Il mondiale 1992 fu caratterizzato dal blu, il bianco ed il giallo. Perché questi tre colori in particolare? Perché sono il trio di tonalità presenti sulla Williams FW14B, monoposto rivoluzionaria che consacrò in toto il team di Grove.
Nella storia della Formula 1 ci sono sempre state vetture dominatrici, monoposto in grado di schiantare la concorrenza senza lasciare alcuna possibilità di replica ai rivali. È il caso della MP4/4 di Senna o delle varie Ferrari che hanno dominato la scena dal 2002 al 2004. Nel ricordo che vi proponiamo oggi, però, si è addirittura riusciti ad andare oltre al solo dominio, arrivando a creare una vera e propria vettura avveniristica, che sarebbe stata la base delle monoposto del futuro. Stiamo parlando della inimitabile Williams FW14B.
Siamo all’inizio degli anni ’90 e la Formula 1 ha da poco abbandonato i motori turbo per passare a quelli aspirati. Senna, Prost e la McLaren-Honda la fanno da padrona, avendo vinto tutti i campionati dal 1988 a questa parte. Sono anni in cui Williams è competitiva, ma non quanto basta per ambire al bersaglio grosso. La stagione 1991 però, segna una svolta per il team di Frank Williams. Il leggendario direttore tecnico Patrick Head assume infatti un certo Adrian Newey, un brillante ingegnere proveniente dalla Leyton House, che aveva mostrato idee innovative e di cui risentiremo parlare in futuro. Head e Newey si mettono dunque al lavoro e per la stagione 1991 presentano la FW14. Nonostante numerosi problemi di affidabilità Mansell terminerà secondo nel Campionato Piloti, alle spalle nuovamente di Senna. A Grove però capiscono di aver intrapreso la strada giusta e di avere per le mani una potenziale miniera d’oro a quattro ruote.

Si giunge dunque alla stagione ‘92, dove la Williams presenta la nuovissima FW14B, stretta evoluzione della FW14 vista nel 91’. Come direbbero gli americani, una vera e propria deal breaker. Dal punto di vista aerodinamico Newey riportò i concetti visti sulla Leyton House, elaborandoli ulteriormente. La nuova vettura era infatti caratterizzata da un telaio in carbonio rialzato dal fondo, che andava poi a ricongiungersi con un muso vettura molto alto e stretto. La sezione in cui alloggiava la pedaliera, era talmente piccola da permettere a malapena il movimento dei piedi del pilota. Il rialzo del rivestimento permetteva l’arrivo di una maggiore portata d’aria sul fondo e di conseguenza all’ingresso dei radiatori. Allo stesso tempo, il retrotreno fu reso molto compatto per migliorare l’efficienza dell’estrattore. Una grande trovata di Newey fu quella di utilizzare un endplate dell’ala anteriore che avvolgeva internamente lo pneumatico. Così facendo i flussi d’aria erano mantenuti laminari, riducendo dunque la turbolenza generata dalle gomme, avendo cosi un’ottima fluidodinamica anche nella parte centrale della monoposto. La monoposto risultava snellissima, facendo dell’efficienza aerodinamica un grande punto di forza.
Ma la vera rivoluzione riguardava un’altra parte della vettura: le sospensioni. Infatti grazie al lavoro svolto da Paddy Lowe, responsabile dell’area elettronica, la Williams introdusse le sospensioni attive. Un’opera tecnologica senza precedenti, che rappresentò una vera svolta per l’intero mondo della Formula 1. Grazie alla presenza di una centralina, veniva sempre mantenuto l’ assetto ottimale della vettura, su qualunque circuito e in qualsiasi parte di esso. Williams lavorava su questo progetto da anni, e nel 1992 non solo riuscì a rendere questo sistema efficace, ma anche straordinariamente affidabile. Richiesto di un parere, Patrick Head rispose così:
“La grande differenza tra il ’91 e il ’92 furono le sospensioni attive. Stavamo studiando questa soluzione già dal 1985, lavorando per controllare le sospensioni elettronicamente. Quando riuscimmo a trovare la giusta configurazione eravamo entusiasti. Bastava apportare delle piccole regolazioni al sistema di controllo e si risolvevano tutti i problemi di sottosterzo e sovrasterzo. Il tutto era perfettamente integrato con la geometria della vettura. Adrian fece un disegno semplicemente straordinario, tanto che non modificammo l’aerodinamica per gran parte della stagione…”

Lo schema utilizzato per il design delle sospensioni è il cosi detto push-rod: la centralina elettronica monitorava il corretto assetto degli attuatori, che tramite un circuito idraulico erano collegati ai puntoni delle sospensioni. Sopra questi elementi era posizionato un piccolo rivestimento, che permetteva ai tecnici e ai meccanici di intervenire sugli ammortizzatori e sui tiranti. In aggiunta, la FW14B era equipaggiata con un motore Renault V10 aspirato da 760 cv straordinariamente affidabile, che rese la nuova nata in casa Williams semplicemente irresistibile ai tifosi e al cronometro.
Mansell e Patrese furono padroni totali della stagione 1992, collezionando dieci vittorie su sedici Gran Premi, quindici pole position e undici giri veloci. Il titolo costruttori fu ipotecato già dalle prime gare, anche grazie a quattro doppiette nelle prime cinque gare. Anche il titolo piloti portò la firma della Williams, con il Leone d’Inghilterra Nigel Mansell che si laureò campione con ben cinque gare d’anticipo. Un record che verrà battuto solamente da Michael Schumacher nel 2002. Dunque quando si pensa alla scuderia di Sir Frank, è difficile non pensare a quella monoposto leggendaria, che riportò sul tetto del mondo uno dei team più amati e blasonati della storia della massima serie automobilistica.
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