“Le grandi concept dimenticate”. Una rubrica targata Italian Wheel, che nasce per celebrare alcune delle concept car capaci di lasciare il segno nel settore del design automobilistico, nonostante un eco mediatico non troppo marcato. Apriamo con un modello in grado di rapire, ancora oggi, per linee ed innovazioni. Parliamo della BMW Nazca M12.

Tan­to ama­ta, nel­la sto­ria di BMW, da dar vita, nel tem­po, ad un trit­ti­co di ben tre vet­ture. Di che cosa sti­amo par­lan­do? Del­la BMW Naz­ca M12, ovvi­a­mente. Un mod­el­lo ideato nel lon­tano 1990, influen­za­to dal­la nasci­ta del­la ID90, pri­ma vet­tura marchi­a­ta Bugat­ti dis­eg­na­ta da Gior­get­to Giu­gia­ro, pre­sen­ta­ta al Salone Inter­nazionale di Tori­no. Agli albori, il prog­et­to orig­i­nale era quel­lo di trasfor­mare la ID90 in pro­totipo mar­ciante, tut­tavia, Fab­rizio Giu­gia­ro spinse per andare oltre, non soltan­to stilis­ti­ca­mente, ma anche mec­ca­ni­ca­mente, real­iz­zan­do un telaio appos­i­to con sospen­sioni specifiche.

Nasce in questo con­testo la Naz­ca M12, figlia di due mon­di: quel­lo del­la For­mu­la 1 quel­lo del­lo Sport Grup­po C. La vet­tura dispone­va di una car­rozze­ria in fibra di car­bo­nio dalle linee molto flu­ide, con un telaio real­iz­za­to in fibra di car­bo­nio, cosa rara ed inusuale per il peri­o­do stori­co nel­la quale la M12 si coll­ca, ed un sot­tote­laio pos­te­ri­ore in mag­ne­sio sul quale sono imbul­lonate le sospen­sioni e le com­po­nen­ti motore-cam­bio: il tut­to garan­ti­va garan­ti­va un peso piu­ma di cir­ca 1100 kg. Alla pro­duzione di serie si ricorre soltan­to per prel­e­vare il motore, il V12 BMW prove­niente diret­ta­mente dal­la 850i, capace di svilup­pare 300 CV, ed il cam­bio, lo ZF: tut­to il resto viene svilup­pa­to speci­fi­ca­mente da Italde­sign. Lun­gi dal trat­tar­si una sem­plice show­car per stupire la platea, la Naz­ca M12 viene sta­ta tes­ta­ta da BMW in gal­le­ria del ven­to e ottiene un risul­ta­to in sin­to­nia con linee e snellez­za del­la vet­tura: si par­la di un Cx di appe­na 0,26, favorito dal fat­to che buona parte del­la car­rozze­ria era cos­ti­tui­ta da un uni­co pezzo.

Le porte si apri­vano in modo con­ven­zionale, ma i finestri­ni non era­no inte­grati in esse: face­vano invece parte del tet­to e si soll­e­va­vano ver­ti­cal­mente. Il pro­totipo fu pre­sen­ta­to al Salone Inter­nazionale di Ginevra del 1991 (il solo ed uni­co ad essere prodot­to, in appe­na tre esem­plari), al quale seguirono la ver­sione C2 (da 350 CV) per il Salone di Tokyo del 1992 e, infine, la C2 Spi­der, sve­la­ta in occa­sione del Gran Pre­mio di Monte-Car­lo del 1993.

Chi dimen­ti­ca fa male.

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