et­tisti di For­mu­la 1, pre­sen­ti e pas­sati, ha vin­to così tan­to, con diver­si piloti e costrut­tori, per un così lun­go arco tem­po­rale. Sec­on­do, per­ché colui che scrive, almeno in ques­ta rara, strana vol­ta, sveste un atti­mo i pro­pri rig­orosi pan­ni di anal­ista tec­ni­co per mostrare una nat­u­rale, innega­bile ammi­razione nei con­fron­ti di una figu­ra pro­fes­sion­ale di rara elas­tic­ità men­tale. Motivi, questi, che ver­ran­no con­di­visi e com­pre­si più facil­mente nel cor­so di ques­ta analisi.

Risol­vere prob­le­mi tec­ni­ci è, per Newey, una ques­tione vitale, più che un sem­plice mestiere.

È un qual­cosa che trascende lo svol­gi­men­to di una ordi­nar­ia fun­zione lavo­ra­ti­va e che si trasfor­ma in un flus­so di lavoro più vici­no all’approccio che un artista ha ver­so la scrit­tura di un bra­no, can­ta­to o meno che sia, piut­tosto che al mec­ca­ni­co prob­lem solv­ing di un tec­ni­co qual­si­asi: ogni sec­on­do di una sua tipi­ca gior­na­ta è scan­di­to da ragion­a­men­ti con­tinui, da un’incessante rin­cor­sa tra una soluzione e un’altra, tra la let­tura di un rego­la­men­to e un’altra anco­ra. Anche per questo, piut­tosto che sbagliare stra­da in pre­da a soprap­pen­sieri tec­ni­ci nel ten­ta­ti­vo di recar­si a Mil­ton Keynes, lui, che la gui­da la ama e la vive davvero, preferisce affi­dar­si alle costan­ti e sicure mani di un autista. Così facen­do, sostiene, si aumen­ta il tem­po per leg­gere le mail, rispon­dere e dare anche una profi­cua sbir­ci­a­ta al lavoro che c’è da fare, rif­les­sioni rego­la­men­tari incluse.

Trarre gio­va­men­to da quel che si fa, si sa, equiv­ale ad avere una mar­cia in più. Newey rag­giunge lo scopo sem­plice­mente leggen­do i rego­la­men­ti e operan­do nei lim­i­ti da essi imposti. Nul­la di stra­or­di­nario, si potrebbe dire, ma è pro­prio qui che il Nos­tro fa davvero la differenza.

Sec­on­do la sua filosofia, le lim­i­tazioni e le pres­sioni tem­po­rali imposte da un mon­do tan­to com­pet­i­ti­vo quan­to veloce come quel­lo del­la For­mu­la 1, fun­gono da aut­en­ti­co car­bu­rante nel momen­to in cui ci si appres­ta a varare un nuo­vo prog­et­to. All’interno di con­fi­ni nor­ma­tivi apposi­ta­mente pre­dis­posti, la mente umana, se suf­fi­cien­te­mente allena­ta, si dimostra in gra­do di iden­ti­fi­care, con mag­gior facil­ità, i pos­si­bili mar­gi­ni di guadag­no, spes­so rap­p­re­sen­tati dalle cosid­dette “aree grigie” dei rego­la­men­ti, su cui con­cepire nuove ed inno­v­a­tive soluzioni tec­niche. E di esem­pi, nel vas­to reper­to­rio, ve ne sono tan­ti, l’ultimo dei quali è rap­p­re­sen­ta­to dal­la geniale ridis­po­sizione dei vari ele­men­ti geo­metri­ci del­la sospen­sione pos­te­ri­ore che, pur man­te­nen­do i medes­i­mi pun­ti d’attacco, sono sta­ti com­ple­ta­mente inver­ti­ti ai fini di incre­mentare il pas­sag­gio d’aria al di sopra del dif­fu­sore, nonché al di sot­to del doppio pro­fi­lo alare rap­p­re­sen­ta­to dalle cop­er­ture degli steli delle stesse, sen­za dover spendere get­toni per la riprog­et­tazione dell’intera cinematica.

Il fat­to che la Red Bull abbia schier­a­to, sfio­ran­do il tito­lo Costrut­tori e cen­tran­do quel­lo Piloti con Max Ver­stap­pen, una vet­tura che è la chiara evoluzione del­la prece­dente, ovvero del­la RB16 del 2020, spie­ga anche un altro fat­tore che nelle com­pe­tizioni può deter­minare un poten­ziale suc­ces­so oppure un fal­li­men­to: la con­ti­nu­ità.

Anal­iz­zan­do cias­cuno dei vari prog­et­ti por­tati a ter­mine nel cor­so di una car­ri­era che, nel­la mas­si­ma serie, è divenu­ta sta­bile a par­tire dal lon­tano 1987, è pos­si­bile iden­ti­fi­care diver­si grup­pi di vet­ture in cui si assiste a logiche, ma comunque sapi­en­ti, evoluzioni piut­tosto che a riv­o­luzioni, come nel caso delle varie Williams prodotte dal 1991 al 1994 o, anco­ra, delle varie serie uti­liz­zate dal 1995 al 1997, le McLaren degli anni 1998, 1999 e 2000, o, infine, le varie Red Bull del bien­nio 2007–2008 e quelle, vin­cen­ti, del tri­en­nio 2010–2013. Questo per­ché, data la natu­ra forte­mente aleato­ria e sper­i­men­tale delle com­pe­tizioni, è sem­pre meglio evol­vere deter­mi­nati ele­men­ti, dimostratisi vali­di e con solide basi prestazion­ali, piut­tosto che dis­eg­narne di nuovi in cui le incog­nite finis­cono solo per spre­car­si, aumen­tan­do le incertezze.

Rias­sumere i trat­ti di una per­son­al­ità gigan­tesca come quel­la di Adri­an Newey res­ta, ovvi­a­mente, un’impresa di dif­fi­cile ese­cuzione. Tut­tavia, provare a rac­con­tarne una parte attra­ver­so una descrizione delle prin­ci­pali metodolo­gie uti­liz­zate in fase prog­et­tuale rap­p­re­sen­ta non solo un poten­ziale pas­satem­po per tut­ti col­oro che nutrono una pas­sione nei con­fron­ti delle com­pe­tizioni, ma anche uno sti­mo­lo e, soprat­tut­to, una scuo­la di for­mazione in più per chi, come nel caso di chi scrive, fa del­la tec­ni­ca motoris­ti­ca la sua prin­ci­pale ragion d’essere.

Ph. Get­ty Images / Red Bull Con­tent Pool ©

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