La casa di Tokyo torna in testa alle classifiche a trent’anni di distanza dalla sua ultima affermazione. L’analisi di un percorso che non è stato sempre facile.

L’ultimo acu­to di Hon­da in For­mu­la 1 è data­to 1991 e, al volante di una vet­tura da essa motor­iz­za­ta, vi era un tale di nome Ayr­ton Sen­na. Oggi, a ben trent’anni esat­ti da quel­la incred­i­bile sta­gione, a coman­dare la clas­si­fi­ca tro­vi­amo di nuo­vo quel glo­rioso nome, mer­i­tata­mente e, almeno momen­tanea­mente, al ver­tice e con una sto­ria ancor più ric­ca da raccontare.

La sca­la­ta alla vet­ta, come è noto, è sta­ta tutt’altro che facile e in trent’anni di For­mu­la 1 tante sono state le for­tune che han­no dap­pri­ma grazi­a­to e poi ves­sato il nome di Hon­da. In prin­ci­pio, ovvero in quell’epoca, inau­gu­ra­ta nel 1989, in cui vigevano i motori aspi­rati lib­era­mente plu­rifrazionati da tre litri e mez­zo, la casa di Tokyo fu artefice e autrice di uno dei più gran­di cap­ola­vori che l’ingegneria motoris­ti­ca abbia mai conosci­u­to e la cui sigla cor­risponde alla denom­i­nazione RA109E. Il propul­sore in ques­tione, un dieci cilin­dri a V di 72° da 3493 cc, fu il frut­to di una lun­ga e min­uziosa ricer­ca com­pi­u­ta dai giap­pone­si su una serie di architet­ture, inclusi i vari V6, V8 e V12, il cui scopo era quel­lo di trovare il gius­to com­pro­mes­so tra dimen­sioni, prestazioni ed equi­lib­ri gen­er­ali delle masse in gio­co e da cui, gra­zie anche all’ausilio dei più recen­ti ritrovati del­la com­put­er­is­ti­ca, il V10 emerse quale per­fet­ta unione delle carat­ter­is­tiche appe­na citate.

Una vol­ta instal­la­to sulle McLaren MP4/5 e MP4/5B , il RA109E e il RA100E, sua nat­u­rale evoluzione del 1990, riv­elò imme­di­ata­mente tut­ta la stra­or­di­nar­ia prodez­za con­qui­s­tan­do due titoli Costrut­tori e altret­tan­ti mon­di­ali Piloti, giun­ti per mano di Alain Prost pri­ma e Ayr­ton Sen­na poi, che por­tarono un totale di sedi­ci vit­to­rie e ven­tisette parten­ze al palo nel pal­marès del team di Wok­ing. Questi suc­ces­si, i pri­mi dell’era delle tre litri e mez­zo, si som­mano ai già cospicui risul­tati ottenu­ti da Hon­da a par­tire dal 1986, sot­to­lin­e­an­do quan­ta con­fi­den­za il colos­so giap­ponese avesse nelle pro­prie doti di motorista poliedri­co, con queste ultime com­pro­vate del­la capac­ità di pas­sare dai propul­sori sovral­i­men­tati a quel­li aspi­rati col medes­i­mo risul­ta­to finale.

Ed è forse per dar segui­to a ques­ta con­vinzione che Hon­da finisce per incap­pare in quel che si riv­el­erà essere, a pos­te­ri­ori, un errore fatale.

