La Power Unit giapponese dispone di una ricarica di energia maggiore per via di un particolare settaggio dell’erogazione che permette di estrarre 160 CV extra ad ogni giro, con importanti benefici anche per l’aerodinamica.
La Red Bull RB16 si è contraddistinta per una gran mole di aggiornamenti che ne ha accompagnato lo sviluppo per tutto l’arco della stagione 2020, ponendosi quale diretta rivale della vincente Mercedes W11. I tanti affinamenti aerodinamici, inclusi i molteplici elementi di microaerodinamica installati in occasione delle ultime battute del campionato, hanno permesso di limare diversi decimi e di massimizzare il carico aerodinamico, contribuendo anche a migliorare l’efficienza complessiva della monoposto austriaca. Parte di queste migliorie, però, ha interessato anche una revisione della Power Unit, con particolare interesse verso l’erogazione della coppia, al fine di garantire una serie di benefici importanti e di cui abbiamo avuto modo di parlare in un precedente articolo. Tale revisione, consistente in un aumento dell’erogazione minima in fase di rilascio, si è resa necessaria in conseguenza della nuova disposizione di elementi come lo scarico della wastegate che, ricordiamo, è stata ricollocata al fine di migliorare il soffiaggio dell’aria sui Gurney superiori del diffusore, come testimoniato anche dalle coperture isolanti disposte in una zona che, in precedenza, era esposta unicamente a flussi d’aria fredda.
Oltre ad un puro beneficio aerodinamico, però, tale revisione serve principalmente a produrre un consistente guadagno in potenza, calcolabile in ben 160 CV, di cui la RB16 può disporre ad ogni giro e, questo, grazie ad un maggior quantitativo di energia prodotto dalla MGU‑K a causa di questa erogazione continua. Non certamente una novità, in quanto già vista nel 2010 proprio su un’altra vettura di casa Red Bull, la RB6, che poteva beneficiare di un sistema di erogazione simile, ovvero in grado di garantire una minima “accelerazione” anche in rilascio al fine di meglio beneficiare dell’apporto d’aria costantemente fornito dagli scarichi soffiati e che, per questo, disponeva di un motore Renault dotato di una specifica mappatura in grado di soddisfare le esigenze di Newey & Co. A differenza del 2010, però, il sistema odierno non produce delle differenze nel feeling che il pilota instaura con la vettura quando questi si trova al volante: se, infatti, il sistema degli scarichi soffiati portava ad un carico in curva che era differenziato tra i due lati della vettura, prevalentemente a causa di una sorta di disattivazione parziale (impostata a priori) nella combustione delle due bancate e, quindi, ad un diverso apporto d’aria che investiva i due lati del diffusore, con reazioni e sensazioni differenti dei due piloti, in questo caso, nonché in virtù del sistema a scarico singolo, permette di avere una distribuzione uniforme delle forze. In più, grazie ad una apposita regolazione del sistema brake-by-wire e dell’ERS, i piloti sono in grado di adattarsi con maggiore semplicità al nuovo sistema, col secondo elemento in grado di rallentare la monoposto durante l’approccio in staccata e massimizzando, così, gli effetti positivi di tale soluzione.
Il sistema in questione, tuttavia, produce, quale svantaggio principale, un aumento dei consumi del carburante, naturalmente maggiori ad ogni giro a causa dell’erogazione continua anche nelle fasi di rilascio della Power Unit e traducendosi, in termini pratici, in un maggior carico di benzina che sarà necessario aggiungere ad ogni inizio gara. Tuttavia, l’unità giapponese gode, in condizioni normali, di un consumo più basso rispetto a quello dei propulsori della concorrenza e, per questo, può trarre maggior vantaggio dalla soluzione in questione senza che l’ago della bilancia finisca necessariamente per propendere verso la parte negativa, che viene perfettamente controbilanciata da vantaggi che potranno costituire, con ogni probabilità, uno dei punti di forza della monoposto 2021.
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