Per contrastare la rarefazione dell’aria ad alta quota, Ferrari predispone la SF21 di cestelli dei freni dalla forma specifica e appositamente studiata. Analizziamo il ruolo e il funzionamento di questi complessi e affascinanti componenti ingegneristici.
Disputato in pianta stabile prezzo l’Autodromo Hermanos Rodriguez, il Gran Premio del Messico si caratterizza per l’elevata e inusuale altezza di collocazione, pari a ben 2238 m di altezza, che sovverte i parametri aerodinamici altrimenti seguiti in prossimità del livello del mare.
A causa della quota in questione, si riscontra un forte fenomeno di rarefazione che impone il ricorso a diversi stratagemmi e schemi tecnici normalmente utilizzati sui circuiti ad elevato, o elevatissimo, carico aerodinamico.
La sfida imposta dal layout stesso del circuito e dalla sua altitudine, si ripercuote anche sulla guida e, in particolare, sulla frenata. La minor densità dell’aria porta, infatti, anche ad una riduzione della resistenza all’avanzamento, spingendo le vetture in prossimità di una velocità massima di oltre 360 Km/h lungo il rettilineo principale e, di conseguenza, ad una frenata dal picco particolarmente elevato in approccio alla Curva 1, quantificabile in circa 5.6 g.
Pertanto, nonostante le incidenze e gli assetti dei pacchetti aerodinamici molto vicini a quelli utilizzati per il GP di Monaco, si registrano frenate ben più lunghe del solito, prevalentemente a causa della minor efficacia degli assembly in questione, e che esercitano uno stress molto forte su pinze e dischi freno, che necessiteranno di un maggior apporto d’aria al fine di mantenere adeguate le temperature d’esercizio.
Per tale ragione, Ferrari ha predisposto un sistema di cestelli freno appositamente progettati per questo particolare appuntamento mondiale, evolvendo in parte i componenti di cui ha finora disposto in fase di campionato.
Nello specifico, il sistema che vedremo in azione a partire dalle prime prove libere sarà basato su una configurazione di tipo semi-aperta, come fatto per i più recenti GP, che sostituisce i cestelli parzialmente chiusi utilizzati in precedenza. Lo schema in questione permette di assolvere ad una duplice funzione dove, servendosi della presa utilizzata in comune dagli elementi principali del cestello, è possibile suddividere in due l’intero assieme, con una parte destinata a deviare il flusso, proveniente dall’ala anteriore, verso l’esterno e con l’altra che assolve al più tradizionale compito di raffreddamento dell’impianto frenante.
Il beneficio che se ne ricava è, dunque, duplice: da un lato si riesce ad ottimizzare la pulizia del flusso, cruciale su una vettura a ruote scoperte, grazie alla miglior gestione dei filetti fluidi provenienti dall’alettone anteriore, al contempo allontanando le forti turbolenze generate dal rotolamento stesso dello pneumatico e dall’impatto che questi ha con l’aria che vi scorre attorno, e, dall’altro, si riesce ad esercitare un maggior controllo nella gestione delle temperature della mescola, tenute a bada proprio dal raffreddamento stesso del sistema frenante e, quindi, da minori temperature complessive che evitano accelerazioni indesiderate dell’usura.
Unitamente a quanto già visto e operato in materia di ibrido, il cui funzionamento è stato già ampiamente spiegato in precedenza e la cui efficacia è stata avvalorata anche dai piloti stessi del Cavallino, le soluzioni in questione permettono di bilanciare molto un confronto che, sul livello del mare, si sarebbe rivelato ancora impari a causa del maggiore drag di cui la SF21 dispone. Di conseguenza, il livellamento di questi parametri indotto dalla maggior quota operativa fa si che si possa sperare non solo in una gara positiva per la Rossa ma anche, e in senso più generale, in un Gran Premio ricco di sorprese e interessanti incognite.
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