Fernando Alonso Diaz è il più grande pilota spagnolo nella storia della Formula 1. Con quei due titoli, vinti nel 2005 e nel 2006, importa nel suo Paese un interesse per il mondo dei motori mai riscontrato prima. Oltre che la parola “fine” ad un dominio che sembrava incessabile.
L’anno 2005 segna l’inizio di una nuova era. La vincente alleanza Ferrari-Kaiser, che per cinque stagioni consecutive aveva regnato nel mondo della Formula 1, viene sconfitta dall’arrivo di nuovo conquistatore. Lui, è il Principe delle Asturie, l’invincibile guerriero che non conosce debolezze, né fisiche, né mentali. Dal carattere forte, con una schiettezza in grado di infastidire parecchi dei suoi avversari e non, sin dal suo arrivo nella terra della massima serie ha saputo affrontare senza paura ogni sfida, anche la più difficile. Ma soprattutto, non si è mai piegato dinanzi al Campione dei Campioni Michael Schumacher. I media sportivi iberici dell’ante Fernando Alonso, ogni lunedì mattina commentavano per lo più solo i risultati de LaLiga; poi, l’interesse si è spostato anche su asfalto e cordoli.
Dopo il flamenco e la corrida, Alonso diventa un nuovo simbolo della Spagna, un’icona, tanto che, nel 2015, decide di inaugurare un museo di due piani vicino a Oviedo, sua città d’origine, interamente dedicato al suo essere pilota. Qui, sono ospitate tutte le vetture guidate nel corso della carriera, le tute, i caschi, e un circuito omologato per i kart disegnato di suo pugno, ispirato alle curve e ai rettilinei dei suoi tracciati preferiti. La passione per i motori gli è stata trasmessa dal padre, presenza costante e punto di riferimento, inizialmente dilettante corridore di kart. Josè Luis è un semplice operaio in una fabbrica di esplosivi, la moglie Anna è invece commessa ai grandi magazzini “El Corte Ingles”. Fernando inizia a guidare correndo su un kart che era destinato a Lorena, sua sorella maggiore.
È veloce, determinato, e per fortuna può avvalersi del prezioso appoggio della sua famiglia e di Adrian Campos, proprietario di un team di F. Nissan. Campos diventa il suo manager, lo finanzia e cerca in tutti i modi di farlo approdare in Formula 1. Se lo merita, anche se trovargli un sedile non è facile, il denaro conta sempre. Per attirare interesse, pensa allora di enfatizzare il potenziale economico del mercato spagnolo coinvolto grazie ai vari sponsor, e riesce ad ottenere una convocazione a Maranello. Jean Todt vuole conoscere il torello volante; quando Adrian esce dal suo ufficio, però, fa una mossa sbagliata. Telefona subito ad amici e colleghi per raccontare dell’incontro con Todt. Ovviamente, in breve tempo la notizia si diffonde e, contemporaneamente, sfuma la possibilità del binomio Alonso-Ferrari. Quella di Fernando in rosso è solo una storia posticipata. Prima, arrivano il giallo e l’azzurro del team Renault.
Chi rimane davvero folgorato dal talento dell’ispanico è uno che di Formula 1 non ci capiva molto, ma che nell’ambito del management era uno fra i migliori. Flavio Briatore, già attivo con Jarno Trulli e Mark Webber, convoca Campos in Inghilterra per concedergli la gestione del ragazzo nel mercato spagnolo, gli paga le spese di viaggio per una stagione di Formula 1, e gli regala un pass permanente con accesso alla pit lane. Briatore, quel giorno, fa l’affare della vita. Ci aveva visto lungo.
Grazie al suo intuito, Alonso sarebbe presto diventato quel Principe in grado di battere Schumacher. Che avrebbe lottato senza riserve contro ogni rivale giunto dopo il Campionissimo, che avrebbe mantenuto la cattiveria agonistica anche nelle situazioni più difficili. La sua condizione atletica, è il risultato di circa 7 ore al giorno di allenamento. Pedala per 80–100 km al dì, ama giocare a calcio, la sua struttura muscolare è definita, i suoi muscoli del collo sono sviluppati come quelli di un pugile. Non è un pilota ansioso, non spende inutilmente le sue energie, nemmeno nell’elaborazione dei team radio più originali, a volte ai limiti dell’offensivo. Ha la cattiveria agonistica dentro. Per esempio, nei minuti cruciali delle qualifiche del Gran Premio d’Ungheria 2007, ostruisce di proposito ai box il compagno-rivale in McLaren Lewis Hamilton, facendogli perdere la possibilità di migliorarsi: pena, retrocessione di cinque posizioni in griglia. Quello stesso anno, trionfa al Nurburgring prevalendo sulla Ferrari di Felipe Massa dopo un duro duello in pista. Avviandosi al podio, scatena una polemica in diretta mondiale col brasiliano, in lingua italiana. Tutto con autocontrollo e lucidità. Insomma, la potenza di un toro alto 1.71 cm, nascosti nell’abbondanza di una tuta molto comoda.