Chi ha detto che i bambini sognano solo auto supersportive? Sicuramente non io, visto che volevo una station wagon.
Partiamo da un presupposto: chi scrive ha sempre avuto un debole per le station wagon sportive. Essendo cresciuto con un papà che, da quando ha tolto i panni del ragazzino ed è dovuto entrare nell’ottica del padre di famiglia, ha sempre avuto vetture di questo segmento, ho letteralmente vissuto la mia infanzia e la mia adolescenza all’interno di queste cinque porte spaziose e confortevoli, che in caso di necessità permettevano di caricare qualsiasi cosa la mamma avesse avuto voglia di comprare. Senza contare gli innumerevoli traslochi di case e cantine, impossibili senza un’auto del genere.
Fatta questa doverosa premessa, posso spingermi ad affermare che poche cose mi entusiasmano come una SW sportiva ben fatta. Più che un’auto è uno stile di vita, la dimostrazione pratica che scendere a compromessi non è sempre un male, che, anche se hai bisogno di spazio per caricare bambini, cani, bagagli, attrezzature e chi più ne ha più ne metta, non sei disposto a sacrificare velocità e piacere di guida.
Di station wagon sportive ce ne sono state, nel tempo, di tutte le salse, con M3 ed M5 Touring ed RS4 ed RS6 Avant che più di altre hanno lasciato il segno, imponendosi come benchmark di categoria. Eppure oggi voglio parlarvi di una vettura di fascia inferiore, i cui prezzi non sfiorano le tre cifre, dato che non hanno sedili in pelle nappa con quattro diverse funzioni di massaggio, né tantomeno un V8 o un V10 con cilindrate stratosferiche sotto il cofano.
Come vi ho anticipato, mio padre ha sempre avuto delle SW, più precisamente delle Ford. Prima una Escort Ghia 1.9 TD su cui sono letteralmente cresciuto, poi una Focus 2.0 GPL con 150 CV, che ai tempi mi sembravano tantissimi, ed è stata la prima vettura che ho avuto il piacere di incidentare.
Quando papà acquistò la Focus io frequentavo le scuole medie e per quando quell’auto mi piacesse, sognavo l’acquisto della grande station wagon di casa Ford, la Mondeo. Ovviamente sognavo anche Ferrari, Maserati, Lamborghini e compagnia cantante, ma essendo una persona molto razionale, ad undici anni ero conscio del fatto che non ce ne saremmo mai potuti permettere una da tenere in garage. Comunque, io non volevo una Mondeo qualsiasi, con un motore diesel da rappresentante di una piccola azienda che ha fatto carriera, ma non abbastanza da permettersi una tedesca.
Io sognavo la Ford Mondeo ST 220 Sw.
Già, ero parsimonioso anche nei sogni.
A parte gli scherzi, a me questo giochino piaceva e pure tanto, sia a livello estetico sia per tutto ciò che offriva il comparto tecnico e meccanico. In primis, bisogna sottolineare come la ST220 segnò il ritorno dello SVE sul mercato europeo. L’acronimo sta per Special Vehicle Engeneering, ovvero il reparto sportivo di casa Ford. L’ultima volta che misero piede in Europa, prima di iniziare a lavorare quasi esclusivamente sulle Mustang, avevano regalato agli appassionati del Vecchio Continente due capolavori quali la Escort e la Sierra Cosworth.
Poi c’è il nome, ST220, dove le lettere stanno per Sport Technologies, mentre 220 sono i BHP (British Horse Power) corretti per difetto, dato che in realtà la cifra esatta della potenza prodotta dal Duratec Cosworth V6 è 223 BHP, l’equivalente di 226 CV. Si tratta di un propulsore in alluminio da 3.0 litri e 24 valvole capace di generare 275 Nm di coppia massima a 4750 giri al minuto. Su strada, ciò si traduce in uno scatto da 0 a 100 km/h in circa 7 secondi, con una velocità massima di 250 km/h. Niente di esagerato, certo, ma per una vettura che costava a listino poco più di 30.000 euro, non era affatto male.
