La Morini Gallarati Publishing, nelle sue sezioni Italian Wheel ed Hammer Time, ha avuto il piacere e lo straordinario onore di intervistare il grande Ingegner Giampaolo Dallara. Sono tanti gli estratti che vi proporremo, sulle nostre piattaforme social e sul nostro sito internet. Abbiamo scelto di iniziare dando spazio alle coraggiosissime scelte prese da Dallara nel corso della sua carriera. Un uomo che scelse di lasciare iconici porti sicuri per dedicarsi al suo sogno, che inizia oltre mezzo secolo fa.
“Più ordine, prego”. In una fredda mattina del Dicembre del 1959, un giovane Ingegner Giampaolo Dallara, appena laureato al Politecnico di Milano, trova sulla propria scrivania, nel suo ufficio a Maranello, un piccolo foglietto di carta con impresse quelle tre semplici parole. La grafia, era riconoscibilissima. Fu quella infatti la prima frase che Enzo Ferrari rivolse a quel giovane assistente di Carlo Chiti, a quei tempi direttore tecnico del Reparto Corse della Scuderia del Cavallino. Dopo un anno e mezzo, quel ragazzo di ventisei anni, lascia Maranello per assaporare il profumo delle corse, che tanto lo affascinavano. Dallara approda dunque alla corte della Maserati, diventando Ingegnere di pista di Bruce McLaren e Roger Penske. Tuttavia, I problemi economici accorsi alla Casa del Tridente in quel periodo, misero alle strette il giovane Giampaolo, che cambia nuovamente prospettiva, accaldandosi in Lamborghini. Alla corte di Ferruccio, Dallara, ancora oggi, spiega ai nostri microfoni come si sia sempre sentito un apprendista, che commetteva i propri errori che gli permettevano di crescere. La sua voglia di imparare e di dar vita a nuove soluzioni portarono alla nascita della Miura, una delle migliori hypercar mai realizzate nella storia del settore automotive. Ancora una volta, tuttavia, la passione per corse prende il sopravvento. Dallara lascia Lamborghini e approda in De Tomaso, dove assaggia per la prima volta il Campionato Mondiale di Formula 1. Si va in scena.
“Come nasce Dallara Automobili? La storia parte da molto lontano: inseguendo la voglia di essere protagonista nelle competizioni ufficiali, ero approdato in De Tomaso dove ho avuto l’opportunità di seguirle da vicino. Sfortunatamente, la Formula 1 visse un episodio drammatico, rappresentato dalla morte di Piers Courage, un amico. Per tale motivo Ford, che aveva recentemente acquisito De Tomaso, scelse di far cessare l’attività sportiva. Quel giorno capii che se avessi voluto coronare il mio sogno, sarebbe stato meglio che incominciassi a mettermi in proprio.”
Dallara, a quel punto, decide di ripartire da zero, dal garage dietro casa. Una scelta estremamente coraggiosa, che diede tuttavia i suoi frutti.
“L’occasione si presentò quando la Lancia, attraverso Daniele Audetto, mi propose una consulenza per la messa a punto della Stratos, che mi permetteva di mantenere la famiglia. Da quel momento cominciai, dietro casa, nel garage di mio padre, a costruire una piccola automobile a motore posteriore, centrale trasversale, imparentata, seppur da lontano, con la Miura, e derivata dalla Fiat 128. Ebbe inizio in questo modo, la mia avventura: attraverso gli errori, attraverso sconfitte che ti stimolano a fare di più. Quando poi, abbiamo cominciato a godere di una certa fidelizzazione da parte di chi utilizzava le nostre auto, e con la nascita di una vettura che ricordo con estremo piacere, la Icsunonove, ci fu la svolta, dove abbiamo avuto il piacere e il privilegio, di poter lavorare a progetti di importanza rilevante: prima fra tutte, la Lancia Beta-Montecarlo, che trae ispirazione dalla sopracitata Icsunonove. Quel tipo di rapporto instaurato con Lancia rappresenta una tappa fondamentale della nostra storia. Ci ha permesso, col tempo, di crescere, imparare e irrobustirci. Arrivando ai tempi odierni, operiamo su numerosi fronti, dalla Indycar alla Formula 1 attraverso la Haas F1 Team, passando per le gare di durata. Ma posso dire che, nonostante il tempo passato in questo mondo, ho sempre da imparare”.
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