Temen­do di essere sur­clas­sa­ta dal­la Fer­rari e dal suo elas­ti­co dod­i­ci cilin­dri per poten­za pura, la casa di Tokyo matu­ra l’idea di pas­sare anch’essa al cele­ber­ri­mo frazion­a­men­to del costrut­tore di Maranel­lo, varan­do così il prog­et­to del nuo­vo RA121E che avrebbe equipag­gia­to la nuo­va McLaren MP4/6 del 1991. Il propul­sore, a dif­feren­za del pre­de­ces­sore, si pre­sen­ta con meno poten­za e con un’erogazione che non sem­bra impres­sion­are par­ti­co­lar­mente i due piloti, pur por­tan­do con se una colon­na sono­ra rimas­ta negli annali del­la For­mu­la 1 per bellez­za e bru­tal­ità. Nonos­tante ciò, Sen­na si impone nelle prime quat­tro gare del­la sta­gione, sep­pur più per una totale caren­za di affid­abil­ità dei diret­ti rivali, quali era­no Nigel Mansell e la sua Williams FW14, che per una reale supe­ri­or­ità del mez­zo e del propul­sore, sul quale l’asso brasil­iano invi­ta a con­cen­trare gli sforzi al fine di arrivare pron­ti dinanzi ad una com­pet­i­tiv­ità com­ple­ta­mente rib­al­ta­ta. Il motore giap­ponese, infat­ti, stravolge com­ple­ta­mente gli ingom­bri e gli equi­lib­ri che carat­ter­iz­za­vano la per­fet­ta MP4/5B del­la sta­gione prece­dente e per questo, nonos­tante le miglior­ie che include­vano, tra gli altri, l’apporto di nuovi e più per­for­man­ti car­bu­ran­ti nel cor­so del Gran Pre­mio di Unghe­ria, la FW14 apparirà subito quale chiara vet­tura a cui sono des­ti­nati i futuri allori, forte di un’aerodinamica cura­ta come nes­suna, di una ciclis­ti­ca sofisti­ca­ta e muni­ta di sospen­sioni attive e, non ulti­mo, di un V10 elas­ti­co e potente. Entram­bi i titoli, però, saran­no anco­ra appan­nag­gio del trit­ti­co Sen­na-McLaren-Hon­da, dimostratosi più con­cre­to e, soprat­tut­to, affid­abile di quel­lo com­pos­to da Mansell-Williams-Renault.

Nel 1992, però, le carte si rib­al­tano definitivamente.

La McLaren, rimas­ta anco­ra­ta a con­cetti tec­ni­ci fin trop­po tradizion­ali, come il muso bas­so, le sospen­sioni pas­sive e il cam­bio man­uale ad H, nul­la può con­tro lo strapotere di una dom­i­nante e ritrova­ta Williams, con Sen­na e Berg­er che fan­no tut­to ciò che è nelle loro pos­si­bil­ità per ben fig­u­rare. La tena­cia tipi­ca del brasil­iano per­me­tte di portare a casa, tra gli altri, un’insperata vit­to­ria al Gran Pre­mio di Mona­co, des­ti­na­to a pas­sare alla sto­ria per la stren­ua dife­sa che Sen­na ha oper­a­to al fine di arginare una Williams e un Mansell palese­mente più veloci. Al ter­mine del­la sta­gione, Hon­da annun­cia il suo ritiro dal­la For­mu­la 1, seg­nan­do la fine di una delle epoche più vin­cen­ti e stra­or­di­nar­ie del­la sua gran­dis­si­ma storia.

Ma l’amore di Hon­da per le com­pe­tizioni, si sa, è dif­fi­cile da sop­primere ed ecco che, nel cor­so del 1999, si inizia a vocif­er­are di un pos­si­bile ritorno del­la casa giap­ponese come costrut­tore a tem­po pieno all’alba del nuo­vo millennio.

