Jim Clark (GBR) Lotus won the race. Mexican Grand Prix, Mexico City, 22 October 1967. BEST IMAGE.

C’è stata un’epoca in cui correre era solo passione. Ogni occasione è buona, anche nei momenti più strani dell’anno. Gran Premi durante le feste di Natale, addirittura a Capodanno. Una festa con un protagonista unico, Jim Clark.

Sul pad­dock, all’improvviso, scende la qui­ete. Le riu­nioni post qual­i­fiche sono ter­mi­nate, il lavoro nei box con­clu­so. Tut­to è pron­to per la pri­ma cor­sa dell’anno. Qualche set­ti­mana pri­ma, il cam­pi­ona­to è sta­to deciso al penul­ti­mo giro dell’ultima gara ed ora sono tut­ti pron­ti a ripar­tire. Pri­ma di andare a riposare e con­cen­trar­si sul Gran Pre­mio, però, c’è da fes­teggia­re. Almeno un cin-cin nelle hos­pi­tal­i­ty, per brindare al Capo­dan­no e solo a quel pun­to, smalti­ti gli effet­ti del­la bal­do­ria, si potrà vol­gere defin­i­ti­va­mente il pen­siero al nuo­vo Cam­pi­ona­to del Mon­do di For­mu­la 1. Pen­sare ad una sim­i­le even­tu­al­ità, a mag­gior ragione dopo questo 2020, fa sor­rid­ere. Hamil­ton, Vet­tel, Leclerc, Ver­stap­pen, Ric­cia­r­do, Alon­so e com­pag­nia che si dan­no appun­ta­men­to per l’ultimo week-end dell’anno è impens­abile; ancor più, che siano pron­ti i team e l’intera orga­niz­zazione del­la For­mu­la 1. Se qual­cuno dei ven­ti pro­tag­o­nisti rin­un­cia a cor­rere, l’u­ni­ca spie­gazione pos­sono essere prob­le­mi di salute.

I cam­pi­oni degli anni ’60 era­no molto meno star. La loro pas­sione, da veri e pro­pri pio­nieri, domi­na­va su qualunque altra con­sid­er­azione. Da un lato non si face­vano scap­pare un’occasione per cor­rere, allo stes­so tem­po, era­no esposti ai lim­i­ti orga­niz­za­tivi delle loro squadre, il che pote­va sig­nifi­care una dolorosa rin­un­cia. Il Gran Pre­mio di Capo­dan­no non è una fan­ta­sia da tifoso in crisi d’astinenza, ma un even­to che nel­la sto­ria si è ripetu­to due volte. L’appuntamento per i due Gran Pre­mi è in Sudafrica: la pri­ma vol­ta, nel 1965, si corre sul cir­cuito di East Lon­don; tre anni dopo ci si trasferisce nel più noto impianto di Kyala­mi ed entram­bi gli even­ti han­no moti­vo di essere ricor­dati nel­la sto­ria del­la For­mu­la 1.

La gara di East Lon­don, ulti­ma cor­sa del­la mas­si­ma serie ad esser­si svol­ta su questo trac­cia­to, si dis­pu­ta quan­do sono anco­ra vive le sen­sazioni del Cam­pi­ona­to 1964. Ha vin­to la Fer­rari di John Sur­tees, gra­zie ad un sec­on­do pos­to con­quis­ta­to negli ulti­mi chilometri del­la pro­va con­clu­si­va del­la sta­gione, favorito anche dai guai dei rivali. Tra i piloti più impor­tan­ti solo Richie Ginther cam­bia squadra pas­san­do dal­la BRM alla Hon­da, che però dis­er­ta l’appuntamento sudafricano: il pilota statu­nitense rin­via l’esordio al GP di Mona­co, sec­on­da pro­va sta­gionale. Il Cam­pi­one del Mon­do Sur­tees, rimane in Fer­rari insieme al com­pag­no Loren­zo Ban­di­ni; Jim Clark fa cop­pia in Lotus con l’inglese Mike Spence, men­tre Dan Gur­ney viene con­fer­ma­to come por­ta­col­ori del­la Brab­ham, insieme al fonda­tore del team. Bruce McLaren com­in­cia l’ultima sta­gione in Coop­er, poi si dedicherà a tem­po pieno alla pro­pria scud­e­ria. Infine, Gra­ham Hill res­ta alla BRM.

Nel Gran Pre­mio del Mes­si­co di poche set­ti­mane pri­ma Clark ave­va dom­i­na­to, in tes­ta dal pri­mo fino al penul­ti­mo giro, quan­do si era riti­ra­to per un guas­to mec­ca­ni­co per­den­do un tito­lo che ormai era nelle sue mani. Lo scozzese e la sua Lotus Cli­max 33 han­no fame di riv­inci­ta e nelle qual­i­fiche det­tano legge, rifi­lan­do nove dec­i­mi di sec­on­do al cam­pi­one in car­i­ca ed abbat­ten­do per la pri­ma vol­ta il lim­ite delle 100 miglia orarie di media sul giro (161 km/h). Il Gran Pre­mio non fa che con­fer­mare le impres­sioni delle prove: la Lotus numero 5 parte benis­si­mo, si las­cia alle spalle il grup­po e non si dovrà più curare di quel­lo che accade nelle posizioni di rin­cal­zo. Il dominio delle vet­ture di Chap­man è con­fer­ma­to da Spence, agile sec­on­do. Il bri­tan­ni­co, però, si gira due volte nel­la sec­on­da metà del­la gara, finen­do per essere rag­giun­to e super­a­to da Sur­tees che, alla fine, chi­ude sec­on­do in vola­ta su Gra­ham Hill.

