Poco da dire sulla gara delle Ferrari, ad Austin. La tranquilla solitudine di Charles Leclerc fa da contrappunto alla frustrazione di un Carlos Sainz che meritava di più. Molto da dire, invece, sui progressi della SF21: dal Lone Star State arrivano conferme importanti.
“Una delle migliori gare dell’anno”. Così, lapidario, Charles Leclerc racconta il suo quarto posto al COTA. Un week-end senza problemi, una gara che arriva a definire noiosa che gli presenta un quarto posto prezioso. Primo degli “altri”, con oltre cinquanta secondi di distacco dai contendenti per il titolo, è vero. Ma a soli dieci secondi da Sergio Perez, che ha tenuto un ritmo migliore solo nel primo stint. Checo aveva problemi di salute, probabilmente non poteva spingere adeguatamente ed era in gestione per difendere il podio; il fatto che il pilota ferrarista abbia provato ad avvicinarlo, senza riuscire a raggiungerlo, parrebbe confermare l’idea di una Red Bull comunque superiore, ma la prestazione è sicuramente notevole.
Meno luminoso il percorso di Carlos Sainz. Le note dolenti cominciano già durante le qualifiche. Carlos esce in Q2 prima con un treno di morbide, per tenersi le medie nel secondo tentativo. Invece, qualcosa cambia, la pista è più lenta e lo spagnolo non riesce a migliorarsi. Per capire quanto questo lo abbia danneggiato, basti pensare che è l’unico a partire con le supersoft, alla domenica. Le gomme rosse non riescono nemmeno a dare più sprint ai primi giri della Ferrari numero 55: in partenza viene sopravanzato da Daniel Ricciardo, prova ad attaccarlo inutilmente e da quel momento comincia la seconda parte del calvario.
Al primo pit stop si fermano insieme ed escono a posizioni invariate, Carlos marcisce dietro all’autraliano, mentre il passo dell’altra Ferrari chiarisce cosa succederebbe se Sainz riuscisse a passare la McLaren. In Ferrari si prova l’undercut, ma è un tentativo che fallisce prima ancora di vedere la luce: un problema alla posteriore destra porta a quasi sei secondi la durata della sosta e Ricciardo è salvo. L’unica speranza è un sorpasso in pista, Sainz ci prova, ma non riesce; in un contatto rovina anche l’ala anteriore e questo gli costerà la sesta posizione, perché consente ad uno spento Bottas di sopravanzarlo a pochi chilometri dal traguardo.
Nel dopo corsa, il pilota si è lamentato di un ennesimo errore nei suoi pit stop, il terzo in poche gare. Anche Mattia Binotto, ai microfoni di Sky, ha parlato molto chiaramente dell’importanza di prestar massima attenzione ai dettagli. Il danno patito oggi è poca cosa, un analogo errore in altre circostanze potrebbe costare una vittoria o un campionato. Limare queste piccole imperfezioni è fondamentale, soprattutto in ottica futura.
Sì. Il 2022 è dietro l’angolo, con il suo carico di novità e di speranze. Speranze alimentate dall’evoluzione inattesa della stagione del Cavallino Rampante. Prima dell’estate, pur evidenziando gli enormi progressi rispetto alla stagione scorsa – del resto, come avrebbe potuto essere altrimenti – era netta la sensazione che ci fossero lacune importanti nella vettura. Piste adatte e circuiti non favorevoli, prestazioni interessanti alternate ad altre deprimenti. Insomma, meglio certo, ma bene o male la stessa minestra.
Nell’ultimo periodo, invece, hanno cominciato ad arrivare aggiornamenti che hanno reso la SF21 molto più competitiva. La superiorità della McLaren, palese fino a qualche settimana fa, non si vede più: anche ad Austin entrambe le Ferrari hanno mostrato di avere un pacchetto migliore rispetto a quello dei rivali di Woking. L’aspetto più interessante di questa rimonta è quello della continuità, in particolare da quando è arrivata la nuova parte ibrida della Power Unit di Maranello. In ogni gara, su ogni circuito, in condizioni meteorologiche e di aderenza completamente diverse, le Ferrari ci sono e sono frequentemente in testa al pacchetto degli inseguitori di Mercedes e Red Bull.
Prestazioni. Continuità. Ma non è tutto. C’è un aspetto che, in un certo senso, chiude il cerchio con ciò da cui siamo partiti, l’unica nota dolente di questo periodo, i pit stop. In passato, anche negli anni più recenti, le stagioni della Ferrari sono state condizionate pesantemente da un fenomeno che ormai pareva un tormentone, la scusa buona da tirare in ballo per ogni occasione: ciò che funziona al simulatore non funziona in pista. Risultato, intere stagioni buttate ed altre cominciate in modo molto promettente, ma destinate al fallimento perché la vettura non progredisce, perché mancano gli aggiornamenti. O meglio, gli aggiornamenti arrivano, ma finiscono per venire scartati, mentre i team rivali marciano a passo di upgrade verso il trionfo.
La questione della galleria del vento, della corrispondenza tra i dati del simulatore e quelli della pista, ormai causava reazioni isteriche tra i tifosi della Rossa. Il nuovo simulatore non risulterebbe essere stato testato dai piloti, ma questo non impedisce ai tecnici di Maranello di sfornare novità che funzionano. Paradossalmente, che questo avvenga senza il supporto della nuova avveniristica struttura è un’ottima notizia. Significa che i risultati vengono dal metodo di lavoro adottato e questa è la più bella delle notizie, perché i macchinari diventano obsoleti, il genio del progettista non sempre produce idee adeguate, mentre un metodo di lavoro ha numerosi vantaggi, primo tra tutti il fatto di essere ripetibile.
La speranza di rivedere la Ferrari ai vertici, che lotta per pole position e vittorie, che aspira alla lotta per il titolo mondiale, alla luce di quello che sta accadendo aumenta. Sarà, come sempre, il cronometro a dire ai tifosi, tra qualche mese, se si potrà credere in una rinascita veloce o se sarà necessario continuare a soffrire. Per ora, rimangano un punto fermo le sensazioni, le buone prestazioni, la certezza offerta dai due piloti, la crescita generale e continua della vettura. E non è poco.
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