Per preparare il ter­reno ad un even­tuale ritorno, viene com­mis­sion­a­ta una nuo­va vet­tura, il cui telaio viene cura­to dal­la ital­iana Dal­lara, motor­iz­za­ta col medes­i­mo propul­sore MF301HD che equipag­gia­va la coe­va Jor­dan 199 e prodot­to dal­la Mugen Hon­da, pre­sente in For­mu­la 1 già dal 1992. Il risul­ta­to, denom­i­na­to RA099, por­ta la fir­ma del cele­bre e abile Har­vey Postlet­whaite e si dimostra subito promet­tente già nel cor­so dei prim­is­si­mi test svolti a Jerez. Il des­ti­no, però, ha altri piani in ser­bo per Hon­da e, con la scom­parsa del prog­et­tista inglese, avvenu­ta a causa di un infar­to soprag­giun­to pro­prio nel cor­so dei test spag­no­li, il cor­rut­tore abban­dona i prog­et­ti di un ritorno com­ple­to in grande stile, pref­er­en­do ad esso un nuo­vo ruo­lo di motorista e di prin­ci­pale part­ner del­la British Amer­i­can Rac­ing, con la quale rag­giungerà la sec­on­da posizione in clas­si­fi­ca Costrut­tori nel 2004 come miglior piaz­za­men­to dal pro­prio rien­tro nel­la mas­si­ma serie. Ma l’occasione di dar vita a quell’impiego a tem­po pieno, però, sem­bra final­mente dietro l’angolo e si con­cretiz­za nel 2006 quan­do, a causa delle sem­pre più strin­gen­ti nor­ma­tive anti-tabac­co, la BAR cede la pro­pria strut­tura alla casa di Tokyo. I risul­tati, però, sono dis­as­trosi e l’avventura come costrut­tore a tem­po pieno, la pri­ma dal 1968, si con­clude defin­i­ti­va­mente nel 2008 e, con essa, anche l’esperienza di motorista.

La cosid­det­ta “quar­ta era” in For­mu­la 1 del­la casa giap­ponese si riapre, però, in tem­pi ben più recen­ti e, anche in questo caso, a segui­to di voci e annun­ci susse­gui­tisi nel cor­so del tem­po. In ques­ta occa­sione, il for­n­i­tore giap­ponese tor­na nuo­va­mente a vestire i pan­ni del motorista e lo fa legan­dosi nuo­va­mente al nome col quale ha cos­ti­tu­ito uno dei bino­mi più iconi­ci del motoris­mo: la McLaren. La scud­e­ria di Wok­ing, reduce da due sta­gioni di scarsa com­pet­i­tiv­ità, con­clude la stor­i­ca part­ner­ship con Mer­cedes per col­lab­o­rare nuo­va­mente con Hon­da e lo fa non sen­za pri­ma sparg­ere procla­mi des­ti­nati, anch’essi, a far la sto­ria, sep­pur per ragioni opposte a quelle che l’hanno vista pro­tag­o­nista dal 1988 al 1992. Per ragioni ormai ampia­mente dis­cusse e imputabili, per­lop­iù, ad una erra­ta impostazione del­la comu­ni­cazione e dell’intero approc­cio size-zero alla prog­et­tazione, volu­to a monte dal­la McLaren, tut­to quel che viene rac­colto nei pri­mi anni è un aut­en­ti­co cumu­lo di mac­erie, che por­ta ad una sep­a­razione forte­mente antic­i­pa­ta e da cui, entram­bi, saran­no des­ti­nati ad uscire con le ossa rotte.

Con­clu­so il rap­por­to con McLaren al ter­mine del 2017, Hon­da sbar­ca nell’orbita Red Bull al servizio del­la Toro Rosso e in vista di un futuro approc­cio alla squadra madre che, pun­tuale, fir­ma un accor­do col for­n­i­tore giap­ponese a par­tire dal 2019. Abban­do­nati defin­i­ti­va­mente gli spet­tri dei fal­li­men­ti e delle fig­u­rac­ce rime­di­ate al cospet­to di Wok­ing, il costrut­tore giap­ponese può final­mente con­cen­trar­si sul tan­to agog­na­to insegui­men­to al tito­lo mon­di­ale che, con la recen­tis­si­ma affer­mazione al Gran Pre­mio di Mona­co 2021, tor­na in vet­ta alle clas­si­fiche mon­di­ali con echi dal sapore, final­mente, dol­cis­si­mo e den­so di piacevoli ricordi.

Il sog­no di Soichi­ro continua…

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