Il Bahrain si conferma avaro di soddisfazioni per la Scuderia Ferrari. Problemi durante tutto il week-end ed una gara anonima sono il magrissimo bilancio del Gran Premio di Sakhir. Quello che rimane per l’ultimo appuntamento del 2020 sono pochi e miseri obiettivi e tanta voglia che la stagione sia finita.
L’andamento e l’esito del Gran Premio del Bahrain non facevano certo pensare ad un week-end esaltante, per la Ferrari. Anzi, era palpabile il timore che la configurazione dell’Outer Track rendesse ancora più evidenti i limiti della SF1000.
A rendere ancora più complesse le cose, il venerdì di Sakhir nasce sotto la stella peggiore. Nelle FP1, le Rosse rimangono nei primi dieci posti, ma i distacchi subiti dalla Mercedes di George Russell sono importanti, su un tracciato che si percorre in meno di un minuto: sette decimi per Sebastian Vettel, nove per Charles Leclerc. Nelle FP2, il disastro è totale. Al primo giro lanciato, Charles rompe il semiasse e deve interrompere le prove; il tedesco, invece, si trova talmente a disagio con la configurazione scarica, che sta provando nel tentativo di migliorare le prestazioni, da finire in testacoda due volte. Uno degli errori avviene nel giro veloce, il secondo all’inizio della simulazione del passo gara; entrambi causano pesanti spiattellamenti a due tipi di mescola diversa, cosa che rende impossibile ottenere tempi interessanti e dati utili per la gara.
Le due vetture si presentano all’appuntamento del sabato senza avere informazioni utili, letteralmente al buio. Qualche segnale di miglioramento c’è, i tempi sono discreti, ma i problemi non sembrano voler lasciare tranquilli i due piloti. Vettel ha un problema al propulsore, che lo costringerà a montare una vecchia Power Unit, Leclerc si gira. Nelle qualifiche, Sebastian non riesce a fare il salto di qualità ed entrare nel Q3, mentre Charles sfodera proprio nella sessione decisiva un giro perfetto. Fa solo un tentativo, subito, il monegasco. Perde probabilmente qualcosa perché la pista migliora con il passare dei giri, ma difficilmente avrebbe ottenuto una posizione migliore del quarto posto, con cui eguaglia la sua miglior prestazione del 2020.
La gara è un calvario. Brevissimo per una Ferrari, penosamente lungo per l’altra. Alla partenza, nonostante il lato sporco, Charles Leclerc parte bene dietro ad uno scattante Russell. Le difficoltà di Bottas creano un piccolo ingorgo, da cui cercano di emergere, oltre alla Ferrari del monegasco, un Checo Perez scatenato ed un Max Verstappen prudente. Ma all’ingresso di Curva 4, il Cavallino è troppo rampante, arriva lungo e fa il danno: sperona il messicano che va in testa coda, riparte ultimo e si lancia nella furiosa rimonta che lo porterà al successo (ma questa è un’altra storia). La SF1000 ha la sospensione anteriore sinistra rotta e conclude malinconicamente la sua corsa contro le barriere, come la Red Bull, coinvolta suo malgrado nel groviglio. Vedendo come si è sviluppata la gara, si moltiplicano i rimpianti.

La gara di Sebastian Vettel, invece, è uno stanco tran tran al limite della zona punti. A disagio con la tenuta di strada, con un motore usato che aggrava la già cronica mancanza di potenza delle Rosse, nulla riesce a rivitalizzarlo. Anche perché nei primi due pit stop, il box Ferrari riesce ad appesantire il suo ritardo tenendolo fermo per undici secondi complessivi. Tredici volte fuori dal Q3, con la serie aperta a dodici, nove volte fuori dai punti e quattro volte decimo. Una stagione terribile che, senza il podio in Turchia, sarebbe sportivamente drammatica.
A Sakhir, la Ferrari realizza la quarta gara stagionale senza punti. Come a Spa e a Monza, probabilmente i punti più bassi della stagione; come nel Gran Premio di Stiria, quando Leclerc fece strike come oggi. Solo che, in quell’occasione, il birillo abbattuto era il suo compagno di team. Le recriminazioni su quello che avrebbe potuto accadere, negli ottantasette giri percorsi lungo il “quasi ovale” nel deserto, sono inutili. Come inutile era questa gara, in termini di ambizioni. L’unico obiettivo, ora irraggiungibile, era il quarto posto in classifica piloti, ed è molto difficile ipotizzare l’aggancio a Daniel Ricciardo, quinto. Meglio guardarsi alle spalle. Un terzetto insegue a distanza ravvicinata: Sainz è a un punto, Albon e Norris sono vicini, il sesto posto è in pericolo. Per quel che conta.
Conta molto di più riflettere su questi errori, sulla foga che li provoca. Perché in questo 2020, tutto sommato, non sono un problema grave. I danni sono relativi, le ambizioni nulle: è il momento migliore, per sbagliare. A condizione che questi errori servano per imparare e che non diventino una costante, che non si ripetano quando la Ferrari sarà tornata competitiva, quando un ritiro potrebbe compromettere risultati importanti. Charles quest’anno è sembrato una Penelope rossa: prestazioni iperboliche, soprattutto in qualifica, ed errori marchiani. Vero è che grazie ad alcuni risultati insperati, merito più della sua classe che del valore della vettura, ha praticamente il triplo dei punti del suo compagno di squadra. In Stiria ed a Sakhir, però, gli sprechi non sono mancati; in Turchia, infine, la splendida rimonta con cui era arrivato fino al secondo posto è stata vanificata dall’errore all’ultima curva, con cui ha gettato al vento sei punti.
Alla fine, il ritornello è quasi sempre, mestamente, il medesimo: una vettura scarsa, poco potente ed inefficiente, un pilota, Leclerc, che alterna prestazioni strepitose ad errori gravi, un team che fa dell’approssimazione la parola d’ordine stagionale, con scelte tecniche e tattiche spesso discutibili, con pit stop che definire improvvisati è generoso. E con l’altro pilota, Vettel, che si trascina faticosamente di gara in gara. Aspettando la fine del calvario.
Sotto questo punto di vista, tutto il team e tutto il popolo ferrarista lo seguono. Sofferenti e convinti. Per fortuna, il countdown recita meno uno.
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