Sono passati oltre 2 anni, da quel 17 Marzo. La stagione 2019 era appena iniziata, e in molti sostenevano che Bottas stesse rischiando il posto dopo i risultati della stagione precedente. All’esordio, nella terra dei Canguri, Valtteri metteva tutti in riga con una gara magistrale e, una volta superato il traguardo, lanciò un messaggio ai suoi detrattori. Sembrava la rivolta dello scudiero, il riscatto di colui che finalmente aveva trovato il bandolo della matassa e poteva lanciarsi all’attacco del compagno di squadra, il più forte di tutti.

“L’ap­paren­za ingan­na figlio mio, ricor­date­lo sem­pre…” dice­va mam­ma quan­do mi sbi­lan­ci­a­vo in giudizi, a suo dire, trop­po affret­tati. Avrebbe dovu­to dirme­lo anche quel 17 Mar­zo 2019.
Quel­la gara fu un abbaglio, un lam­po nel mez­zo di un tem­po­rale. La clas­si­ca eccezione che con­fer­ma la rego­la. Nei due anni suc­ces­sivi Valt­teri sof­frirà il paragone con il com­pag­no di squadra e ver­rà costan­te­mente mes­so sot­to pres­sione, osser­va­to con la lente d’in­grandi­men­to da tifosi, appas­sion­ati e stam­pa.
Eppure, dopo lo scor­so week-end di Imo­la, c’era chi ci cre­de­va. Per­ché, quan­do toc­chi il fon­do, puoi solo risalire a gal­la.

Infat­ti, in qual­i­fi­ca, Bot­tas vola e con­quista la pole con soli 0.007 milles­i­mi di van­tag­gio su Lewis. Dai Valt­teri, vola. Dimostra a tut­ti che quel sedile te lo mer­i­ti. Ci cre­de­vo, per­ché, come un ogni nar­razione epi­ca che si rispet­ti, si empa­tiz­za con quel­lo sfa­vorito, finen­do qua­si per tifar­lo, o comunque sosten­er­lo. La domeni­ca parte bene, con uno scat­to da fer­mo che gli con­sente di tenere la tes­ta del­la cor­sa e imporre il suo rit­mo. Dopo la Safe­ty Car la grande occa­sione: Ver­stap­pen pas­sa Hamilton.

È il momen­to del­la fuga, dove creare quel gap da portare fino alla bandiera a scac­chi. Invece niente, Max rimane incol­la­to alla Mer­cedes del fin­lan­dese e quan­do all’undices­i­mo giro Lewis tor­na sec­on­do, capis­co che si mette male. L’at­tac­co è ques­tione di giri. Nove per la pre­ci­sione. Valt­teri vede Lewis arrivare dal­lo spec­chi­et­to e copre l’in­ter­no di cur­va uno, come da copi­one, ma si stringe trop­po, las­cian­do ad Hamil­ton un’au­tostra­da per il sor­pas­so all’ester­no. Tal­mente inter­no da chi­ud­er­si di fat­to lo spazio per pren­dere la cor­da. Sem­bra­va impau­ri­to, qua­si las­cia­r­lo pas­sare. Una dife­sa molle, solo accen­na­ta, più per dovere morale che per effet­ti­va volon­tà di rimanere davan­ti. Non allun­ga la stac­ca­ta, non stringe il com­pag­no, non fa niente. Da lì il buio.

Al giro trentasette i mec­ca­ni­ci riescono a far­lo rien­trare davan­ti alla Red Bull di Ver­stap­pen dopo il pit stop ma Bot­tas, a gomme fred­de, si intra­ver­sa in usci­ta da Cur­va 3 e per­me­tte a Max di far­si peri­colosa­mente sot­to. All’olan­dese non riesce l’in­cro­cio di trai­et­to­rie alla 4, ma si lan­cia all’in­ter­no di Cur­va 5. Valt­teri, non per­venu­to, non difende la posizione e non con­tro­bat­te, come un cane bas­to­na­to che ha pau­ra del padrone. Incas­sa, nel­la gara in cui avrebbe dovu­to colpire.

Chi­ude ter­zo, con uno dei podi più amari in car­ri­era e con la certez­za che se non inverte rap­i­da­mente la rot­ta, ver­rà sil­u­ra­to.
E, per­me­t­tete­mi di dir­lo, se lo meriterebbe anche.

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