A renderla speciale però, non era tanto il motore, quanto la dinamica di guida. In Ford decisero di abbassare l’assetto di 15 mm, lavorando su rigidità, compressione ed estensione degli ammortizzatori, oltre a modificare le barre anti-rollio. A ciò vanno aggiunti i fantastici cerchi in lega da 18 pollici a sedici razze che calzano gomme maggiorate e permettono alla Mondeo di essere precisa come una lama nei tratti guidati. Nonostante la trazione anteriore, il sottosterzo è quasi assente a patto di guidarla come si deve e il rollio non è mai eccessivo né fastidioso. Ad aumentare il feeling di guida c’era lo sterzo, molto più diretto rispetto a quello della Mondeo di serie e anche l’impianto frenante fu adeguato alla maggiore potenza.
Tante riviste specializzate del passato erano assolutamente entusiaste delle doti dinamiche della ST220, tanto da ergerla a vettura migliore del suo segmento, sia nella sua versione berlina che in quella SW. A tutto vantaggio di quest’ultima, va detto anche che era ed è tuttora complicato trovare una vettura che pesi in ordine di marcia (quindi con tutti i liquidi, pieno di carburante compreso, e con un guidatore stimato di 75 kg) poco più di 1500 kg.
Inizialmente, il cambio era l’MTX-75, un manuale a cinque rapporti con spaziatura specifica, ma questo venne sostituito nel corso della produzione con un più godibile sei marce. In entrambi i casi la progressione del motore era ottima, accompagnata, grazie all’intera linea di scarico in inox, da un sound stuzzicante che si avvicina a quello di un propulsore boxer.
Il Duratec 3.0 è un motore abbastanza particolare, che Ford ha sfruttato in America sulla Taurus e che in Europa non si era mai visto prima. Rispetto a quello americano, differisce per i collettori d’aspirazione e scarico maggiorati, valvole più grandi e un profilo più spinto degli alberi camme. Scelto per la sua economicità e per la proverbiale affidabilità dimostrata, il Duratec, per via della conformazione della camera di scoppio (89 mm alesaggio, 79.5 mm corsa), è un motore che favorisce la potenza a scapito della coppia. Una peculiarità acuita nella versione europea dai collettori e dallo scarico di dimensioni più generose, motivo per il quale la coppia massima si ottiene solo una volta arrivati a quota 4750 giri/min.
Di fatto, questo è un motore che se non viene fatto cantare agli alti regimi, non dà enormi soddisfazioni, ma permette alla ST220 di essere una Station come tante quando si deve passeggiare per le vie del centro.
Altra cosa che mi faceva impazzire era l’aspetto estetico. Il body-kit utilizzato dalla casa di Detroit era veramente spinto, con un paraurti anteriore molto aggressivo, minigonne pronunciate e passaruota allargati, mentre al retrotreno il nuovo paraurti lasciava spazio al doppio scarico sportivo. Dentro si respirava il giusto mix di sportività ed eleganza, anche se la scena era dominata dai bellissimi sedili sportivi Recaro riscaldabili in pelle e Alcantara.
In sostanza, questa station pepata era esattamente ciò che avrei voluto che papà acquistasse nel 2006 quando la Escort di famiglia, ormai giunta alla soglia dei 300.000 kilometri, si apprestava ad essere imbarcata verso l’est Europa per lasciare spazio alla sua erede.
In fondo, non chiedevo tanto: un 3.0 V6 dal sound che rapisce e un estetica mozzafiato, il tutto racchiuso nella carrozzeria di una familiare, spaziosa per tutti grazie ai 4,8 metri di lunghezza e con un bagagliaio che ci avrebbe permesso di andare in vacanza senza problemi con i suoi 540 litri di capacità di carico.
Perché, a undici anni, c’è chi sogna una Ferrari F40, e chi, come il sottoscritto, non vedrebbe l’ora di scendere in garage e vedere una Ford Mondeo ST220 SW.
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