Era il 1988 e gli anni Novanta erano già arrivati prima ancora che la gente potesse accorgersene. Il mercato dell’auto era in pieno fermento e le corse trascinavano le vendite. Si era arrivati ad un livello tale per cui, in Germania, non potevi definirti appassionato senza seguire il DTM.
Quelle berline volanti che sfrecciavano lungo i circuiti più belli della nazione e si sfidavano a suon di sportellate erano il sogno proibito di migliaia di tedeschi e non solo. Così le varie case automobilistiche cercarono di assecondare i palati degli appassionati sfornando bolidi che potessero, anche solo lontanamente, restituire un feedback di guida e le emozioni che le gemelle da pista regalavano a milioni di spettatori.
Tra queste c’era sicuramente la Mercedes, che proprio negli anni a seguire, diede vita, con l’Alfa Romeo, ad una delle rivalità più note nella storia dell’automobilismo. Ma c’erano ancora da battere Ford e lo squadrone BMW negli anni ottanta, in una sfida tutta tedesca che divideva le folle. Fu così che, spinto dalla voglia di dare al pubblico quanto di più vicino alle vetture che sfrecciavano nel campionato turismo, il noto tuner tedesco Brabus decise che era giunto il momento di creare un’auto per correre, senza scendere a compromessi.

Fu così che la Mercedes 190 venne stravolta. Il sei cilindri in linea da 2.6 litri subì una cura steroidea accrescendo la sua cubatura fino a 3.6 litri. In questa configurazione il celebre M103E26 era capace di erogare 289 Cv e 364 Nm di coppia massima. Ciò permetteva alla Brabus 3.6S Lightweight, questo il suo nome, di scattare da 0 a 100 in 6,3 secondi e di raggiungere una velocità di punta di 255 km/h. Al motore venne affiancato un assetto completamente rivisto, con ammortizzatori Bilstein e molle Eibach, mentre all’interno i sedili a guscio Recaro dominavano la scena. Anche perché, a dire la verità, non c’era molto altro. Il divanetto posteriore fu rimosso per lasciare spazio ad un vistoso Roll-bar mentre clima e radio rimasero a Bottrop, nella sede di Brabus.
Neanche a dirlo, questa versione fu ritenuta troppo estrema anche dalla corsaiola clientela del tuner tedesco, che si vide costretto di reinstallare l’aria condizionata e i sedili posteriori.
Fu così che la Lightweight venne rimossa e dimenticata dagli appassionati.
Da tutti, tranne uno.
Sven Bratt, ai tempi capo delle pubbliche relazioni per Brabus, si innamorò a tal punto della 3.6S Lightweight originale che nel 2008 commissionó all’atelier di Bottrop la realizzazione di una vettura il più possibile identica al progetto originario.
Dopo dieci mesi di lavoro, il risultato è quello che potete vedere in foto: una berlina dura e pura che urla vendetta.
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