11 Giugno 1955. Lungo le curve del Circuit de la Sarthe viene scritta quella che senza ombra di dubbio possiamo definire la pagina più buia della storia delle corse automobilistiche.
Durante l’edizione del 1955 della 24 Ore di Le Mans avvenne quello che fu uno degli incidenti più gravi della storia del motorsport.
Gli sfortunati protagonisti di questo tragico evento furono il pilota Mercedes Pierre Levegh sulla 300 SLR, Mike Hawthorn sulla Jaguar D‑Type e il doppiato Lance Macklin su Austin-Healey.
Per raccontare l’incidente dobbiamo però partire dalla storia del primo dei tre piloti, Pierre Levegh, un gentleman driver di cinquant’anni per cui la 24 Ore di Le Mans non era una semplice corsa, ma un’ossessione.
Era solo un bambino quando vide questa leggendaria gara per la prima volta e si impose come scopo la vittoria sul circuito de La Sarthe. Ci andò vicinissimo nel 1952, quando la sua Talbot ruppe il motore nell’ultima ora di gara quando l’equipaggio aveva quattro giri di vantaggio sul secondo classificato. La colpa fu di un cambio di marcia errato, probabilmente causato dalla stanchezza di Levegh che aveva guidato ininterrottamente per oltre 22 ore senza cedere il volante al compagno di squadra Jean Trevoux.
Quella condotta di gara assolutamente folle fu unanimemente deplorata da addetti ai lavori e tifosi ma non da Alfred Neubauer, il direttore sportivo della Mercedes-Benz che a fine gara entrò nel box di Levegh promettendogli un sedile in una delle vetture della Stella non appena questa si fosse presentata ai nastri di partenza della 24 Ore di Le Mans.
Dopo due anni di assenza dalla terra francese, Mercedes si presentò nel 1955 con le fantastiche 300 SLR e tre equipaggi di tutto rispetto: Moss e Fangio come prime guide, André Simon e John Fitch come seconde guide e Karl Kling e il nostro Pierre Levegh sulla terza vettura.
Il disastro arrivò in maniera del tutto inaspettata. Mike Hawthorn, in testa alla corsa, era prossimo alla sosta e all’imbocco del rettilineo si trovò davanti la Austin del doppiato Macklin. Una volta eseguito il sorpasso, Hawthorn decise di rientrare ai box frenando bruscamente e Macklin, nel tentativo disperato di evitare la Jaguar, cercò di scartare la vettura sterzando bruscamente a sinistra. Nel tentativo disperato di portare a termine la manovra, Macklin perse il controllo della sua auto, finita sulla zona sporca della pista.
Alle sue spalle, arrivava a tutta velocità proprio Pierre Levegh che non ebbe il tempo nemmeno di provare a sterzare per spostarsi di corsia. L’impatto fu inevitabile.
La vettura dell’inerme Macklin si trasforma in una rampa per la Mercedes di Levegh, che prese il decollo schiantandosi dapprima contro pilone del tunnel pedonale situato vicino alle tribune poi contro le tribune piene di spettatori. Molti furuno i pezzi della vettura scagliati contro le gradinate, tra cui il cofano e l’asse anteriore delle ruote, che impattarono violentemente contro i tifosi. Dopo due esplosioni, la vettura prese fuoco, non lasciando alcun scampo a Levegh.
Erano le 18.26.
Nonostante tutto questo, le autorità decisero di non interrompere la corsa, ufficialmente per evitare che il pubblico presente in pista se ne andasse in massa, ostruendo potenzialmente i soccorsi, risultati poi vani per 83 persone.
Per un assurdo caso del destino a vincere la corsa fu proprio Mike Hawthorn, che all’arrivo festeggiò come se nulla fosse accaduto. Una macchia nera che lo segnò per la sua breve carriera, in quanto dopo la conquista del Campionato di Formula 1 del 1958 al volante della Ferrari, morì in un tragico incidente stradale.
La strage ebbe un forte impatto sul mondo delle corse automobilistiche e molte gare della stagione furono cancellate. Non si disputarono il Gran Premio di Germania, la Coppa Acerbo e il Gran Premio di Svizzera. La nazione elvetica, per di più, introdusse una legge per vietare le gare automobilistiche sul suo territorio, mentre la Mercedes, dopo aver vinto il campionato di F1 con Fangio, si ritirò dalle corse in segno di rispetto per le vittime, facendovi ritorno solamente 32 anni dopo, nel 1987.
Ad oltre sessant’anni di distanza, Le Mans 55’ rimane una della pagine più buie dell’automobilismo.
Una tragedia che non potrà mai essere dimenticata.
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