Una Federazione Internazionale spesso e purtroppo inadeguata, una concezione di monoposto che sta per lasciare spazio ad un futuro incerto e colmo di punti interrogativi, due protagonisti straordinari, ed una guerra, la loro, che sta ufficialmente per volgere al termine. Nella notte di Abu Dhabi va in scena il gran finale, e fidatevi: non lo dimenticheremo mai.
Nella mia testa navigano talmente tanti pensieri che faccio fatica persino a riordinarli, figuriamoci a riassumerli in un articolo. Ma ho scelto di provarci. Per prima cosa, mi sento di dire: onore ai combattenti. Sono affascinato, personalmente, dal talento e dalla straordinaria intelligenza di Lewis Hamilton, per cui non ho mai avuto un debole, pur non negando le incredibili doti di un ragazzo che va verso le trentasette primavere. In Brasile mi aveva conquistato, in Arabia Saudita mi ha fatto comprendere quanto la testa faccia la differenza a questi livelli. Non ha mai mollato di un centimetro, lottando contro un destino che pareva continuare a volerlo estromettere dalla corsa iridata. La prima bandiera rossa, che gli aveva tolto quanto di buono aveva fatto nelle prime dieci tornate. Le provocazioni di Verstappen, alle quali non ha mai ceduto, alzando sempre il piede e rischiando di finire a muro pur di evitare contatti che sarebbero stati certi in condizioni normali. E i team radio: quanto tutto va a gonfie vele, Lewis si lamenta, anche oltremodo, suscitando spesso, non lo nego, la mia antipatia. Eppure, quando tutto va male, abbassa la visiera e si dimentica di quel che di negativo lo circonda. In molti avrebbero ceduto, di fronte ad una evidente inerzia che sembrava pendere tutta a vantaggio di Max. Questo non significa che sia stato remissivo, ma calmo piuttosto, anche nelle comunicazioni, e nel linguaggio del corpo durante i regimi di bandiera rossa. Arrabbiato, certo, ma mai sconfortato.
Anche fortunato, certo, a non perdere la sua ala anteriore nel discusso tamponamento, e a trovare la Virtual Safety Car nel primo e nel secondo settore, che ha congelato il gap tra lui e Max permettendogli di attaccare in rettilineo, e di innescare il duello che sarebbe poi durato a lungo. Ma la fortuna bisogna crearsela, e Lewis questo lo sa fare molto bene. Da sempre. Comunque vada a finire questa guerra, sono felice di aver visto un sette volte iridato, dopo moltissimo tempo, misurarsi con un degno rivale, dimostrando di valere tutto quello che ha vinto, oltre che di essere senza alcun dubbio uno dei migliori piloti di tutti i tempi.
E Verstappen? Credo, in sintesi, che il panico si sia appropriato della maturazione di Max, che era probabilmente certo, dopo il Gran Premio del Messico, di avere il campionato in tasca. A quattro gare dal termine, diciannove punti erano una bella assicurazione sul titolo. Sentendosi perso, o comunque ad un passo dal vedere le sue certezze sgretolarsi, sta attingendo dal suo “portafoglio delle scorrettezze” per evitare che il suo incubo si materializzi. Comprensibile, o forse no. Non intendo attaccarlo, tantomeno difenderlo, anche se pare a tutti evidente che si stia oltrepassando il limite. Probabilmente, nella sua testa, rimbombano i punti persi a Silverstone, a Baku, a Budapest, oltre che il sorpasso restituito a Sakhir nella fasi finali del Gran Premio del Bahrain, per non parlare della bandiera rossa di Imola, grazie alla quale Hamilton venne di fatto ripescato, negando inoltre a Carletto Leclerc un podio meritato sul campo.
Come si fa a perdere un campionato per lunghi tratti dominato? Non so se mi comporterei come Verstappen, anzi, conoscendomi direi proprio di no, ma mi fumerebbero le orecchie, come ad ognuno di voi. Max ha commesso il suo primo errore stagionale nelle qualifiche saudite, e basta questo a far comprendere lo stato mentale del talento olandese. Che poi stia esagerando, questo lo sappiamo tutti. Agendo in questo modo, tuttavia, sta portando i tifosi “disinteressati” a propendere per Hamilton e la Mercedes, che pare ora, messa a confronto con la Red Bull di Horner e Marko, una squadra di stinchi di santo. Curioso.
Apro a proposito una parentesi su Valtteri Bottas, che sta facendo il suo, comportandosi da signore: pur di evitare Verstappen in Curva 1, andando al bloccaggio, ha scelto di finire lungo piuttosto di centrare un incolpevole Max. Sarebbe stato un incidente di gara, per il quale Valtteri sarebbe stato sicuramente penalizzato, ma che di fatto avrebbe consegnato il titolo al compagno di squadra. Ho apprezzato tantissimo, anche se non va comunque dimenticato che, nel corso del primo regime di Safety Car, Valtteri ha fatto di tutto per rallentare Max. Qui ho apprezzato di meno, ma penso che a parti invertite sarebbe accaduto lo stesso, mentre ho dubbi su quel che sarebbe successo, sempre a parti invertite, nel primo episodio da me menzionato. Non lo sapremo mai, o almeno spero.
So che vi aspettate un commento sulla Federazione Internazionale e sul suo operato. Premessa: penso che nessuno, al momento, vorrebbe essere al posto dei commissari e di Michael Masi. La Race Direction sta gestendo una situazione incandescente, non soddisfacendo nessuna delle parti in causa, probabilmente ostaggio e succube di Liberty Media, che come avevo anticipato in un altro articolo, avrebbe fatto di tutto per arrivare ad Abu Dhabi in questa situazione. Vi aspettavate davvero che dessero bandiera nera a Verstappen, o una penalizzazione in griglia per quanto riguarda il Gran Premio di Abu Dhabi? Show must go on, almeno fino a Yas Marina. Mai frase fu tanto veritiera come in questo caso. Per il resto, penso che sia chiaro che Masi si stia dimostrando inadeguato. Siamo arrivati a rimpiangere il compianto Charlie Whiting, che nei suoi ultimi anni alla guida della Direzione Gara, non dimentichiamolo, ne aveva combinate peggio di Bertoldo, incassando persino un «dite a Charlie Whiting di andare a fare in c*lo» in diretta mondiale da un Sebastian Vettel imbufalito. Anche in quel caso, peraltro, a causa di Verstappen. Questo, in generale, la dice lunga sul discutibile operato della Federazione.
Onore ai combattenti, comunque, come ho detto. A chi combatte per riscrivere totalmente per la storia, a chi combatte per realizzare un sogno, a chi combatte nella speranza di tempi migliori (sotto tutti i punti di vista). E, per concludere, onore a queste vetture di Formula 1. Non dimentichiamoci, infatti, che ad Abu Dhabi diremo per sempre addio a questa concezione di monoposto, che finalmente, dopo anni scontati e poco gratificanti, ci ha regalato uno spettacolo dalle mille e una notte.
Da godersi sotto le stelle di Abu Dhabi.
Che vinca il migliore!
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