Italian Wheel ha il piacere e il grande onore di proporvi nuove immagini esclusive ritraenti la nuova Aznom Palladium. Una vettura che ha fatto discutere, nel bene e nel male, nata per accompagnare al grande spazio un lusso tipicamente italiano. Un capolavoro nato dalla penna di Alessandro Camorali, CEO & Founder del Camal Studio di Torino, il quale ci ha concesso una approfondita intervista, tramite la quale ci ha raccontato lo sviluppo della Palladium (dal primissimo sketch al modello in scala 1:1) e fatto comprendere ulteriormente quanto tale bellezza, per essere compresa a pieno, vada inquadrata nel suo corretto settore di pertinenza.
Siamo oggi lieti di illustrarvi la nuova Palladium, ultimo capolavoro del prestigioso atelier Aznom, attraverso il racconto di colui che, grazie alla sua straordinaria matita, ha dato vita a tale modello. Parliamo di una vettura che, con i suoi 5960 mm di lunghezza e i 1971 mm di altezza, intende essere esagerata sotto ogni punto di vista. Fantasmagorica, anche nelle prestazioni. Il suo motore biturbo da 5.7 litri eroga infatti 710 CV e 950 Nm di coppia massima, abbinati ad un cambio automatico ad otto rapporti. Numeri che le permettono di scattare da 0 a 100 km/h in 4,5 secondi e raggiungere una velocità massima (limitata elettronicamente) a 210 km/h . Dieci sono gli esemplari previsti (ognuno dei quali in vendita a partire da 700.000 euro). Un unicum interessante ed esclusivo, capace di muoversi con eleganza su qualsiasi terreno.
Ma lasciamo ora la parola al creatore, Alessandro Camorali, fondatore di Camal Studio, risultato di decenni di esperienza nel campo della modellazione e del virtual design ( a servizio di aziende quali Stile Bertone, Fiat e Ferrari) che nasce inizialmente come centro di progettazione e modellazione virtuale per l’industria e che, nel tempo, ha iniziato a spaziare dalla progettazione alla formazione, offrendo un servizio completo ai clienti alla ricerca di fornitori intelligenti e capaci, in grado di controllare il processo di creazione del prodotto dall’idea alla sua industrializzazione. Specializzata nella creazione di modelli virtuali per l’industria automobilistica nel tempo si è dedicata con lo stesso impegno a nuove applicazioni come il settore nautico e di prodotto. Camal vuole rappresentare l’eccellenza nella qualità dei servizi e nelle loro metodologie, selezionando e formando il proprio personale con gli stessi principi che hanno reso possibile l’affermazione del proprio nome nel tempo. Da basi solide come quelle appena citate, non poteva che prendere vita un’opera d’arte a quattro ruote quale la Palladium.
Alessandro, come nasce la Palladium, prima hyperlimousine della storia?
“Marcello Meregalli, proprietario e fondatore di Aznom S.R.L, mi disse che da tempo aveva in mente in dar vita ad una vettura grande e maestosa, che potesse rappresentare qualcosa di diverso e, allo stesso tempo, omaggiasse i canoni dello stile italiano. Questo avvenimento segna indubbiamente il primo passo verso la produzione”.

Da parte sua, la Palladium, ha il punto forte di inserirsi in una nicchia di mercato dove non esistono concorrenti: può considerarsi questo un vantaggio?
“Può considerarsi tanto un vantaggio quanto uno svantaggio. Nel momento in cui ci si approccia ad una nuova nicchia di mercato, bisogna capire se vi è già una domanda rivolta ad un certo tipo di prodotto, o se il prodotto finito ha la possibilità di divenire un oggetto di uso comune o abitudinario, come accaduto, in passato, con l’iPad. Nel nostro caso, in virtù della tipologia di vettura e per il costo ad essa correlato, il rischio che si correva era abbastanza elevato. Ciononostante, vi sono già tre potenziali clienti che permetterebbero di abbassare notevolmente tale livello. Lo svantaggio, invece, è stato di natura prevalentemente tecnico-pratica, in quanto nessuno, tra noi, aveva dei riferimenti pregressi con cui confrontarsi. Non a caso, la fase a monte della progettazione è costituita da un’operazione di ‘benchmarking’ in cui, dopo aver osservato quanto realizzato in passato dalla concorrenza, ci si pone l’obiettivo di migliorare il proprio prodotto. Nel caso in questione, il tema centrale, ideato e proposto da Aznom, era costituito dall’accostamento di due vetture appartenenti a segmenti diversi, quali quello dei fuoristrada e quello delle vetture extra-lusso come le limousine, e un lavoro non facile, costato tempo e fatica. Ho letto molte critiche sui social e penso che ognuna di esse sia legittima, in quanto si parla di qualcosa di nuovo e mai visto, perlopiù associabile a quanto si troverebbe sul mercato asiatico o sulla richiesta proveniente da un richiedente che desidera questa specifica tipologia di veicolo. Con la Palladium, il committente ha voluto, in realtà, rendere omaggio ai grandi brand italiani del passato, nonché a quel periodo storico in cui la carrozzeria fungeva quale luogo sperimentale in cui venivano affrontati temi inediti, capaci di stuzzicare la fantasia dei costruttori attraverso gli esercizi di stile, talvolta definiti ‘distruttivi’ per via delle forme di rottura che ne caratterizzavano le linee e le proporzioni complessive”.
