“Non male, per un vecchio”. Una frase che chiude la gara e riassume, con quel velo di sarcasmo di chi sa di aver portato a casa la vittoria, un intero week-end. A pronunciarla, Pete Bonnington, meglio conosciuto come Bono, il soprannome utilizzato da Lewis Hamilton quando si apre in radio.
Un inizio di stagione molto più complicato del previsto, per via di una Red Bull particolarmente in forma e, soprattutto, di una W12 che non sembra all’altezza della sua progenitrice. Se nelle libere c’era solo il sospetto che, forse, avremmo visto qualcosa di diverso, nelle qualifiche è arrivata la conferma. Quasi quattro decimi separano Lewis Hamilton da Max Verstappen e dalla pole position. Tanti, troppi, in una pista storicamente favorevole alle frecce d’argento per l’importanza del motore.
I tedeschi non mollano. Si è creato, nel box numero 44, un ambiente talmente stimolante che ogni sfida viene vista come lo step successivo per una crescita che tende, idealmente, all’infinito. Come una sorta di carburante costante e necessario per spingersi ogni volta oltre e alimentare le motivazioni.

Poi, la domenica, Lewis si trasforma. Non sbaglia niente, commettendo solo una piccola sbavatura al quarto giro, quando la Safety Car spegne le luci e Verstappen va sul gas. Lewis reagisce con un istante di ritardo, quel tanto che basta da non poter mettere in difficoltà Max. Non è abituato, Lewis, a queste situazioni. Di solito è lui che sta davanti a tutti quando la vettura di sicurezza rientra ai box.
Da quel momento, pensa solo a tenere il ritmo e si affida a Bono. Pete gli detta i tempi e, quando lo richiama ai box in netto anticipo rispetto alle previsioni, ha una voce talmente sicura e serafica che non Lewis non può fare altro che fidarsi. D’altronde, Bono è consapevole che lo stratega del team, James Vowles, non è l’ultimo arrivato, e trasmette tutta la sua fiducia nel team a Lewis.
Il muretto box gestisce tutto alla perfezione fino al quarantesimo giro, quando Verstappen rientra in pista dopo aver effettuato l’ultimo pit-stop. Mancano sedici giri alla fine e il distacco tra i due è di oltre otto secondi. La Red Bull è indiavolata e guadagna decimi su decimi quando Bono si apre in radio e pronuncia delle parole che metterebbero quantomeno timore a qualunque pilota sulla griglia:
“Prevediamo che Verstappen ci raggiunga in dieci giri…”
Della serie: quello che potevamo fare, l’abbiamo fatto, adesso tocca a te.
Nessuna risposta.
Hamilton controlla le gomme, cercando salvaguardarle il più possibile per non arrivare senza cartucce quando Verstappen sarà alle sue spalle, pronto a divorarlo come un lupo affamato farebbe con un capriolo.
Max è sempre più vicino e Bono ci riprova nel corso del quarantanovesimo giro:
“Verstappen è l’auto dietro di noi. Due secondi e sette…”
Stavolta Lewis risponde, ed è perentorio:
“Leave me to it, Bono!”
Lasciami fare. Ora ci penso io. L’ingegnere di pista risponde con un timido “ok” e chiude il collegamento radio.
Mancano cinque giri alla fine e Max è arrivato. Un breve studio, poi sorpassa all’esterno di curva quattro.
“Mi ha passato uscendo dalla pista!” Lewis lo fa notare subito, prima ancora di sterzare verso destra per immettersi in Curva 6. Lo sapeva. Non l’avrebbero fatta passare liscia al giovane olandese. Bono lo aveva avvisato al trentasettesimo giro di stare attento in curva 4, perché la direzione gara aveva rimesso i cosiddetti “track limits”, non previsti da ciò che era emerso nel briefing pre-gara.
Evidentemente, nessuno aveva avvisato Max, che si ritrova costretto a cedere la posizione e riaccordarsi.
Da quel momento, la gara si rivolta. Max non ne ha più per riprendere Lewis che scappa verso il primo trionfo stagionale. L’ennesimo successo, costruito e ottenuto senza sbagliare niente. Nuova stagione, stesso vincitore.
“Still got it Bono!”
Not bad, for an old man.
Ph: Daimler AG ©