È una gara como­da per Clark, al pun­to che il ris­chio più grande per lo scozzese è causato dal­la direzione di cor­sa, che sven­to­la la bandiera a scac­chi con un giro d’anticipo. Trap­po­la evi­ta­ta e ses­to Grand Chelem del­la car­ri­era: pole, vit­to­ria, tut­ta la gara al pri­mo pos­to e giro più veloce. I motivi per cui questo Gran Pre­mio è deg­no di men­zione, però, non sono rel­a­tivi al dominio del­lo scozzese, ma a due impor­tan­tis­si­mi esordi.

Sul­la Brab­ham di Dan Gur­ney, ven­gono mon­tati per la pri­ma vol­ta degli pneu­mati­ci Goodyear. Da quel giorno fino al Gran Pre­mio del Giap­pone 1998 la casa di Akron collezion­erà 493 parte­ci­pazioni, 368 vit­to­rie, 358 pole posi­tion e 361 giri più veloci. Sul­la BRM, pro­prio ad East Lon­don esor­disce un altro scozzese, gio­vane e tal­en­tu­oso: in pro­va, si qual­i­fi­ca undices­i­mo con un dis­tac­co di tre sec­on­di da Clark, in gara con­clude ses­to andan­do imme­di­ata­mente a pun­ti. È un pilota che farà la sto­ria del­la mas­si­ma serie, il suo nome: Jack­ie Stewart.

Nel 1968 le pre­messe sono com­ple­ta­mente diverse. Il mer­ca­to piloti è sta­to molto vivace: il Cam­pi­one del Mon­do Denis Hulme ha fir­ma­to per la McLaren e viene sos­ti­tu­ito in Brab­ham da Jochen Rindt. La Fer­rari affi­an­ca il bel­ga Jacky Ickx al con­fer­ma­to Chris Amon, men­tre Pedro Rodriguez rag­giunge Mike Spence alla BRM. La scud­e­ria bri­tan­ni­ca deve sos­ti­tuire Stew­art che fa cop­pia con Jean-Pierre Bel­toise all’esordiente Matra, pro­tag­o­nista negli anni suc­ces­sivi come Tyrrell. L’unico team che mantiene la cop­pia dell’anno prece­dente è la Lotus, che si affi­da alla col­lau­da­ta cop­pia Clark-Hill.

Le dif­fi­coltà di questo appun­ta­men­to sono notevoli. Prob­le­mi nel trasporto del mate­ri­ale afflig­gono molti team e, per for­tu­na, si è sta­bil­i­to di cor­rere al lunedì; inoltre, l’estate sudafricana è cald­is­si­ma: il giorno del­la gara la pista arri­va a toc­care i 54° e ques­ta situ­azione crea gravi prob­le­mi alle vet­ture. La Lotus è favorita, ma è una delle prin­ci­pali indiziate a sof­frire per il cal­do, che si sospet­ta pos­sa nuo­cere all’affidabilità delle vet­ture di Col­in Chap­man. In realtà, le mono­pos­to ingle­si non sem­bra­no curarsene trop­po: Jim Clark si assi­cu­ra la pole posi­tion e Gra­ham Hill si issa al sec­on­do pos­to, anche se il divario tra i due è di un sec­on­do pieno. A par­tire in pri­ma fila, di fian­co a loro, sarà la Matra di Stew­art, men­tre la sec­on­da fila è intera­mente Brabham.

Al via è pro­prio Stew­art ad avere lo spun­to migliore e sor­prende le Lotus. La Matra con­duce per tut­to il pri­mo giro, ma pro­prio all’inizio del sec­on­do pas­sag­gio Clark approf­itta del­la veloc­ità del­la sua mono­pos­to e con una stac­ca­ta spregiu­di­ca­ta alla Cur­va Crowthorne prende il coman­do. Gra­ham Hill, par­ti­to molto male, riesce a recu­per­are ter­reno gra­zie ad un rit­mo molto ele­va­to e riesce a con­quistare il sec­on­do pos­to al ven­tottes­i­mo giro. La lot­ta con Jack­ie Stew­art è tiratis­si­ma, ma quindi­ci tor­nate più tar­di la Matra si fer­ma per prob­le­mi ad una biel­la. Clark vola, imprendibile, la doppi­et­ta del­la Lotus non è in dis­cus­sione, solo Jochen Rindt chi­ude a pochi sec­on­di da Hill, men­tre Amon e Hulme chi­udono quar­to e quin­to a due giri da vinci­tore e Bel­toise ses­to con tre tor­nate di ritar­do. Solo la parten­za sprint di Stew­art toglie a Clark il nono Grand Chelem del­la car­ri­era. In atte­sa dell’esordio europeo di Mona­co, Jim corre ad Hock­en­heim una gara di For­mu­la 2. È il 7 Aprile 1968 ed è la sua ulti­ma cor­sa; quel­lo di Capo­dan­no res­ta il suo ulti­mo Gran Pre­mio di For­mu­la 1. Una vit­to­ria mai in dis­cus­sione, sul­la sua Lotus verde-gial­la e, per la cronaca, è l’ultima gara anche per lei: pro­prio a Monte-Car­lo, Col­in Chap­man intro­duce lo spon­sor Gold Leaf e col­o­ra di rosso e oro le sue mono­poso­to. Quel­lo tra Clark e la Lotus è un sodal­izio che del dominio ha fat­to una rego­la, come dimostra­no i moltissi­mi record indi­vid­u­ali che in quel momen­to detiene. L’unico che anco­ra oggi resiste, a cinquan­ta­tre anni di dis­tan­za, ne è il sim­bo­lo. Con otto Grand Chelem, Jim Clark è anco­ra oggi il record­man dei dom­i­na­tori, per­fet­to sig­illo ad una car­ri­era straordinaria.

 

Ph. www.motorsportmagazine.com

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