Un aspetto molto interessante è che lo stesso creatore accetta le critiche, facendo però riflettere sulle motivazioni delle genesi della vettura.
“Assolutamente si, ma io aggiungerei un’altra cosa: per fortuna che la vettura non piace a tutti. In caso contrario, tutti i designer di questo pianeta non avrebbero lavoro. Se infatti i gusti si uniformassero attraverso un’unica forma o un’unica linea, non esisterebbe la concorrenza, ne la varietà di prodotti tra cui scegliere. Quindi ben venga la critica”.
Alessandro, precedentemente hai citato il fatto che sono già tre i potenziali clienti in lista per la Palladium: chi ha commissionato la vettura come considera il fatto che la sua non sia una one-off?
“L’acquirente aveva, in realtà, l’idee chiare fin dall’inizio, ovvero: far progettare e sviluppare la vettura e, nel mentre, appurare se ne potesse uscire anche un’operazione commerciale e imprenditoriale, dandosi fin dal principio il limite della propria versione più altre nove. Se, in futuro, ci saranno maggiori richieste, daremo vita ad una versione diversa, partendo con il restyling dell’auto. Durante lo sviluppo siamo stati guidati dalle sue idee e dal suo gusto: l’auto doveva omaggiare il gusto inglese ma anche i canoni dello stile italiano. Abbiamo avuto carta bianca per dar sfogo alla nostra creatività con le proposte della zona anteriore e della zona posteriore, ciò nonostante ci è stato chiesto che in vista laterale la vettura rappresentasse il lusso inglese citato precedentemente”.
Parlando dello sviluppo del design di questa vettura, lo studio del color & trim ha giocato un ruolo importante: sia all’esterno, per far percepire la volumetria dell’auto più leggera, sia all’interno, dove è presente una cura del dettaglio a dir poco maniacale.
Con i tuoi ragazzi come avete affrontato questi aspetti?
“In concerto con Matteo Bertanelli di Aznom, Project Manager del progetto che ha seguito e curato le scelte dei colori e dei materiali per gli allestimenti degli interni della vettura, abbiamo approcciato lo studio del color & trim insieme allo sviluppo del design stesso della Palladium, con forme e volumetrie preventive ai colori e ai materiali che si sarebbero utilizzati, onde evitare di far apparire la vettura oltre misura. Parlando in pratica, abbiamo sviluppato, nella zona del frontale e del posteriore, delle sfaccettature nei volumi che andassero a creare dei cambi di luce e ombra con il risultato di una percezione più leggera, nell’eventualità che si fosse scelto un colore unico per il corpo vettura. Esternamente la Palladium si presenta al pubblico con una divisione bicolore della carrozzeria, sotto richiesta del committente. Nella zona superiore troviamo un blu, in quanto le vetture che egli possiede sono di questo colore, una sorta di marchio di fabbrica dunque, mentre nella zona inferiore troviamo un blu più scuro. Il tono di blu con cui la vettura è stata realizzata, dal vivo è ancor più interessante, perché in base a come l’utente lo esamina, varia molto: alla luce si percepisce come un blu molto chiaro, al contrario, in un ambiente con un livello di luce inferiore, si percepisce nero, creando così dei cambi di colore molto netti. Nello svolgimento degli studi di stile della Palladium, siamo andati a battezzare quella che abbiamo definito “calandra posteriore”, ovvero la grande fascia in alluminio nella zona del retrotreno. Nella calandra anteriore, invece, abbiamo lavorato molto per rendere la griglia delle proporzioni corrette, dando però un percepito di imponenza superiore; anche in quel caso si potranno personalizzare, con lo studio del color & trim, le prossime versioni. Per gli interni lo studio del design è stato molto intenso, tranne sulla plancia che è stata ri-sellata. Poggiatesta, panca posteriore e mobiletti apribili sono stati studiati e disegnati da zero. Amo dire che la vettura è viva. Nel momento in cui si entra, la sensazione che si ha, è quella di un ambiente domestico, con in più una domotica riservata a tutti i servizi interni. A livello di materiali sono stati scelte tre/quattro tipologie di base, a cui si possono chiaramente aggiungerne di nuovi, dando maggior senso di personalizzazione. Come gamma di colori sono presenti il blu e il bianco, di connotazione più classica, richiesti direttamente dal cliente”.

