La fenomenale prestazione della Red Bull e del beniamino di casa Max Verstappen ha messo in luce le difficoltà che la Mercedes ha palesato in un week-end a lei poco favorevole. Analizziamo tutti i perché di questi problemi.

Il rin­no­va­to cir­cuito di Zand­voort si è fat­to imme­di­ata­mente notare per un lay­out del tut­to par­ti­co­lare, carat­ter­iz­za­to da una car­reg­gia­ta stret­ta e da una con­tin­ua alter­nan­za di for­ti salis­cen­di che cul­mi­nano, su tut­ti, in curve par­a­boliche che rie­vo­cano un pas­sato cor­saio­lo ormai lontano.

Ed è sta­ta pro­prio ques­ta carat­ter­is­ti­ca del­la pista olan­dese a causare non pochi prob­le­mi di inter­pre­tazione a piloti e ingeg­neri che, essendo poco avvezzi con con­fig­u­razioni così sin­go­lari, han­no dovu­to far fronte a non pochi dilem­mi tec­ni­ci des­ti­nati a rimanere, in alcu­ni casi, anche irrisolti. Di con­seguen­za, appare subito ovvio come il rina­to trac­cia­to si presti più ad una con­fig­u­razione ad alto cari­co aero­d­i­nam­i­co, piut­tosto che ad una in cui, ad ess­er predilet­ta, è l’efficienza com­p­lessi­va e che, tradot­to in nomi e numeri, por­ta a propen­dere mag­gior­mente ver­so il set­up ad alto rake e pas­so più cor­to del­la Red Bull RB16B, dimostratasi rapidis­si­ma nelle mani di entram­bi i piloti di scud­e­ria, inclu­so un Ser­gio Perez impeg­na­to in una furi­bon­da rimon­ta che attes­ta, nonos­tante gli scar­si mar­gi­ni fisi­ci a dis­po­sizione, quan­to com­pet­i­ti­va essa fos­se tra le curve Orange.

Nel­lo speci­fi­co, la Mer­cedes W12 F1 e il suo asset­to a bas­so ango­lo di rake, pas­so lun­go ed ele­va­ta effi­cien­za aero­d­i­nam­i­ca han­no incon­tra­to le mag­giori dif­fi­coltà nei pas­sag­gi tra le Curve 2 e 3, dove la pri­ma va ad innes­tar­si brus­ca­mente nel­la forte par­a­bol­i­ca rap­p­re­sen­ta­ta dal­la seguente, ovvero la Hugen­holtzbocht. Pro­prio in ques­ta par­ti­co­lare tran­sizione, la vet­tura tedesca perde­va, già in qual­i­fi­ca, 0.18 sec­on­di se con­fronta­ta con la diret­ta rivale aus­tri­a­ca, con con­seguente riper­cus­sione neg­a­ti­va sul cumu­la­ti­vo finale del cronometro quale tan­gi­bile risul­ta­to e riv­e­lando, per­tan­to, l’esistenza di un prob­le­ma di fon­do nell’approccio a tale settore.

Ciò che rende tale dinam­i­ca di par­ti­co­lare com­p­lessità è iden­ti­fi­ca­bile, come intu­ibile, nel­la com­bi­nazione tra il bank­ing del­la Cur­va 3 e il con­comi­tante inquadra­men­to all’interno di una con­fig­u­razione ad S. Questo aspet­to aggra­va par­ti­co­lar­mente la let­tura dell’intera sezione, in quan­to neces­si­tante di un com­pro­mes­so tec­ni­co in gra­do di facil­itare tan­to la per­cor­ren­za quan­to, soprat­tut­to, l’uscita dal­la Cur­va 2 al fine di pro­durre un buon innesto in direzione del­la 3.

La situ­azione appe­na descrit­ta rap­p­re­sen­ta appieno il caso delle Mer­cedes, dimostrate­si più attar­date in usci­ta dal­la Cur­va 2 e, di con­seguen­za, più lente e affat­i­cate una vol­ta arrivate all’ingresso alla Hugen­holtzbocht, dove ad aver la meglio sono sta­ti Max Ver­stap­pen e la RB16B, com­p­lessi­va­mente più pre­cisi e rapi­di nei cam­bi di direzione rispet­to ai rivali. A poco sono servite le vari­azioni fat­te sul set­up del­la vet­tura di Valt­teri Bot­tas che, in par­ti­co­lare, ha dap­pri­ma lamen­ta­to un ecces­si­vo sovraster­zo attorno alla metà del giro, poi tra­mu­tatosi in un per­sis­tente sot­toster­zo indot­to dagli ulte­ri­ori cam­bi­a­men­ti resi nec­es­sari dalle sen­sazioni appe­na descritte, pro­ducen­do trai­et­to­rie larghe pro­prio in usci­ta dal­la famiger­a­ta Cur­va 2 e, di con­seguen­za, una più lenta e fati­cosa immis­sione sul­la 3.

Per cer­to, il pas­so lun­go delle Stelle ha gio­ca­to un ruo­lo impor­tante nel­la ges­tione del­la vet­tura in tale cur­va, dove il bank­ing di dician­nove gra­di ha mes­so a dura pro­va cias­cu­na delle mono­pos­to che ne ha affronta­to la per­cor­ren­za e, uni­ta­mente ad esso, è oppor­tuno anche men­zionare il mag­giore cari­co prodot­to dal­la Red Bull lun­go tut­ti i set­tori del tracciato.

I tec­ni­ci di Mil­ton Keynes sono, infat­ti, rius­ci­ti a recu­per­are ulte­ri­ori pun­ti attra­ver­so l’introduzione di un pic­co­lo ele­men­to, denom­i­na­to “pro­fi­lo Z” a causa del­la sua for­ma carat­ter­is­ti­ca, che, se pos­to sul bor­do d’uscita del fon­do e in prossim­ità del­la ruo­ta pos­te­ri­ore, crea un sig­illo che per­me­tte di repli­care l’effetto degli slot ormai scom­par­si a causa del taglio rego­la­mentare oper­a­to sul fon­do, pro­ducen­do un vor­tice più rapi­do ed ener­giz­za­to in gra­do di aggiun­gere ulte­ri­ori e preziosi chili di cari­co aero­d­i­nam­i­co ad una vet­tura che, in tale ambito, si dimostra essere sem­pre più avan­za­ta e all’avanguardia.

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