Costante nel passo, rapida in ripresa e veloce sul dritto, la fresca ed equilibrata conquistatrice della 24 Ore di Daytona è un’auto tutta da scoprire.
La cinquantanovesima edizione della 24 Ore di Daytona è stata conquistata dalla Acura ARX-05 che, nelle mani del Wayne Taylor Racing e del suo equipaggio composto da Ricky Taylor, Filipe Albuquerque, Alexander Rossi e Hélio Castroneves, fa sua la classica americana per la prima volta nel corso della propria carriera agonistica, nonché alla prima occasione in cui questa non è più schierata dal Team Penske, ritiratosi dal WeatherTech Sportscar Championship dell’IMSA al termine della passata stagione. Il successo della DPi giapponese, che giunge quale massimo coronamento all’interno di un palmares che può già contare due titoli consecutivamente conquistati tra il 2019 e il 2020, è dovuto ad un mix di fattori tra i quali rientrano le buone qualità di base della vettura da cui prende le mosse, ovvero la Oreca 07, a cui si combinano le prestazioni dell’unità motrice di casa Acura e un’ottima gestione strategica che il team ha messo in atto durante l’intera corsa.
Realizzata sulla base della già citata e vincente Oreca 07 omologata nel 2017, la Acura ARX-05 si distingue da quest’ultima per una serie di interventi volti a migliorare la performance lungo i tortuosi tracciati americani e a cui si abbinano altrettante modifiche implementate per fornire una caratterizzazione stilistica tipica del marchio di appartenenza richiesta dal regolamento IMSA. Tecnicamente, essa attinge a piene mani dalla vincente e versatile LMP2 da cui deriva e, per questo, è caratterizzata da un diffusore frontale, simile a quello della Peugeot 908, nonché da un disegno degli archi ruota posteriori decisamente peculiare e complesso. Tale elemento, caratterizzata da un bordo d’attacco sottile e ricurvo verso l’interno, si colloca esattamente al di sopra di un generatore di vortice a forma di “S”, ricavato nella pancia e interrotto dalla sola presenza dello scarico laterale, che permette di ottimizzare la fluidodinamica di tale area con ottime ripercussioni sulla performance complessiva. Il prototipo giapponese si contraddistingue, oltre che dalla marcata presenza dei fanali a LED dotati del taglio tipico delle vetture Acura di produzione, per un caratteristico canard anteriore che, collocato sopra il diffusore anteriore, permette di migliorare il flusso che investe quella zona al fine di aumentare il carico, migliorare il bilanciamento complessivo e ottimizzare l’andamento dei flussi verso la zona posteriore. Tutti questi accorgimenti, in larga dettati dall’impostazione aerodinamica del frontale, rendono la ARX-05 una vettura molto veloce ed equilibrata, capace di offrire un ottimo compromesso tra guidabilità nel misto e velocità sul dritto anche grazie all’ottimo allungo del V6 AR35TT sovralimentato da 3.5 litri che, soprattutto sull’anello ad alta velocità di Daytona, è capace di esprimersi al meglio anche senza il bisogno di sfruttare la scia di un’altra vettura, staccando le vetture avversarie senza difficoltà.
Se paragonata ad alcune delle sue dirette rivali, prima su tutte la Cadillac DPi‑V.R, la ARX-05 risulta avere un po’ meno carico e, anche di conseguenza, un drag minore che la porta ad avere la miglior prestazione sui tratti meno tortuosi. Il terreno di Daytona, suddivisibile nella parte interna guidata e nell’anello esterno ad alta velocità, interrotto a metà solo dalla Bus Stop, ha messo bene in mostra queste caratteristiche, con le Cadillac estremamente rapide e performanti in ingresso curva e, quindi, anche in frenata, ove il maggior carico permette staccate più tardive e profonde e con le Acura protagoniste di un ottimo allungo già sui primissimi metri del banking che consente di gestire un vantaggio considerevole all’approccio al primo settore, ove tale tempo accumulato viene costantemente eroso dalle capacità delle Cadillac all’interno dell’infield. Unitamente a queste caratteristiche di grande equilibrio generale, occorre sottolineare la grande linearità ed efficacia della gestione strategica del Wayne Taylor Racing che, al suo primo anno di collaborazione con la casa giapponese, ha portato a casa il terzo successo di fila anche grazie ad una assenza di strappi non necessari o di azzardi di alcun tipo, restituendo un risultato tanto sorprendente quanto illuminante.
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