Per quanto concerne invece gli esterni , in vista laterale, la vettura risulta spinta in avanti: essendo questa una hyperlimousine ci si aspetterebbe l’abitacolo leggermente spostato indietro, in modo che l’attenzione di chi vede la vettura da fuori, si ponga verso la zona posteriore.
“E’ un’osservazione corretta, ma occorre fare una precisazione: quando si va lavorare su una meccanica esistente, una donor car quindi, bisogna mantenere tutte le parti rigide e del safety. Inoltre abbiamo conservato porte, parabrezza, vetri e parte del tetto. Da un punto di vista stilistico, se avessimo potuto studiare un’inclinazione del parabrezza più accentuata, la vettura sarebbe risultata più coupè. Abbiamo cercato quindi, di snellire il più possibile il retrotreno, creando un fastback e riducendo massa visiva”.
Continuando sul discorso delle porte, se vi fosse stato possibile, avreste optato per un’apertura diversa? Magari a libro?
“Credo che la bellissima apertura a libro sia destinata, per il momento, alle concept car e a segmenti di vetture differenti. A livello strutturale occorrerebbe studiare una monoscocca in carbonio totale. Con il committente abbiamo scelto che quest’auto fosse la prima hyperlimousine all-terrain, quindi la prima 4x4 in grado di percorrere qualsiasi terreno, destinata ad una tipologia di clientela che preferisce immergersi nella pura esperienza dello sterrato, piuttosto che utilizzarla per arrivare alla Prima della Scala. Collocare sulla Palladium quella tipologia di apertura, sarebbe stato più un vezzo stilistico che funzionale”.
Ritornando all’interno, per quanto riguarda l’abitabilità, la sensazione che si percepisce è quella di essere all’interno di un vero e proprio salotto: siete stati voi a portare il cliente verso questa tipologia o egli aveva già le idee chiare?
“Il cliente aveva sin da subito in mente una soluzione di questo genere e, durante le nostre ricerche, abbiamo concluso che sarebbe risultato molto interessante il concetto di dar spazio al posteriore. Abbiamo elaborato e disegnato una panca unica finta sospesa, aggiungendo un nuovo elemento: il poggiatesta unico. In realtà poi si tratta di un doppio poggiatesta. Infatti, oltre ai due poggiatesta presenti con le sedute, è stato progettato quello unico, che ho voluto fortemente per non rovinare l’allineamento dei sedili: da fuori si avrà sempre la vista di una linea unica e, allo stesso tempo, da dentro, si percepisce un effetto di privacy e avvolgimento superiore”.
Da un punto di vista pratico, quanto è stato complesso concludere e realizzare la vettura in questo difficile periodo che stiamo affrontando?
“Abbiamo lavorato da casa per tutti i giorni di Marzo e Aprile ed è stato tutto molto difficile, soprattutto per via del confronto a distanza che, nonostante i mezzi a disposizione, non potrà mai sostituire gli sketch fatti a mano o una pacca sulla spalla. Non è stato facile, siamo andati avanti finché abbiamo potuto e poi il progetto si è fermato per i tre mesi in cui siamo rimasti a casa e, una volta avuto il permesso per tornare a lavorare, ci siamo rimessi in moto. Per noi è stato un brutto colpo saltare il Milano-Monza Motor Show, perché era fondamentale che l’auto fosse vista dal vivo e compresa nella sua veste migliore”.
Durante il vostro processo creativo c’è stato qualche aneddoto, qualcosa di curioso, di simpatico che è nato?
“Aneddoti? Ce ne saranno tantissimi! Sicuramente il primo che mi torna alla mente riguarda la scelta della calandra. Fu un mio week-end al mare ad illuminarmi, perché era da due settimane che ci stavamo sbattendo la testa. All’inizio c’era una griglia enorme, sembrava Joker con la bocca aperta! Cambiavamo il numero delle stecche ogni volta, ma non riuscivamo a trovare la quadra. Così durante quel weekend, avevo il computer con me, ho preso ed elaborato una bozza della soluzione e ho detto “Ok, questo è il muso, poi lo facciamo in bella”. Sono arrivato in ufficio il lunedì dopo, l’ho fatto vedere ai ragazzi e mi han detto: “L’hai risolto, ma allora sei bravo!” Ricordo poi molto bene come nacque il cosiddetto Horizon Window, ovvero quel piccolo oblò che trovate alloggiato sul montante C. Durante quel periodo stavamo elaborando delle molteplici forme di vetro per alleggerire il volume del montante, ma il disegno perfetto proprio non usciva. Mi sono preso una mezza giornata di tranquillità e ho disegnato il vetrino che vedete ora sulla vettura. Quando i ragazzi poi mi hanno chiesto cosa fosse ho risposto “Si chiama Horizon Window: la finestra sull’orizzonte, un metodo per far vedere a chi è all’interno dell’abitacolo solo quello che c’è all’orizzonte”. Il discorso fu molto poetico e piacque molto.”